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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Leonardo da Vinci: “arie di volti” nel disegno RL 12399 di Windsor

  Fig. 1

Nel vasto corpus di disegni leonardiani figura un disegno di paesaggio nel quale sembrano confluire due anime diverse, ma complementari: quella dello scienziato che registra situazioni paesaggistiche reali finalizzate a scopi pratici e quella dell’artista, che decide di sciogliere le briglie alla fantasia nel riprodurre la natura osservata. Stiamo parlando del disegno titolato “Case sopra un canale che costeggia un fiume tortuoso1 (Castello di Windsor, Royal Library, RL 12399 r, provenienza Volume Leoni)[fig. 1].

Nell’estate dell’anno 1982, in occasione della mostra «Studi di natura» allestita al Castello Sforzesco di Milano, un macroingrandimento fotografico di quest’opera fu scelto per caratterizzare i manifesti pubblicitari affissi sui muri di tutta la città. In realtà si tratta di un disegno di piccole dimensioni (mm.100x147) eseguito a penna e inchiostro su carta gialletta, raffigurante una veduta del fiume Adda a Vaprio verso Paderno oppure, come teorizza Gianni Beltrame, un tratto di Naviglio della Martesana schizzato poco più a valle del Ponte di Concesa. Leonardo realizzò quest’opera nel 1513 circa, durante il suo soggiorno a Vaprio presso la dimora di Girolamo Melzi, padre di Francesco Melzi allievo prediletto del maestro. In quel periodo l’artista stava studiando la possibilità di completare il percorso di navigazione tra Milano ed il Lago di Como, impresa non facile che implicava, tra l’altro, la necessità di dover risolvere il problema delle rapide del fiume Adda che, nel tratto corrispondente alla Gola di Paderno, rendevano difficile la navigazione. Resta ancora aperto tra gli esperti il dibattito sugli aspetti storico-paesaggistici inerenti al luogo raffigurato nonché sull’effettivo ruolo svolto da Leonardo nell’ambito degli studi finalizzati alla realizzazione o al perfezionamento dei navigli.2

Ad un primo sguardo, l’attenzione si appunta sull’estrosa interpretazione che Leonardo fa della natura, colta e riproposta in tutta la sua prorompente vivacità grazie ad una tecnica innovativa che pare distaccarsi dalla tradizione medievale.3 Ne sono riprova, almeno in parte, i ghiribizzi antropomorfi che emergono un po’ ovunque: tra le rocce della rupe, nella folta vegetazione, nelle case e ruderi del borgo, lungo le sponde del canale. Non è facile stabilire quale sia la vera natura di queste “strane forme4 percepite dall’occhio: sono un frutto del puro caso che può dar luogo ad immagini illusorie dotate di materiale nitidezza o appartengono, almeno in parte, alla volontà dell’artista che usa la macchia e la confusione dei segni per veicolare equivoche figure create ad arte?

Fig. 2

Carlo Pedretti, eminente studioso dell’arte di Leonardo da Vinci, ha riconosciuto in uno di questi minuscoli schizzi realizzati con pochi, veloci tratti di penna, la figura di una “lavandaia inginocchiata5, proprio dinanzi all’edificio con ponte a due luci situato all’imbocco del canale; un’interpretazione difficoltosa ed al contempo coraggiosa data l’esiguità degli elementi identificativi disponibili [fig. 2]. Questo tentativo da parte della critica ufficiale di dare un senso logico a forme scarsamente intelligibili, costituisce implicitamente un invito ad estendere l’indagine su altri particolari dalla dubbia identità presenti nell’opera. Capita talvolta di individuare elementi poco evidenti celati all’interno di alcune opere d’arte ma, in mancanza di testimonianze scritte, risulta difficile risalire alle motivazioni che possono aver indotto l’artista ad optare per tale scelta. Notevole scalpore ha suscitato una recente scoperta effettuata dalla storica e specialista francescana Chiara Frugoni, riguardante un volto di demone celato nelle nuvole di un affresco (scena della “Morte di san Francesco”) realizzato da Giotto nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi. A detta dell’esperta, siamo al cospetto di una scoperta di grande valore per il mondo dell’arte e le prove documentali fornite a supporto della sua tesi sembrano convincenti.

Fig. 3

Ma torniamo al nostro disegno. Nella parte sinistra del foglio, sulla sommità di uno sperone roccioso posto a strapiombo sul fiume, si arrocca un piccolo borgo, caratterizzato da alcune abitazioni e vecchi ruderi [fig. 3]. Tra questi spicca un palazzo a due piani con tanto di finestre e camini che supera in altezza gli edifici attigui. Alla sua destra (per chi guarda) compare una simpatica casetta la cui facciata ricorda l’aspetto di un volto umano con gli occhi socchiusi. Spostando ancora lo sguardo verso destra dove l’abitato incontra la campagna, troviamo un curioso schizzo di forma allungata dotato di caratteri antropomorfi ben definiti: bocca, naso, occhio con pupilla e sopracciglio [figg. 4, 5, 6].

Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6

In lontananza, oltre il fiume, sono raffigurati i monti: poveri di particolari descrittivi, proprio come si presentano i rilievi montuosi che delimitano l’orizzonte nel celebre disegno titolato “Paesaggio della vallata dell’Arno”, realizzato dal giovane Leonardo nell’anno 1473. Alla base di questi rilievi montuosi si notano alcuni schizzi dall’oscuro significato: appunti riconducibili ad opere minerarie già esistenti o progetti ancora da realizzare sul posto? [fig. 7]

Fig. 7

Poco più in basso, troviamo una barca con vogatore a bordo, colto nell’atto di far forza sul remo (o pertica) per aggirare un’isoletta e sfuggire così alle tumultuose rapide. Proprio al centro di questo piccolo lembo di terra affiorante, troviamo un segno a forma di “X”: un ulteriore “appunto” di Leonardo da mettere in relazione con i suoi studi d’ingegneria idraulica finalizzati alla sistemazione idrica del fiume? [fig. 8]

Fig. 8

La presenza di una seconda barca disegnata in primo piano lungo il corso del canale (separato dall’alveo del fiume da una strada alzaia), pare relazionarsi con la scena sopra descritta: la postura rilassata conferita in questo caso al vogatore (raffigurato questa volta in posizione seduta) ed il tratteggio regolare che caratterizza la superficie dell’acqua in quel tratto, sembrano voler indicare che la navigazione nel canale risulta assai più agevole e sicura rispetto a quella effettuata sul fiume [fig. 9].

Fig. 9

A breve distanza, lungo il declivio di una bassa collinetta sormontata da due alberi, compare la silouette di un profilo di volto umano, percepibile in negativo sulla superficie chiara del foglio mentre il disegno vero e proprio funge da elemento di contrasto [figg. 10, 11].

Fig. 10 Fig. 11

E’ ancora Pedretti ad evidenziare che Leonardo ricorreva più volte al vocabolo “imitare” (non nel senso accademico di copiare) la natura «…che si offre ai nostri occhi con tanta varietà di moti»6 seguendo un processo mentale «…che è proprio dell’arte, intesa come forma di conoscenza creativa», aggiungendo: «…si può dunque imitare un vasto paesaggio o i singoli membri, cioè particolari di esso, e nei disegni di Leonardo che ci sono pervenuti si avverte l’assiduità e l’impegno che l’artista poneva nei suoi studi di natura delle prime prove, come nel celebre paesaggio del 1473 e quelle di quarant’anni dopo coi piccoli paesaggi dell’Adda del 1513. Sono disegni ripresi dal modello secondo la pratica del recarsi sul posto, attestata già dalla celebre veduta di Firenze cosiddetta della catena, databile intorno al 1475, dove nell’angolo a destra in basso appare il giovane pittore intento a ritrarre la città» ed ancora: «…Si spiega allora anche la “invenzione” del paesaggio, quello creato dalla fantasia e quindi stimolato dalle forme stesse della natura, immagini astratte e informali (pur senza arrivare a quelle antropomorfe del fiammingo Jacques de Gheyn II nel primo seicento) immagini come quelle delle macchie sui muri, delle nuvole, delle pietre variegate…».7 L’insigne leonardista ha inoltre precisato: «forse non si troverà mai un disegno di Leonardo nel quale si possono ancora avvertire le immagini confuse che l’avrebbero ispirato».8

Ma i ghiribizzi antropomorfi osservati nel disegno RL 12399 non sono forse legati in qualche modo alle “immagini confuse” presenti nelle “forme stesse della natura”, le stesse che potrebbero aver “ispirato” l’artista?

Jurgis Baltrusaitis nel libro “Il medioevo fantastico” scrive: «In Europa, anche Brunetto Latini e Leonardo da Vinci scoprono organismi viventi all’interno delle masse inerti del mondo ma li paragonano soprattutto all’uomo, il microcosmo, con le ossa che sorreggono la carne corrispondenti alle rocce che sorreggono il suolo, con il lago del sangue che si ramifica in un’infinità di vene corrispondente all’oceano che si ramifica in un’infinità di fiumi e con una respirazione terrestre rivelata dalle maree. Niccolò Cusano paragona la Terra ad un animale il cui pelo costituisce le foreste. Ma qui si tratta di ragionamenti e di raffronti piuttosto che di visioni dirette come avviene invece nella topografia orientale…».9

Il disegno RL 12399 sembra correggere (almeno in parte) quest’ultima affermazione. Le cosiddette “arie di volti”, se pur “astratte” ed “informali”, sembrano infatti possedere una propria identità e sono al contempo frutto di una visione diretta del paesaggio, riprodotto con tono realistico, un'esasperata ricerca del dettaglio e del particolare, secondo la “pratica di recarsi sul posto” [figg. 12, 13].

Fig. 12 Fig. 13

Merita infine di essere ricordata la cosiddetta “Legge di Rodolphe Topffer” (così come Ernst H. Gombrich ha proposto di definirla) secondo la quale «…Ogni configurazione che ci sia possibile interpretare come faccia, per quanto mal disegnata, avrà ipso facto una sua espressione e individualità».10

Quale significato attribuire dunque agli estrosi capricci grafici di Leonardo? Un espediente artistico messo in atto a semplice scopo ludico? Un implicito invito rivolto ai propri allievi affinchè imparino a scrutare la natura cogliendo anche la “proiezione di senso” stimolata dal caos delle forme? Considerando la possibilità di ipotesi alternative, non ci resta che volgere lo sguardo al magico mondo delle cose confuse: una dimensione popolata da immagini illusorie (“figure strane, arie di volti ed abiti ed infinite cose”) catturate dall’occhio attento dell’artista e riproposte su carta con geniale maestria esecutiva.11 Stranamente (fatta eccezione per la piccola “lavandaia inginocchiata” segnalata da Pedretti), nel nostro caso, la critica sembra aver trascurato di interpretare il paesaggio facendo riferimento al modo di osservare la natura evidenziato nel precetto leonardesco sulle macchie dei muri.

Alla luce delle suddette considerazioni, il disegno RL 12399 sembra fornire una prova concreta sull’attitudine di Leonardo a saper individuare e significare (nel senso di rendere visibili) dal punto di vista artistico, le “bizzarre” figure celate nell’artifiziosa natura e questo, come già accennato, nel pieno rispetto di quanto teorizzato nel Testo sulle macchie del Libro di Pittura.12

Siamo al cospetto di un metaforico dialogo con la proprietà suggestionante della macchia che le moderne ricerche sulla percezione visiva riconducono al fenomeno della “pareidolia”.13 In realtà, gli studi sulle forme indistinte della natura hanno radici assai profonde e si perdono nella notte dei tempi, a partire dagli autori classici. Leonardo ha definito questa esperienza “di grande utilità a destare l’ingegno a varie invenzioni” anche se, sempre a suo dire, agli occhi di alcuni potrebbe apparire come una semplice ”invenzione di speculazione piccola e quasi degna di riso”.14

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1 - Case sopra un canale che costeggia un fiume tortuoso. Windsor, Royal Library, RL 12399.

Fig. 2 – Schizzo di una “Lavandaia inginocchiata” sulla riva del canale (C. Pedretti).

Fig. 3 – Borgo (veduta panoramica).

Figg. 4, 5, 6 - Ghiribizzi antropomorfi celati tra le case e ruderi del borgo.

Fig. 7 – Schizzi da interpretare. Opere minerarie espletate sul posto?

Fig. 8 - Segno a forma di “X” posto al centro di una formazione rocciosa affiorante dalle acque del fiume ed imbarcazione con vogatore (in posizione eretta), intento a far leva sul remo per fuggire dalle pericolose rapide.

Fig. 9 - Imbarcazione con vogatore a bordo (raffigurato in posizione seduta) nelle tranquille acque del canale. Forme antropomorfe presenti lungo la sponda.

Fig. 10 - Profilo di volto (in negativo).

Fig. 11 – Stesso particolare ruotato di 30°.

Fig. 12 – Alcune “Arie di volti” tra le rocce della rupe.

Fig. 13 – Ghiribizzo antropomorfo dotato di bocca, occhio con pupilla, palpebra e sopracciglio (la definizione dei segni esterni al riquadro è stata leggermente attenuata per facilitare la lettura del particolare).

 

NOTA: Per la realizzazione di questo studio (data l’impossibilità di consultare l’opera originale), è stata utilizzata l’illustrazione n°23 pubblicata nel fascicolo titolato “I DISEGNI DEI MAESTRI” (a cura di Walter Vitzthum), Capolavori del rinascimento, il primo cinquecento toscano. N°1. Anno 1, Ristampa 1986. Gruppo editoriale Fabbri Editori.

Note al testo

1 F. Zöllner, “LEONARDO DA VINCI – Tutti i dipinti e disegni”, in Studi di paesaggi, acqua e catastrofi naturali, Ed. Taschen, cat. n°435, p.517.

2 Per eventuali approfondimenti su tali aspetti, rimandiamo al saggio di Gianni Beltrame ospitato nella Raccolta Vinciana, fascicolo XXII , “Leonardo, i navigli milanesi e i disegni Windsor RL 12399 e MS H, f. 80 r.” , Milano, Castello Sforzesco MCMLXXXVII, pp. 271-289.

3 «La maggiore disponibilità di carta nella seconda metà del secolo (1400) spinse gli artisti a sperimentare le varianti compositive con una libertà sconosciuta alle generazioni precedenti. Allo stesso tempo la sensibile immediatezza del disegno, soprattutto a penna, veniva sfruttata dai pittori del Centro Italia come Leonardo e Filippino Lippi per accelerare il processo inventivo, il cui ritmo, sostenuto dalla velocità del pennino, incoraggiava il fluire delle idee» in H. Chapman, M. Faietti, “Figure, memorie, spazio, DISEGNI da Fra’ Angelico a Leonardo”, Giunti editore S.p.A, 2011, pp. 56-57.

4 L. da Vinci, Codice Arundel 263, fol. 155 recto: “…e tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran copia delle varie e strane forme fatte dalla artifiziosa natura, raggiratomi alquanto infra gli ombrosi scogli, pervenni all’entrata d’una gran caverna…”, Londra, British Musem.

5 C. Pedretti, “Le macchie di Leonardo. Perché dalle cose confuse l’ingegno si desta a nove invenzioni”, XLIV Lettura Vinciana, 17 Aprile 2004, Firenze, Giunti Editore S.p.A., vedi commento all’illustrazione n°36.

6 P. Giovio (storico comasco, collezionista, ecc.), contemporaneo di Leonardo da Vinci. Citazione riportata nell’inserto “Leonardo-Il Cenacolo” a cura di C. Pedretti abbinato al periodico “ART e Dossier” n°146, Firenze, Giunti Editore S.p.A., Ottobre 1999, p. 7.

7 C. Pedretti, Le macchie di Leonardo. Perché dalle cose confuse l’ingegno si desta a nove invenzioni”, op. cit., pp. 27- 29.

8 Ivi, p. 40.

9 J. Baltrušaitis, “Il Medioevo fantastico. Antichità ed esotismo nell’arte gotica”, Adelphi Edizioni, VI edizione, luglio 2006, p. 232.

10 E. H. Gombrich, “La maschera e la faccia: la percezione della fisionomia nella vita e nell’arte”, in AA. VV., Arte, percezione e realtà, Einaudi, 1978, p. 30.

11 G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, proemio alla parte terza, 1568. Ed. Rusconi libri S.r.l., p.465. Vasari evidenzia come Leonardo riusciva a “…contraffare sottilissimamente tutte le minuzie della natura, così a punto come elle sono…” .

12 L. da Vinci, “Libro di Pittura”, testo sulle macchie, Codice Vaticano Urbinate lat. 1270, f 35 v, (cap. 66): Non resterò di mettere fra questi precetti una nuova invenzione di speculazione, la quale, benché paia piccola e quasi degna di riso, nondimeno è di grande utilità a destare l’ingegno a varie invenzioni. E questa è se tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie o in pietre di vari misti. Se avrai a invenzionare qualche sito, potrai lì vedere similitudini di diversi paesi, ornati di montagne, fiumi, sassi, alberi, pianure grandi, valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai vedere diverse battaglie ed atti pronti di figure strane, arie di volti ed abiti ed infinite cose, le quali tu potrai ridurre in integra e buona forma; che interviene in simili muri e misti, come del suono delle campane, che ne’ loro tocchi vi troverai ogni nome e vocabolo che tu t’immaginerai. Non isprezzare questo mio parere, nel quale ti si ricorda che non ti sia grave il fermarti alcuna volta a vedere nelle macchie de’ muri, o nella cenere del fuoco, o nuvoli, o fanghi, od altri simili luoghi, ne’ quali, se ben saranno da te considerati, tu troverai invenzioni mirabilissime, che destano l’ingegno del pittore a nuove invenzioni sì di componimenti di battaglie, d’animali e d’uomini, come di vari componimenti di paesi e di cose mostruose, come di diavoli e simili cose, perché saranno causa di farti onore; perché nelle cose confuse l’ingegno si desta a nove invenzioni. Ma fa prima di sapere ben fare tutte le membra di quelle cose che vuoi figurare, così le membra degli animali come le membra de’ paesi, cioè sassi, piante e simili”.

13 Comp. del pref. para-2 e del greco eídolon “immagine”, con suff. – ía. Dal latino parìre idolu(m).

14 L. da Vinci, “Libro di Pittura”, testo sulle macchie, op. cit..

 

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