Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione

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Fig. 1

La mostra Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione allestita alla Galleria d'Arte Moderna di Roma (la galleria comunale di via Crispi, da non confondere con il Museo di Valle Giulia) è "una riflessione sulla figura femminile attraverso artisti che hanno rappresentato e celebrato le donne nelle diverse correnti artistiche e temperie culturali tra fine Ottocento, lungo tutto il Novecento e fino ai giorni nostri", come scrivono i curatori; ed è sicuramente una riflessione interessante e attenta per una bella rassegna in programma da gennaio a ottobre del 2019.

Sono quasi un centinaio le sculture e i quadri imperniati sulla figura femminile, tutti provenienti dalle collezioni museali romane, e quindi collegati alla dimensione locale. Ci sono opere di notevole livello di molti tra i più noti artisti del Novecento italiano e ci sono anche documenti fotografici e filmati, a garanzia di un lavoro ben organizzato e ben realizzato (anche se manca purtroppo il catalogo, sostituito da un per una volta ben fatto sito web www.galleriaartemodernaroma.it).

Il punto di partenza è - per quello che risulta dai comunicati stampa e dai pannelli esplicativi - vagamente polemico in relazione non tanto con il soggetto femminile delle opere, quanto con la presenza di donne tra gli artisti: sono pochissime sino al XIX secolo compreso, ma appena più numerose nel XX. Proprio il contrario della presenza femminile come soggetto, che è il tema dell'esposizione romana.

Donne è stata divisa sui tre piani della galeria in sezioni tematiche e non cronologiche, nel tentativo di restituire e proporre confronti. Ogni sezione è ben introdotta da pannelli esplicativi e nel complesso la quantità delle opere, che fortunatamente comprende numerose sculture e non soltanto quadri, è più che sufficiente per ricreare tendenze e momenti, che lo spettatore alla fine può rimettere a fuoco anche in senso stilistico.

Nella sezione Amor sacro e amor profano la donna appare come figura angelica e come figura tentatrice; il decadentismo alla D'Annunzio dominò a cavallo tra i due secoli ed era un decadentismo diffuso, che prescindeva dalle tecniche pittoriche. Ecco quindi il Sartorio quasi sacro e preraffarellita del polittico Le vergini savie e le vergini stolte (Fig. 3),il De Carolis del Nudo di donna (Fig. 1), impostato su un esplicito erotismo, da accostare alla sensualità di Innocenti con La Sultana (Fig. 2) e di una pittrice non molto nota come Scrocco Tomescu con i suoi Giochi di bambine (Fig. 4), queste ultime alla fine le più maliziose di tutte.

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Evidente e storica, la sezione de Il corpo nudo propone il tema più tradizionale delle arti figurative, il nudo femminile inteso come immagine intrinseca della bellezza. I curatori sottolineano anche che "il corpo nudo femminile sembra porsi la questione fondamentale del senso dell’esistenza e, al tempo stesso, dichiara la sua paziente disponibilità come oggetto di pittura e scultura". Le opere sono tutte di alto livello e nel caso dell'olio di Carena, Serenità (Fig. 6), e del bronzo di Torresini, Bagnante (Fig. 5), entrambi di epoca fascista, è chiaro il richiamo a un realismo oggettivo e a una certa solidità di stampo francese, mentre è interessante la scelta di esporre un Ceroli, naturalmente di legno, con Goldfinger/Miss (Fig. 7) che ripete la silouette della Venere botticelliana trasformandola in una sequenza tipo balletto.

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 7

Gli Sguardi dell'anima vanno intesi come i ritratti concentrati sulla potenza dello sguardo catturato dal pittore nel volto della persona ritratta. L'attenzione alla psicologia, all'intuizione, alla lettura del sentimento, pervade queste opere, una delle quali, Il dubbio (Fig. 8), di un Balla non ancora futurista, è stata scelta come icona della mostra stessa, certo per quella somma di stupore e intelligenza che gli occhi della moglie del pittore manifestano. Anche la Violette di Lionne (Fig. 9), divisionista, è incisiva e inquietante nella sua fissità così viva, mentre sono curiosamente assimilabili, nonostante il mezzo secolo di distanza, una terracotta realista di Gemito (Fig. 10) di fine Ottocento, e una tipica figura femminile di Donghi (Fig. 11) in pieno clima di ritorno all'ordine.

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

Fig. 11

Una sezione della mostra è dedicata a Fausto Pirandello,con particolare risalto all'opera Il remo e la pala del 1933 avuta in prestito dal Museo del Novecento di Milano. Nel grande gruppo è centrale la figura di una donna che, per citare ancora i curatori, allude al "dilemma tra restare e partire: dirigendosi verso il marinaio in primo piano, con un piede già dall'altra parte, indica con la mano ciò che si lascia alle spalle." Il quadro milanese è accostato a due opere in possesso della Galleria romana.

La sezione dedicata a Mogli e Madri si sofferma sul ruolo delle donne durante il ventennio fascista, oscillante tra la potenzialità del lavoro femminile e la solidità familiare affidata alle madri. Tra le protagoniste in campo artistico spicca il nome di Antonietta Mafai, qui presente con un gesso (Fig. 12) di notevole qualità e suggestione, enigmatica riflessione che ricorda i fantasmi del Surrealismo. Ci sono anche opere di Campigli, Ximenes, Spadini, e l'ironico dissacrante gonfiore di Pascali, La gravida - Maternità (Fig. 13).

Fig. 12   

Fig. 14

Si ritorna al dilemma sensualità-socialità nella sezione denominata Identità inquieta.La tematica del rapporto tra la donna che attrae per mezzo della bellezza e della seduzione, e la donna che vive alla pari dell'uomo in un ambito sociale e famigliare, viene qui esaminata con opere piuttosto diverse. I curatori si soffermano su un quadro di Casorati che - a mio parere - non è così esemplare del tema, mentre trovo coraggiosa la scelta di esporre una fotografia di Di Sarro di oltre 40 anni fa (Fig. 14). Se Casorati, classicista e rigido come molta pittura fascista, propone la Susanna biblica in chiave moderna, Di Sarro è geniale nella composizione di una figura nuda ingabbiata o addirittura cestinata, decifrabile tramite chiavi diverse di lettura.

La mostra è arricchita da fotografie, documenti d'archivio e filmati. Nella confusione culturale dell'attuale Roma, vale la pena sicuramente di essere visitata.

  

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Adolfo De Carolis A., Donna con fiori - Nudo di donna, 1910, olio su tela

Fig. 2, Camillo Innocenti, La sultana, 1913, olio su tela

Fig. 3, Giulio Aristide Sartorio, Le Vergini savie e le Vergini stolte, 1890-91. olio su tavola

Fig. 4, Virginia Scrocco Tomescu, Giochi di bambine, 1913-15, olio su tela

Fig. 5, Attilio Torresini, Bagnante, 1934-36, bronzo

Fig. 6, Felice Carena, Serenità, 1925, olio su tela

Fig. 7, Mario Ceroli, Goldfinger/Miss, 1964, legno dorato

Fig. 8, Giacomo Balla, Il dubbio, 1907-08, olio su carta

Fig. 9, Lionne, Violette, 1913, olio su tela

Fig. 10, Vincenzo Gemito, Ritratto di Anna Gemito, 1886, terracotta

Fig. 11, Alberto Donghi, Donna alla toletta, 1930, olio su tel

Fig. 12, Antonietta Raphael Mafai, Riflesso allo specchio, 1945-61, gesso.

Fig. 13, Pascali Giuseppe, La gravida- Maternità, 1964, centina di legno, palloncino, smalto, tela

Fig. 14, Luigi Di Sarro, Senza titolo, 1975, gelatina bromuro d'argento

  

Scheda tecnica

Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzioneGalleria d'Arte Moderna, via Crispi, Roma, dal 24 gennaio al 13 ottobre 2019; da martedì a domenica ore 10.00 - 18.30, biglietto d'ingresso Intero: € 7,50 - ridotto: € 6,50

Tutte le immagini risalgono al comunicato stampa del Museo