Una Quadriennale così così

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Nonostante tutto, la Quadriennale di Roma è stata inaugurata a ottobre 2020 e, dopo una pausa forzata di circa tre mesi, riaperta al pubblico nel febbraio 2021 probabilmente per un altro paio di mesi; l'impegno profuso dai curatori e dalla Fondazione Quadriennale è quindi da elogiare senza incertezza, soprattutto in questi tempi così difficili per la cultura e per l'arte. Si aggiunga la scelta dell'ingresso gratuito per definire comunque questa mostra come un evento speciale. [aggiornamento del 27 aprile 2021: riapertura con nuovo termine al 18 luglio]

La Quadriennale di Roma ha per scopo di fare il punto sull'arte italiana contemporanea, e la sua origine propagandistica in epoca fascista si è poi trasformata in uno strumento di valutazione della ricerca estetica in corso. Dodici anni fa, nel 2008, la la quindicesima edizione era stata allestita con successo nel restaurato Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale, ma per la sedicesima edizione si erano dovuti attendere otto anni. Di quelle due edizioni ho scritto su questa stessa rivista recensioni quasi opposte, intitolando la prima "Una grande quadriennale" e la successiva "Una piccola quadriennale", esprimendo quindi sin dalla prima riga un giudizio generale. Questa volta la sintesi è difficile, perché se ho apprezzato l'allestimento non affollato e per certi versi rilassante, sono invece rimasto perplesso davanti a molte opere presentate. Una Quadriennale su cui discutere in definitiva, ma né grande né piccola, diciamo pure "così così".

Premessa necessaria è che invece di affidarsi a molti curatori, questa volta la Fondazione Quadriennale ha scelto (tramite concorso) un direttore artistico, Sarah Cosulich, e le ha delegato la mostra. La scelta di un direttore unico trasforma giocoforza la concezione stessa della Quadriennale e lascia spazio a una esposizione soggettiva, che sminuisce se non nega l'idea di rassegna. La Cosulich ha scelto di lavorare, alla pari, con Stefano Collicelli Cagol e i due, da soli, hanno selezionato 39 artisti o gruppi, creando per ciascuno uno spazio che risulta piuttosto ampio e - come si diceva - non congestionato. La divisione tra le varie zone è stata affidata a un architetto che ha usato pareti di cartongesso come divisori, a sottolineare forse che la mostra è una sorta di cantiere; di fatto, la cosa crea qualche dubbio nei poveri spettatori.



Irma Blank


Monica Bonvicini

Salvo

 

Tutto in definitiva si basa su 39 personaggi o gruppi (molti meno della tradizione quindi), mentre gli ambiti tematici restano sotterranei e abbastanza oscuri. Date le premesse ci si aspetterebbe comunque 39 artisti giovani o quasi giovani, diciamo al massimo intorno ai 50 anni, per sentire il polso della ricerca in Italia e intravederne il futuro. Curiosamente non è così. Inoltre, i curatori insistono, nei cartelloni e nel catalogo, su aspetti artistici legati a questioni che io, e credo con me anche molti altri, non sceglieremmo mai come tratti portanti dell'arte italiana degli ultimi decenni: femminismo, queer, identità di genere, razzismo. Anche il titolo Fuori riecheggia il movimento omosessuale Fuori! degli anni Settanta. Il vero paradosso tuttavia è che questi temi appaiono e ritornano sistematicamente nelle parole dei curatori, ma sono meno espliciti nelle opere esposte. A Berlino negli anni 20, a Parigi nei 30, a New York nei 50, le tematiche queer furono molto più scandalose, divertenti, erotiche, provocatorie, di quanto non siano a Roma negli anni Venti del XXI secolo.

I comunicati stampa recitano: 

FUORI è una mostra transgenerazionale e multidisciplinare. 43 gli artisti in mostra, presentati negli oltre 4.000 metri quadri di Palazzo delle Esposizioni, suddiviso in 35 sale; più di 300 le opere esposte attraverso sale monografiche e nuovi lavori, che tracciano un percorso alternativo nella lettura dell’arte italiana dagli anni Sessanta a oggi.

La ricchezza delle linee di ricerca seguite da moltissime figure artistiche degli ultimi sessant’anni ha indotto i curatori a riconoscere tre ambiti tematici su cui costruire la mostra: il Palazzo, come metafora della relazione tra arte e potere; il Desiderio, per la necessità di sedurre che da sempre accompagna l’arte; l’Incommensurabile, ciò che porta gli artisti ad abbracciare fino in fondo le proprie ossessioni, evitando di cadere in uno stile ripetitivo.

Personalmente, non sono stato in grado di rintracciare gli ambiti tematici indicati, e continuo a non capire come una mostra possa NON essere transgenerazionale e multidisciplinare. Per tornare agli artisti, ecco tre dati interessanti (con qualche approssimazione vista la presenza di collettivi che porterebbero il totale a 43):

solo 22 artisti su 39 hanno meno di 50 anni;

solo 25 artisti su 39 vivono in Italia, mentre 14 risiedono all'estero; addirittura 10 artisti hanno (o avevano) più di 70 anni.

I numeri, in quanto oggettivi, dicono molto e si vede bene come la scelta dei curatori sia stata molto poco in linea con quelle che dovrebbero essere le caratteristiche e i traguardi di fondo della ex-rassegna: giovani artisti al lavoro per ridare peso internazionale all'arte italiana contemporanea.

Ma se queste sono considerazioni generali e generiche, e di cui si potrebbe fare a meno ad esempio NON leggendo i tabelloni e NON leggendo il catalogo, la verità è che nessuna opera esposta è davvero da considerarsi memorabile, un capolavoro, o perlomeno un qualcosa di "fortissimo". A mio parere ci sono diverse cose dignitose, alcune interessanti, molte altre - troppe - del tutto normali e banali nell'ambito della ricerca contemporanea. Una scelta del salvabile parte dalla spettacolare sequenza blu di Irma Blank (classe 1934) giusto all'ingresso, continua con le gabbie di Monica Bonvicini (classe 1965) e si conclude nella balconata del piano superiore con i quadri tradizionalissimi e vagamente puntinisti del compianto Salvo (1947-2015).

 

Scheda tecnica

QUADRIENNALE D'ARTE 2020 | FUORI, presso il PalaExpo di Roma, via Nazionale. Mostra prorogata fino alla primavera.

Biglietto di ingresso gratuito, dal lunedì al venerdì dalle ore 11 alle ore 20,

chiuso il sabato e la domenica. Prenotazione on line tramite COOPculture https://ecm.coopculture.it/index.php?lang=it

Le immagini reperibili in rete sono del DSL Studio