Venere. Natura, ombra e bellezza

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Simbolo di amore, bellezza e fecondità, madre, sposa e amante, Venere è una delle figure di maggiore rilievo della mitologia classica, protagonista di molte vicende al confine tra mondo umano e divino. Menzionata in numerosi testi antichi, a cominciare dall’incipit del De rerum natura di Lucrezio, in cui è presentata come progenitrice mitica della stirpe romana e fonte di piacere per uomini e dei (cfr. Lucr. I 1-2: Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas, / alma Venus), nonché divinità ispiratrice e protettrice di cui l’autore richiede esplicitamente il sostegno per l’opera che si accinge a comporre, la figura di Venere conosce una notevole fortuna anche in ambito iconografico, in particolare nell’arte italiana ed europea del Cinque e Seicento.

Proprio da questi presupposti trae origine la mostra Venere. Natura, ombra e bellezza, allestita nelle sale del Palazzo Tedi Mantova dal 12 settembre al 12 dicembre 2021 e curata da Claudia Cieri Via, professoressa ordinaria di Storia della Critica d’Arte e di Iconografia e Iconologia all’Università di Roma La Sapienza oltre che autrice di vari lavori sul recupero delle Metamorfosi di Ovidio nell’arte moderna. Si tratta della tappa conclusiva di una triade di mostre facenti parte del progetto espositivo Venere divina. Armonia sulla terra, organizzato dalla Fondazione Palazzo Te e dal Museo Civico di Palazzo Te, e promosso dal Comune di Mantova con il patrocinio del MiBACT e il contributo della Fondazione Banca Agricola Mantovana.

Dopo le prime due rassegne (intitolate, rispettivamente, Il mito di Venere a Palazzo Te e Tiziano. Venere che benda Amore), è la volta della terza (Venere. Natura, ombra e bellezza), che mira a restituire i molteplici volti di questa divinità lungo un arco temporale che va dal II secolo a.C. al XVII secolo d.C.A costituire un elemento degno di nota è, senza dubbio, il fatto che, sebbene la produzione pittorica sia decisamente prevalente, non mancano opere di diverso tipo, fra cui monete, manoscritti miniati e libri d’ore, come attesta il catalogo edito da Skira, corredato di illustrazioni sia a colori sia in bianco e nero e arricchito di saggi di Claudia Cieri Via, Roberto Nicolai, Giuseppe Capriotti, Philippe Morel, Massimiliano Simone, Emilio Russo, Francesca Cappelletti e Stefano L’Occaso, a cui si aggiunge un’introduzione di Stefano Baia Curioni.

L’allestimento, suddiviso in nove sezioni, è stato possibile grazie a importanti prestiti provenienti da alcuni dei principali musei e centri espositivi internazionali, ivi compresi la Biblioteca Apostolica Vaticana, le Gallerie degli Uffizi di Firenze, l’Akademie der bildenden Künste di Vienna, i Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles e il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. Dalle Gallerie degli Uffizi giunge il dipinto Venere e Mercurio presentano a Giove Eros e Anteros di Paolo Veronese (Fig. 1), che ritrae Venere nell’atto di fungere da trait d’union tra il signore degli dei e i due aspetti opposti dell’amore, ossia Anteros (l’amore legittimo) ed Eros (l’amore senza legge). Tale dialettica esprime anche l’esigenza di un’integrazione tra i diversi volti dell’amore, nella misura in cui quello spirituale necessita, per crescere, dell’amore fisico, e viceversa. Autore di tele a sfondo mitologico (si rammenti, a titolo di esempio, il Ratto di Europa, portato a termine nel 1580 circa), Paolo Veronese sceglie di raffigurare in quest’opera realizzata negli anni 1560-1565 un soggetto che dovette conoscere una certa diffusione nei circoli letterari e filosofici della Venezia della seconda metà del XVI secolo.

Anteriore cronologicamente di qualche decennio al dipinto veronesiano è Il risveglio di Venere di Dosso Dossi, datato al 1520 (Fig. 2). Sdraiata in primo piano, Venere ha il corpo parzialmente velato da un manto blu e, mentre il braccio sinistro è appoggiato su un telo arancio dai morbidi drappeggi, la mano destra è vicina alla fronte, quasi allo scopo di farsi schermo. È verosimilmente l’alba, e Cupido, putto alato provvisto di faretra, risveglia tutte le creature della terra dall’alto di un cielo color carta da zucchero. Tra queste creature si trova la dea stessa, mollemente adagiata sotto un albero da frutto; a occupare una posizione centrale in quest’olio su tela è di certo l’elemento naturalistico, dal momento che la scena si svolge all’aperto, e in secondo piano è possibile scorgere le chiome folte e verdeggianti di altri alberi e un gruppo di dimore arroccate sulle pendici di un colle, con una sorta di castello sulla cima. Questa particolare attenzione rivolta al dato spaziale e naturalistico non deve sorprendere; tra i numerosi tratti distintivi della dea proposti nella rassegna un ruolo chiave è infatti detenuto dalla Venus genetrix e dal suo rapporto di speciale armonia con la natura dei giardini, in stretto legame con la diffusione del mito di Venere nelle corti europee e i processi di costruzione e decorazione delle ville nel Rinascimento.

fig. 2

fig. 3

fig. 4

Oltre a presiedere a vari elementi della natura, in primo luogo acque e giardini, Venere è protagonista di tanti episodi della mitologia. Alla celebre competizione con Giunone e Minerva rimanda l’olio su rame Il giudizio di Paride di Peter Paul Rubens (Fig. 3), giunto a Mantova dall’Akademie der Bildenden Künste di Vienna. Ideata nel 1606, quest’opera coglie il momento immediatamente precedente all’emissione del verdetto; dato che Paride chiede a Mercurio di osservare le divinità completamente nude per poter pronunciare un giudizio obiettivo, le tre dee sono costrette a obbedire. Mentre Minerva ruota su se stessa e si spoglia aiutata da un amorino, e Giunone ha le spalle parzialmente coperte da uno scialle, Venere si trova al centro e risplende in tutta la sua bellezza, con un altro piccolo Eros dalle ali azzurre che le tiene la veste.

A quello che è forse il più famoso adulterio della mitologia, infine, rinvia implicitamente il dipinto Venere, Marte e Amore di Guercino (Fig. 4). Narrata da Ovidio nell’Ars amatoria (II 561-600) e nelle Metamorfosi (IV 167-189), la vicenda è incentrata su un triangolo amoroso e consiste nel tradimento perpetrato da Venere e Marte ai danni di Vulcano, legittimo sposo della dea. L’adulterio, svelato dal Sole, culmina nella successiva vendetta del marito tradito nei confronti dei due amanti, legati al talamo ed esposti al biasimo di tutte le divinità dell’Olimpo. Nella tela di Guercino, una delle opere di maggiore rilievo della Galleria Estense di Modena, commissionata dal duca Francesco I e dipinta nel 1633 durante uno dei soggiorni dell’artista presso la corte di Modena, scorgiamo Cupido intento a scoccare una delle sue frecce che, come sembra indicare la mano protesa di Venere, pare diretta proprio verso l’osservatore. La figura del dio Marte compare sullo sfondo e, benché egli sia armato di tutto punto, ha un’espressione leggermente inquieta, quasi a indicare una certa preoccupazione per gli effetti dei dardi d’amore, che egli conosce assai bene, avendoli sperimentati in prima persona. Per contrasto, l’espressione serena di Cupido rivela piena consapevolezza del suo potere, in grado di attenuare persino l’impeto del dio della guerra. Questo capolavoro si fa quindi portavoce della celebrazione del potere di Venere, le cui manifestazioni affiorano dall’intero percorso espositivo; grazie all’aiuto del fedele Cupido, infatti, essa riesce ad agire sui sentimenti di uomini e dei, e a influenzarne spesso i desideri e le azioni. Se nel dipinto di Dosso Dossi Venere diventa incarnazione del risveglio della natura e dei sensi, l’opera di Guercino esalta invece il trionfo della seduzione, ovvero il potere dell’amore di vincere la guerra.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Paolo Veronese, Venere e Mercurio presentano a Giove Eros e Anteros, 1560-1565, olio su tela, Gallerie degli Uffizi, Firenze.

Fig. 2, Dosso Dossi, Il risveglio di Venere, 1520, olio su tela, Quadreria diPalazzo Magnani, Bologna.

Fig. 3, Peter Paul Rubens, Il giudizio di Paride,1606, olio su rame, Akademie der bildenden Künste, Vienna.

Fig. 4, Guercino, Venere, Marte e Amore, 1633, olio su tela, Galleria Estense, Modena.

 

Scheda tecnica

Mostra Venere. Natura, ombra e bellezza,a cura di Claudia Cieri Via, Palazzo Te, Viale Te, 13, Mantova. Aperta dal 12 settembre al 12 dicembre 2021.Ora solare: lunedì: 13:00-18:30; martedì-domenica: 09:00-18:30. Ora legale: lunedì: 13:00-19.30; martedì-domenica: 9:00-19:30. Biglietto intero: 12 €; biglietto ridotto: 9 €; ingresso gratuito fino a 11 anni. È obbligatorio per i visitatori esibire il Green Pass insieme a un valido documento di identità. Si consiglia la prenotazione.