L'Altare di Issenheim

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Ricordata e visitata per l'intatto fascino medievale del suo centro storico, Colmar in Alsazia è la sede di uno dei capolavori dell'arte rinascimentale europea, l'Altare di Issenheim. Ospitato da quasi due secoli nel museo Unterlinden, ricavato nelle strutture di un monastero domenicano, l'altare era stato costruito nel XVI secolo per un importante convento di monaci antoniani a Issenheim, venti chilometri a sud di Colmar.

La generica denominazione di Altare andrebbe in realtà corretta in Polittico, o anche in Retablo, non tanto per pignoleria, ma perché l'opera era posta – come tutte le pale o dossali – sopra a un altare, oggi scomparso, di cui costituiva il principale elemento visivo e decorativo. L'Altare di Issenheim viene poi spesso citato come l'Altare di Grünewald, dal soprannome di uno dei suoi due autori, il pittore tedesco Mathis Gothart Nithart, noto come Matthias Grünewald. Il secondo autore, Niclas Hagenauer, è lo scultore delle parti in rilievo e a tuttotondo, che rappresentano una parte non certo minore dell'insieme.

Le vicissitudini storiche, legate alla Rivoluzione francese e alle guerre combattute in zona, hanno fatto spostare e smontare l'altare numerose volte, e anche se non sono citati danni o mutilazioni, la sua integrità fu sicuramente messa a rischio e probabilmente ristabilita con qualche aggiustamento. Sono anche curiose le vicende relative alla notorietà dell'opera, dapprima ampia e celebrata ben oltre i confini alsaziani, in seguito oscurata dal diminuire dell'enfasi religiosa in Europa, oggi– con l'affermarsi di una sensibilità universale verso la produzione artistica – giustamente riaffermata insieme a quella dello stesso Grünewald.

L'Altare con i pannelli chiusi

La complessità della triplice struttura non deve farci dimenticare che il grande polittico è privo, oltre che della base, anche di tutta la parte lignea superiore, che doveva sicuramente aumentarne la già notevole imponenza, portandola forse a una decina di metri di altezza complessiva. L'esposizione delle tre parti smontate nella ex-cappella del convento domenicano trasformato in museo, di fatto una chiesa di medie dimensioni, determina poi nello spettatore la curiosità sull'effettivo aspetto dell'opera al tempo del suo reale utilizzo. Chiuse le ante, come un grande armadio, il contenuto e le immagini interne scomparivano lasciando visibile solo la superficie pittorica esterna, mentre le aperture, scandite dal calendario liturgico, consentivano l'osservazione degli altri dipinti. Solo in ultimo quindi, a sportelli tutti aperti, diventavano protagoniste, benché destinate ad essere viste solo pochissime volte ogni anno, le sculture lignee; queste ultime sono abbastanza trascurate tanto dagli studiosi quanto dai visitatori.

Oggi in effetti, Grünewald surclassa Niclas Hagenauer, non solo per la maggiore qualità artistica e la straordinaria carica emotiva, ma probabilmente anche per via del nostro gusto modificatosi nel corso del tempo. Posso azzardare che l'Europa ha concesso alla pittura il primato sulla scultura all'incirca a partire dal Settecento e inoltre, sempre a mio parere, la scelta classicista, da Donatello in poi, di non dipingere i materiali, che siano marmi, metalli o legni, ha condizionato la nostra percezione della scultura, al punto che figure colorate – come quelle assai preziose di Niclas Hagenauer – ci appaiono quasi incongrue. Se riuscissimo a uscire dai nostri stessi panni, scopriremmo nelle statue di legno dipinto prodotte da mille a settecento anni fa, a Colmar come in tante altre città e musei, oggetti di grande raffinatezza e di spettacolare intensità.

L'Altare chiuso propone il suo pezzo più celebre, la Crocifissione, dipinta su due tavole adiacenti (la separazione è abilmente mascherata); ai lati, una figura di San Sebastiano e una di Sant'Antonio. Aperte, le due parti della Crocifissione andrebbero a coprire i lati e rivelerebbero le pale successive: al centro su due tavole la Madonna con il Bambino e un concerto d'angeli, sui lati una Resurrezione di Cristo e una Annunciazione. Nel museo tuttavia, a seguito della scelta di smontare l'altare, la parte centrale è proposta in un secondo spazio, mentre sul retro della Crocifissione sono visibili i due dipinti (Resurrezione e Annunciazione) che nella realtà dei movimenti liturgici andrebbero ad affiancare la nuova zona centrale. Per fortuna, per farci capire meglio, il museo ha collocato un modellino sul muro vicino all'ingresso della sala. E anch'io per farmi capire meglio in questa sede, ho inserito fotografie di Wikipedia in grado, mi auguro, di definire il tutto.

L'Altare all'apertura dei due pannelli laterali

 

L'Altare dopo la seconda apertura dei pannelli e della predella

 

Alla prima apertura, sulla predella in basso resta la figura di Cristo morto, che a sua volta copre un gruppo ligneo degli apostoli e di Cristo. La predella è divisa a metà e i due pezzi potevano scorrere via, forse, su una specie di binario.

Con la seconda apertura delle ali, appaiono al centro le statue lignee di Sant'Antonio, Sant'Agostino e San Gerolamo, contornate da due tavole dipinte con Sant'Antonio incontra San Paolo eremita e le Tentazioni di Sant'Antonio. Se quindi il polittico chiuso è soltanto dipinto, il polittico interamente aperto è scolpito nell'intera area centrale (i tre Santi sopra e Cristo con i dodici apostoli sotto, tutti di Hagenauer) con due ali dipinte dedicate sempre ad Antonio. Nel museo, queste ultime ali dipinte sono visibili guardando il retro delle due tavole centrali.

Divisa quindi in tre spazi, l'opera perde forse qualcosa della sua monumentalità, ma risulta evidentemente più chiara e leggibile nella sua complessità. A suo tempo, nessuno poteva vedere contemporaneamente tutte le parti come accade oggi.

Il convento di Issenheim era a tutti gli effetti una sorta di ospedale per i malati, tra cui in particolare gli affetti dal terribile e virulento Fuoco di Sant'Antonio (Herpes Zoster per i medici di oggi), un dato che spiega immediatamente molte delle singolarità dell'intera opera. Grünewald e i suoi sicuramente numerosi aiutanti hanno saputo creare alcune figure indimenticabili, al punto che in qualche periodo storico l'intero polittico fu attribuito al più grande dei maestri tedeschi, Albrecht Dürer, attivo in quegli stessi anni.

Studi e ricostruzioni storiche comunque determinano con una certa sicurezza che Grünewald sia l'autore e il progettista dell'Altare, nonostante le scarse notizie che abbiamo dell'attività e della biografia del pittore.

I tre piani del polittico dipinto sono quindi composti da Crocefissione, Sant'Antonio e San Sebastiano in primo piano; la Madonna con bambino e angeli, la Resurrezione e l'Annunciazione al secondo livello; Sant'Antonio incontra San Paolo eremita e le Tentazioni di Sant'Antonio al terzo livello; con la predella di Cristo morto sono in totale 10 quadri eseguiti dal maestro. Qualche dubbio sulla sua mano può esserci rispetto alla predella, che propone figure non del tutto riuscite, ma nel complesso la qualità artistica è impressionante, le tracce ancora tardo-gotiche integrate a perfezione nella nuova sensibilità rinascimentale, gli elementi squisitamente tecnici, come anatomia e prospettiva, magistralmente in possesso del pittore.

La malattia è il tema portante dell'Altare e Sant'Antonio il protagonista. Tuttavia, nella memoria dei visitatori come nella fortuna critica, la Crocifissione ha il sopravvento, insieme alle Tentazioni, che per puro amore di spettacolo horror sono state spesso usate per illustrare epidemie, diavolerie e simili, seguendo la sorte di Bosch e dei suoi mostriciattoli.

La Crocifissione di Grünewald propone una figura di Cristo morente di potenza quasi insuperabile; il corpo replica e ricorda puntualmente le piaghe dell'herpes, utilizzando le devastanti ferite della flagellazione. Il volto tragicamente deformato manifesta un dolore estremamente umano, e potrebbe quindi porsi come metafora della sofferenza nella malattia, da cui sembra invece miracolosamente guarire il vicino Sebastiano, che non sente le ferite delle frecce e non versa sangue. I dettagli anatomici di Cristo sono accuratamente trattati; le mani aperte, nonostante i robusti chiodi che le trafiggono, dialogano con le mani intrecciate di Maddalena crollata a terra ai piedi della croce. Tuttavia, le figure di contorno, con l'insolita presenza anche di Giovanni Battista, non mi sembrano all'altezza di Cristo, né qui né nella sottostante predella. La Madonna in particolare appare trascurabile, manierata secondo canoni prevedibili e non efficaci; ma Grünewald si riscatterà con le successive, dolcissime, immagini di Maria, nell'Annunciazione, e con il bambino e con gli angeli.

Dettaglio della Crocifissione

Esaltata nella letteratura da Joris-Karl Huysmans, che ne fornì una descrizione estasiata, la Resurrezione è altro quadro straordinario; i colori cangianti nella la luce miracolosa sprigionata da Cristo che, senza curarsi del racconto evangelico, si leva sulla propria tomba e sui soldati addormentati, sono memorabili. Come è memorabile, oltre che insolito, il viso dell'arcangelo Gabriele annunciante, nella pala sul lato opposto; un bellissimo giovane che guarda e indica Maria come ammonendola ad essere degna del suo ruolo.

L'Angelo dell'Annunciazione

Sia questo angelo sia le ambientazioni di Maria con il bambino e dell'incontro di Antonio e Paolo eremita, possiedono qualcosa di leonardesco; sono supposizioni gratuite certamente quelle di una conoscenza, magari tramite Dürer, della pittura italiana da parte di Grünewald, ma anche se infondate possono aiutare in una lettura delle opere. La mano destra dell'angelo ad esempio sembra dire, in un gesto che è deciso e amichevole nello stesso tempo, “Tu sarai”. E gli sfondi negli altri due quadri hanno quella indeterminatezza e suggestione cui ci ha abituati l'arte di Leonardo.

Resta da citare un capolavoro bizzarro, su un tema molte volte affrontato dai pittori, le Tentazioni di Sant'Antonio. I mostri diabolici che tormentano e aggrediscono il santo eremita sono decisamente alla Bosch, il grande fiammingo che quando Grünewald lavora a Issenheim è ormai alla fine della sua attività. Anche qui si potrebbe supporre una qualche conoscenza diretta o indiretta.

Il santo è in mezzo, tirato per i capelli, tra rospi, scorpioni, bestie cornute e altri misteriosi ibridi, ma davanti a tutti c'è anche un'altra vittima, un essere umano che ha sul corpo le piaghe del sacro Fuoco. Se quindi creature orribili straziano Antonio e la metafora della malattia è valida, le Tentazioni non sono altro che infezioni morbose e la loro soluzione e guarigione sta nella nicchia centrale dove Antonio (statua) regna e governa, ma anche nel primissimo pannello laterale ad ante chiuse, dove Antonio (dipinto) tiene a bada il diavolo e controlla il male.

Le Tentazioni di Sant'Antonio

Tanto ha potuto la pietà dei monaci antoniani verso i malati, e si potrebbe raccontare per ore ciò che si trova dipinto e scolpito nell'altare di Issenheim. Ma l'unica vera possibilità di conoscenza viene da una visita diretta in Alsazia al Museo Unterlinden, a Colmar, nella vecchia chiesa di un convento. Il mio invito è di non mancarla.

 

 

Musée Unterlinden, Colmar, Alsazia (Francia)

Biglietto: 13€ (varie riduzioni possibili), aperto Mercoledì-Lunedì 9-18, chiuso il Martedì e anche il 1 gennaio, il 1 maggio, il 1 novembre, il 25 dicembre.