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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Crave, di Sarah Cane

 

La stagione del Teatro India di Roma si è inaugurata con Crave di Sarah Cane per la regia di Pierpaolo Sepe. Si tratta del quarto lavoro della drammaturga britannica, morta suicida nel 1999,ed è anche uno dei testi teatrali più complessi del secolo scorso. Non ha trama, né personaggi veri e propri, dialoghi e monologhi si sovrappongono e sono spezzettati da pause e silenzi. Spesso le voci si confondono e non si capisce a chi sia indirizzata questa o quella battuta. Crave potrebbe venire inteso anche come un lungo poema drammatico a quattro voci. I personaggi sono indicati e distinti tra loro da lettere maiuscole. A (author, abusator, actor), un pedofilo anziano che ha una relazione con l'adolescente C (child), già succube in passato di abusi sessuali, M (mother), una donna avanti con gli anni che vuole un figlio da un ragazzo B (boy) perché ha il terrore di invecchiare da sola. Lo vuole a tutti costi, ma senza amore, e il giovane alcolizzato e forse anche drogato, la rifiuta umiliandola in modo crudele.

Privo di didascalie, il testo non presume scene estreme come Blastedo Cleansed, e condensa nella partitura linguistica l'intensità del desiderio, la violenza dei sentimenti, il tarlo del dolore, la profondità della disperazione e, non da ultimo, l'ironia che spesso serpeggia in sordina nel fraseggio.

La regia di Pierpaolo Sepe riduce lo spessore drammatico del testo a favore di una spettacolarità rumorosa e pleonastica.

L'impianto scenografico di Francesco Ghisu imprigiona gli attori in uno stanzone claustrofobico circoscritto in avanscena da un'immensa grata di ferro e, sullo fondo, da quattro finestre, ciascuna delimitata da una piccola parete. Sembrano quattro celle all'interno di una prigione. Gli attori sono costretti a un andirivieni forsennato e a una recitazione urlata che dissolve nel frastuono l'intensità poetica delle battute. I movimenti sono quelli del teatro d'avanguardia di trenta o quaranta anni fa: corse ad incrocio, cadute reiterate, gesti convulsi e imprecisi. I corpi si sbattono letteralmente contro la grata munita di quattro piccoli microfoni per amplificare battute che gridano da sole il bisogno d'amore di quattro anime straziate dalla solitudine.

Tutte le disfunzioni provocate dall'amore, vengono toccate dal testo. La separazione dall'oggetto amato, la ferocia dell'amore non ricambiato, l'amore proibito dalla morale corrente, la distruttività del desiderio represso, la crudeltà dei rapporti di odio-amore.

La polisemia del testo si disperde in gran parte e l'attenzione del pubblico viene attratta da metafore visive che a volte possono risultare devianti. A metà spettacolo gli attori (neanche a dirlo) si spogliano nudi e si scambiano gli indumenti, ma questo cambiamento non porta a nulla e, soprattutto, non spiega nulla. Lo stesso vale per le bamboline lanciate contro la grata.

Lo spettacolo appare datato e non scandisce a dovere le ardite strutture drammaturgiche che risultano ancora attuali. Del resto Sepe lo scrive anche nelle note di regia che " qualsiasi modalità si scelga per mettere in scena un testo di Sarah Kane, lo si tradirà". In compenso, tuttavia, al di là delle scelte registiche, la pièce scorre ad un ritmo sostenuto anche grazie alla generosità e allo sforzo interpretativo dei quattro attori (Gabriele Colferai, Daria D'Acunto, Gabriele Guerra e Brancia d'Apricena) che ce la mettono davvero tutta per trasmettere gli umori nel testo.

 

Scheda tecnica

CRAVE, di Sarah Kane.

Scene: Francesco Ghisu. Costumi: Annapaola Brancia d'Apricena. Luci: Cesare Accetta, Movimenti di scena: Chiara Orefice.Con: Gabriele Colferai, Dacia D'Acunto., Gabriele Guerra, morena Rastelli. Regia di Pierpaolo Sepe, Foto di scena: Pepe Russo.

Visto al Teatro India di Roma nell'ottobre 2016.

Prima nazionale: 6 giugno 2016, Sala Assoli nell'ambito del Napoli Teatro Festival.

 

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