Fogli freschi di stampa

La High Line di New York, di Matteo Zambelli e Henrique Pessoa Alves

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Da quando è stata aperto, il nuovo parco di New York ricavato da una linea ferroviaria sopraelevata ha suscitato un notevole interesse tra gli architetti per la realizzazione concreta di un moderno ideale di riuso. Non solo del parco si tratta, perché intorno ad esso si è venuto a creare un movimento edilizio complesso e abbondante, al punto che si può parlare di un vero indotto del parco. Tuttavia, altrettanto importante è il successo che il parco ha ottenuto tra i residenti, a conferma della bontà dell'idea iniziale di Peter Obletz, un personaggio eccentrico – morto ormai da quasi vent'anni - cui si deve l'idea originaria di trasformazione.

Tanto clamore giustifica la pubblicazione di un bel volume, piccolo di formato ma ricco di pagine, di contenuti e soprattutto di immagini, curato da Matteo Zambelli e Henrique Pessoa Alves. Il libro si propone di raccontare non solo l'architettura decisamente particolare venutasi a creare con la ridestinazione della sopraelevata, ma anche la complessa storia delle scelte che hanno permesso di realizzarla.

Quest'ultimo compito se lo è assunto Matteo Zambelli, architetto e docente universitario a Trento, che nella prima parte del volume ricostruisce la storia della High Line e della sua ricostruzione. Veniamo allora a sapere, finalmente, che la linea ferroviaria era una tratta commerciale ad uso esclusivo dei macelli e delle industrie alimentari dislocati nella West Side di Manhattan. Dapprincipio a livello terra, i binari erano stati sopraelevati negli anni Trenta per impedirne il frequente incontro-scontro con il traffico di veicoli e persone; la High Line scompariva quasi dentro la città, grazie a una progettazione funzionale che le consentiva di entrare dentro gli edifici o di fiancheggiarli, quasi come una struttura di servizio al primo piano. Come scrive Zambelli (pag. 13). la linea era stata progettata “per non proiettare troppa ombra e per non risultare di eccessivo impatto visivo (tant'è vero che oggi, come allora, dal basso quasi non la si percepisce, fatta eccezione per qualche ponte)”.

Nel dopoguerra, in America come in Europa, si verificò l'assurdo e oggi tanto deprecato prevalere del traffico commerciale su gomma piuttosto che su rotaia; chilometri di ferrovia extra-urbane e urbane vennero abbandonati e demoliti, e tra questi anche ampi tratti della High Line, resasi superflua a partire dagli anni Settanta. Inoltre, la zona su cui i binari sono costruiti stava cambiando destinazione, e alle grandi industrie alimentari si sostituivano pezzi di città “normale”, non residenziali ma legati al commercio, alla cultura e all'intrattenimento; West Side Manhattan, e in particolare West Chelsea, negli anni Ottanta è diventata una parte della città su cui si può investire. “Negli ultimi decenni”, scrive Zambelli a pag. 31, “West Chelsea, a lungo dominata dalla presenza di industrie, magazzini e parcheggi, si era affermata come uno dei distretti d'arte più raffinati di New York […] erano aumentati i ristoranti, i bar e i night-club e, con essi, il movimento”. Non sorprende quindi che l'opera di smantellamento dei binari, dei pilastri e delle grandi strutture della High Line prosegua, anche se costosissima, e che nel 2001 il sindaco Giuliani ne ordini la demolizione definitiva. Ma a questo punto intervengono i cittadini.

O meglio, i cittadini sono già da anni sul piede di guerra. Dal 1984, Peter Obletz, che aveva acquistato i resti della High Line allo scopo di non distruggerli, e dal 1999 l'associazione Friends of the High Line, combattono con tutti i mezzi per salvare la piattaforma sopraelevata e infine, grazie anche al nuovo sindaco di New York City, Bloomberg, e al patrocinio di personaggi noti tra cui l'attore Edward Norton, ci riescono. La storia raccontata da Zambelli è simile a un racconto con protagonisti positivi e negativi, ma allo stesso tempo ci dice molto sulle qualità civili di una democrazia capitalista come quella americana, che non sarà perfetta, ma che rispetto ad altre possiede in modo intrinseco la capacità dialettica di scegliere anche nell'interesse collettivo e non solo di chi ha il potere.

La ricostruzione della tratta sopraelevata, consistente per ora in poco più di 2 km, ha avuto il suo inizio teorico con il concorso per idee del 2003 e il vero e proprio sviluppo architettonico tra il 2005 e il 2009; una parte dell'opera non è peraltro ancora compiuta. Il successo ottenuto da questa singolare invenzione di un parco lineare sopraelevato è fornito dai numeri che ci snocciola Zambelli: i visitatori sono da 3.000 a 15.000 ogni giorno, e fino a 20.000 la domenica, a fronte di una ricettività prevista di 1700 persone; il totale dall'inaugurazione supera i due milioni di persone. L'amministrazione del parco è tenuta dall'associazione Friends of the High Line e gli eventi organizzati sono frequenti, da quelli per i bambini ad esposizioni artistiche di alto livello.

Un'intervista a Robert Hammond, leader dell'associazione, chiude la parte narrativa del volume. Si passa quindi a una serie di pagine dedicate agli artefici del progetto, con i testi e le immagini delle loro scelte e delle loro realizzazioni: il gruppo James Corner Field Operations e dall'altro gli architetti Diller Scofidio + Nenfro, vincitori del concorso. Naturalmente qui sono protagonisti i rendering grafici e le fotografie, e un grande pregio del volume è di proporre il lato tecnico delle opere piuttosto che la loro veste finale. Gli interventi sono stati dettati da una logica precisa, unita a una creatività incontenibile; da una parte la strutturazione di pavimenti e sedie destinati all'esterno, infrangibili e resistenti, dall'altra la scelta di movimenti imprevedibili e fantastici delle strutture, che richiamano continuamente l'idea della rotabilità, come un'animazione lineare, una vibrazione.

Decine e decine di immagini ci regalano quindi un ritratto a tutto campo della nuova High Line, di questo parco rivoluzionario che ancora una volta fa parlare di New York.

Nella terza parte del volume, Henrique Pessoa Alves ci descrive con attenzione e meticolosità l'impianto complesso e incredibilmente vario che rende il parco della High Line non solo un capolavoro di architettura, ma anche un'opera di interesse per i botanici. Pessoa ha intervistato Piet Oudolf, l'olandese che ha progettato la piantumazione, ovvero l'anima stessa della realizzazione del parco, e cerca di scoprire la chiave del rapporto tra il grande esperto di fiori e l'architetto, James Corner. Alla fine, ancora Henrique Pessoa Alves affronta in generale il tema del riuso architettonico, un argomento fondamentale per l'urbanistica di oggi, sul quale speriamo che prima o poi qualcuno anche in Italia riesca a mettere l'accento.


Scheda tecnica

La High Line di New York, di Matteo Zambelli e Henrique Pessoa Alves. Mimesis, € 24,00, EAN 9788857507057