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La mano che pensa, di Juhani Pallasmaa

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Juhani Pallasmaa è un architetto nato nel 1936 in Finlandia, terra per eccellenza di grandi figure del design e della progettazione novecenteschi. Pallasmaa tuttavia è più un teorico che un costruttore e la sua notorietà è legata all'insegnamento e alla pubblicazione di saggi relativi all'essenza del mestiere di architetto e di designer. Ha partecipato attivamente nel suo paese e negli Stati Uniti, dove ha insegnato in alcune Università, al dibattito sulle ultime tendenze in architettura (e sul grande successo che riscuotono), collocandosi su posizioni originali, che potrebbero essere confuse con un certo atteggiamento tradizionalista se non addirittura luddista. A differenza di altri paesi, in cui la sua figura è divenuta popolare, in Italia Pallasmaa è poco noto, ma negli ultimi anni sono stati pubblicati alcuni dei suoi scritti, tra cui questo “La mano che pensa”, tradotto da uno dei suoi principali sostenitori italiani, Matteo Zambelli.

“La mano che pensa” viene dopo “Gli occhi della pelle” e prima di “L'immagine incarnata” (The embodied Image, non ancora tradotto in italiano), una trilogia in cui Pallasmaa ha cercato di condensare le sue riflessioni e convinzioni non solo in materia di architettura, ma anche di arte e artigianato. Non si tratta di una teoria del tutto nuova, perché si appoggia in modo convinto sul passato e sulla continuità con il passato, puntando soprattutto a definire il mestiere dell'artista in generale e dell'architetto come artista in particolare. Originale mi sembra invece il modo in cui Pallasmaa definisce l'aspetto fisico dell'arte; un'opera architettonica ad esempio non deve essere apprezzata solo dagli occhi, cioè nel suo aspetto visivo, ma da tutti i sensi, quindi anche dal tatto e dall'odorato, e va vissuta interamente. Chi la progetta deve essere in grado di trovare una fusione profonda tra la materia di cui l'opera sarà costituita e lo spirito che la possederà.

La struttura del testo è articolata e varia. Pallasmaa nell'introduzione (che va letta con attenzione per afferrare i presupposti di tutto il volume) afferma di aver seguito il suggerimento del suo editore, che lo esortava a scrivere il seguito de “Gli occhi della pelle”, e di aver riconnesso varie idee sul ruolo della mano, già espresse in conferenze e lezioni. Chi disegna, ma anche chi suona una strumento musicale, sa che la mano può per certi versi fare da sola, come se ragionasse o facesse scelte o ricordasse cose in modo indipendente dal cervello. La mano pensa, sceglie, ricorda; l'autore scrive che “nei difficili processi progettuali, la mano prende spesso il comando nel sondare una visione, un vago indizio che alla fine essa trasforma in uno schizzo, ossia la materializzazione di un'idea. La matita, nelle mani dell'architetto, è un ponte fra la mente che immagina e l'immagine che appare sul foglio di carta” (pag. 16)”.Juhani Pallasmaa

L'ideale di Pallasmaa è allora di far capire agli studenti o ai lettori che in questa capacità di fusione tra ragione e intuizione consiste il fare arte, e non in un sistematico e ripetitivo calcolo progettuale. Il suo atteggiamento verso l'invasione del disegno elettronico negli studi degli architetti può apparire – anche se non lo è affatto – retrogrado. Pallasmaa scrive che l'architettura è un mestiere e il rapporto tra l'architetto e gli artigiani a lui affini, come il falegname, il carpentiere, il muratore, deve essere stretto e continuo. Si comprende quindi come, secondo Pallasmaa, “l'uso del computer ha reciso la connessione sensuale e tattile fra l'immaginazione e l'oggetto di design” (pag. 63).

L'accusa di luddismo è tuttavia respinta fermamente. Il pc è utilissimo, abbrevia i tempi e consente operazioni pratiche di indubbio utilità, quindi usarlo oggi è necessario; ma il pc non deve appiattire – come invece troppo spesso fa – la creatività individuale che non risiede nella tastiera, ma nella matita guidata dalla mano.

Le molte citazioni – forse troppe e troppo scollegate – di poeti, filosofi, scrittori, artisti, arricchiscono la struttura dei vari capitoli, che affrontano temi estremamente vari con punti di vista magari discutibili ma spesso originali, e comunque ben sostenuti dall'autore.

Qualunque sia la posizione che possiamo trovarci ad avere nei confronti di Pallasmaa e delle sue teorie, questo libro non lascia indifferenti e può aprire gli occhi (e le mani insieme) nei confronti di tante mediocrità oggi costruite senza umanità e senza vita, spesso per di più con enormi esborsi economici.

 

Scheda tecnica

Juhani Pallasmaa, La mano che pensa, Pordenone 2014, Safarà Editore, 18,50 euro, ISBN 9788897561132