Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4386840

Abbiamo 118 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Fogli freschi di stampa

La fabbrica di San Pietro, di Horst Bredekamp

   

La storia infinita della fabbrica di San Pietro è tra le più complesse e difficili da raccontare, vuoi per l’effettivo difetto dei dati storici spesso in contraddizione tra loro, vuoi per la carenza di documenti visivi tali da farci vedere lo stato dei lavori nel corso degli anni. A queste mancanze oggettive si aggiunge la consueta approssimazione di troppi studiosi e di troppi testi che invece di spiegare le cose finiscono per confonderle. Siamo costretti, in casi come questo, ad affidarci a voluminosi studi specialistici in grado di presentare e analizzare tutti i documenti esistenti, oppure a ricercare con pazienza se qualche studioso serio ha saputo gestire l’argomento in modo sintetico ed esaustivo allo stesso tempo. Nelle vicende progettuali ed esecutive del nuovo San Pietro la fortuna aiuta gli studiosi e i semplici curiosi, nel senso che dell’argomento si è occupato un esperto di levatura mondiale come Horst Bredekamp, dotato di quel metodo di lavoro tipicamente germanico e anglosassone secondo il quale in primo luogo vengono i dati, poi l’analisi e la ricostruzione dei dati, e infine le eventuali congetture (con esclusione quindi delle tipiche chiacchiere all’italiana). Bredekamp ha scritto “Sankt Peter in Rom und das Prinzip der produktiven Zerstörung” (tradotto come “La fabbrica di San Pietro. Il principio della distruzione produttiva”) alla fine degli anni Novanta e Einaudi ne ha pubblicato la versione italiana nel 2005: un libro, come detto, imperdibile per chi voglia capire bene come si svolsero i fatti.

Se si leggono le vicende della basilica all’interno delle biografie di Michelangelo e di Bramante, o nelle storie dell’architettura rinascimentale, o anche nei manuali universitari, risulta evidente la complessa evoluzione dei progetti e dei lavori effettivi, che risalgono nel XV secolo a Niccolò V, e poi in successione a Bramante, ad Antonio da Sangallo, a Michelangelo e infine a Giacomo della Porta e a Carlo Maderno. Quello che non sempre può risultare chiaro è come si sia passati da un progetto all’altro, e in che modo sia stata risolta l’ingombrante presenza del vecchio San Pietro, la grande basilica costantiniana a cinque navate.

Il volume di Bredekamp, che per una volta costringe Einaudi a farcire di immagini il testo (che altrimenti sarebbe in gran parte incomprensibile), è di lettura relativamente agile, densissimo di notizie e di dati ed estremamente preciso nella scansione temporale. L’unico argomento affrontato è la Fabbrica di San Pietro e quindi l’autore nell’introdurre i suoi protagonisti non indulge ad aprire parentesi per dirci chi sono o per evidenziarne caratteristiche di stile o di tecnica, ma li pone nel mezzo della storia solo in relazione con la Fabbrica: un sistema diretto che non ci porta mai fuori dal tema. Nello svolgimento, il tema viene sviscerato anche su una base narrativa decisamente suggestiva, che vede nella demolizione più ancora che nella progettazione il vero messaggio della Fabbrica, una distruzione produttiva per usare l’ossimoro dell’autore.

 


Lo schizzo di Donato Bramante del 1506 (a destra la nuova area absidale, 
a sinistra la connessione con le navate del vecchio San Pietro)

 

 


Il disegno di Maarten Heemskerck del 1535 rappresenta la struttura semi-abbandonata dei pilastri di Bramante,
con la vecchia basilica sulla sinistra

E in effetti il percorso che da Bramante ci porta a Maderno e poi ancora a Bernini, con uno scarto di un secolo e mezzo, è un percorso accidentato, incredibilmente contorto, che vede un alternarsi e uno scontrarsi di idee tali da determinare continue e massicce demolizioni di strutture nuove, da poco costruite, in una quantità che è quasi pari alle demolizioni delle parti vecchie. Bredekamp vede la successione generale dei fatti come una sorta di gigantesco meccanismo dialettico: ogni addizione è preceduta da una sottrazione, la chiesa divora se stessa e ricomincia il ciclo. Se si guarda a tutto ciò che fu costruito ex-novo e poi demolito, a partire dalla base del nuovo coro di Bernardo Rossellino voluta da Niccolò V per arrivare ai campanili di Bernini, non si può che accettare e seguire il discorso di Bredekamp con particolare attenzione.

La successione degli architetti e dei papi crea un vorticoso sistema di progetti che cercano di essere definitivi, per porre basi inattaccabili nel futuro; è quasi comico a questo punto seguire le scelte di Michelangelo, che sapendo bene di non poter vedere conclusa la sua opera fece costruire pezzi del progetto in modo non contiguo, per imporne la presenza e la conclusione ai suoi successori. Fu il Vignola, spesso dimenticato nei manuali, a proteggere il progetto di Michelangelo dagli attacchi dei suoi avversari, ovvero il clan legato ai Sangallo, tra cui spicca la figura quasi dimenticata di Nanni di Baccio Bigio. Ed è anche bizzarra la notazione di Bredekamp che se Bernini avesse costruito subito il terzo braccio (che rimase appunto solo sulla carta) del colonnato, garantendone la posizione nel futuro, oggi ci troveremmo davanti a una piazza molto diversa, che forse anche Mussolini non avrebbe potuto o voluto modificare.

Il libro è corredato di molti disegni e fotografie in bianco e nero, tra cui naturalmente le incisioni di Heemskerck e di Duperac (che nel disegnare la futura chiesa ne fornì di fatto un progetto eseguibile), le fotografie dei modelli di Antonio Sangallo e di Michelangelo, gli schizzi di Giuliano Sangallo, e quel celebre disegno su pergamena di Bramante che sembra, essendo limitato a un semicerchio, proporne la duplicazione speculare in una perfetta pianta centrale. Seguendo una traccia già proposta in passato, Bredekamp contesta questa secolare lettura e propone con ragionevoli motivazioni che quel disegno sia di per sé completo, perché rappresenta la grandiosa nuova estensione della chiesa a partire dal transetto del vecchio San Pietro. La vera perfetta pianta centrale era stata proposta da Giuliano da Sangallo, zio di Antonio da Sangallo il giovane, colui che sarà in seguito il principale sconfitto nella storia infinita della costruzione della più grande chiesa cristiana del mondo.

 

 

Scheda tecnica

Horst Bredekamp, La fabbrica di San Pietro, Il principio della distruzione produttiva, 2005, Biblioteca Einaudi, pp. X - 188, € 19,00, ISBN 9788806161095

 

 

 

 

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie