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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Leonardo & Co.

Le firme criptate sulle opere di Leonardo da Vinci e Antonio del Pollaiolo

 

In appendice all'articolo Autoritratti e ritratti di Leonardo da Vinci

 

Le firme criptate sulle opere di Leonardo da Vinci e Antonio del Pollaiolo

Dapprima un approfondimento sull’articolo relativo agli autoritratti di Leonardo:  lo spartito del Musico non mostra una melodia per cui il musico non era un professionista ma qualcuno che si dilettava nel canto per il suo e l’altrui piacimento, Leonardo per l’appunto. Il Moro apprezzava molto il suo soave canto, come si evince da un sonetto di Bernardo Bellincioni; costui era un poeta fiorentino che ebbe controverse vicissitudini finanziarie per cui negli anni ’80 si trasferì alla corte milanese e collaborò con Leonardo alla realizzazione della grande Festa del Paradiso indetta per gli sponsali di Gian Galeazzo Sforza con Isabella d’Aragona.

Di seguito un sonetto del Bellincioni:

Sonetto LXVI. In laude d 'un musico.

Con l'angelica voce e 'l dolce canto, 
col modo e l'arte e le composte note,
quell'armonia de le celeste rote
ci fai sentire, anzi del regno santo.
Per te felice è Ludovico tanto
che altri che te più desiar non puote,
perché Giove ti diè tutte le dote,
che son cagion di riso e fin di pianto.
Da poi che 'l ciel ti fu tanto cortese
 che hai legato colui che Italia lega
 e scioglie come vuoi con arte e ingegno,
 se quello al tuo voler sempre si piega,
 tu piglia in cura le mie giuste imprese
e mostra el porto al mio percosso legno.

E’ fin troppo chiaro che il Sonetto è rivolto a Leonardo: l’artista musico cui ”Giove diè tutte le dote” non può essere che lui. A legger bene il Sonetto, non si tratta di una laude come recita la intitolazione ma la richiesta di un intervento presso il Moro a ché favorisca il Bellincioni  in quel momento in cattive acque, “... mostra el porto al mio percosso Legno”. Bellincioni dice : “ tu  sei in tale intimità con il Duca da poterlo convincere a fare qualsiasi cosa, intervieni perché mi aiuti”. Un intervento che non poteva fare un musicista-cantore anche se molto conosciuto. Tra le armi con cui Leonardo riusciva a soggiogare il Duca c’era proprio il canto che evidentemente Ludovico da anni richiedeva all’artista.In conclusione: Leonardo era il  Cantor Angelicus del dipinto Il Musico di cui si è disquisito e il relativo acronimo Can-An(g) è da considerarsi la sua firma ermetica sull’opera.

Ancora più ermetiche sono le firme di Antonio del Pollaiolo. Nel suo stemma c’è una corona di fichi flosci denominati badaloni; chi mai in una città dove la maggior parte degli stemmi portano dei leoni avrebbe potuto mettere sul suo stemma dei fichi flosci? Soltanto Antonio del Pollaiolo che voleva enfatizzare il melanconico sfinimento psicologico che preludeva indispensabilmente al raptus dell’ideazione artistica.


Fig. 1, Stemma di Antonio del Pollaiolo presente sulla sua tomba in San Pietro in Vincoli, Roma. 

 

Ancora da ricordare che dopo l’impresa di Volterra La Repubblica Fiorentina donò al Conte di Urbino la Villa Di Rusciano a Firenze[1]. Federico di Montefeltro  volle fare una grande ristrutturazione della villa affidando la direzione architettonica ad Antonio del Pollaiolo. Fu edificata una cappella con un frontone del portale che mostrava un fregio con putti alati reggenti l’Impresa dello Struzzo del Montefeltro.

 

Fig. 2,   Fregio con putti alati reggenti lo scudo con l’Impresa dello struzzo di Federico di Montefeltro.
Particolare in alto: lo struzzo. 

 

 

Per dichiararne la sua paternità Pollaiolo collaborò con Vespasiano da Bisticci alla realizzazione di un manoscritto ordinato da Jacopo Bracciolini per essere donato  al Conte di Urbino[2].


Fig. 3, Incipit del Codice Urbinate Latino 491. Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel particolare, la veduta di Firenze alla porta di San Miniato

Nell’incipit del manoscritto si nota in alto al centro in uno scudo  la veduta di Firenze dalla porta a San Miniato, in uscita nella direzione della Villa di Rusciano. Scendendo sul lato destro dell’incipit si trova un’aquila che reclamava l’origine imperiale del privilegio federiciano. Scendendo, due putti con dei bastoni in mano (è il richiamo a Ercole, l’eroe di riferimento di Antonio del Pollaiolo) Nell’angolo di destra in fondo uno scudo con lo struzzo federiciano.

 

Fig. 4, Particolari dell’Incipit del codice Urbinate Latino 491.
Due putti con bastoni in mano e lo Struzzo Federiciano.

 Fig. 5, Antonio del Pollaiolo,  Ercole e l’Idra, Galleria degli Uffizi. Firenze

Della cappella è residuato il fregio con lo struzzo sullo scudo come uno stemma e per questa ragione senza chiodo in bocca e senza scritta. In tal caso il Montefeltro trasformava un’impresa in uno stemma a voler significare che la Villa era un bene frutto delle sue conquiste e pertanto fuori dalle mire papali. I quattro piccoli fichi che si trovano in basso ai lati della scudo del fregio, unitamente ai bastoni in mano ai putti del manoscritto costituiscono di fatto la doppia firma criptata  sul fregio.

 

Note al testo

[1] L’impresa nel Quattrocento ha due significati: l’impresa militare e l’impresa araldica; quest’ultima è un moto dell’animo con una raffigurazione denominata  corpo e una scritta denominata anima. Di solito le imprese contornavano lo stemma

[2] Poggio Bracciolini, Historiae Florentini Populi. Tradotte in Volgare da Jacopo Bracciolini. Codice Urbinate Latino 491, Biblioteca Apostolica Vaticana

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Stemma di Antonio del Pollaiolo presente sulla sua tomba in San Pietro in Vincoli, Roma. Si nota una corona di fichi.

Fig. 2, Fregio con putti alati reggenti lo scudo con l’Impresa dello struzzo di Federico di Montefeltro, in visione dai rispettivi lati per illustrare meglio la qualità del manufatto. Particolare: lo struzzo. Collezione privata

Fig. 3, Incipit del Codice Urbinate Latino 491. Biblioteca Apostolica Vaticana. A destra: particolare con la veduta di Firenze alla porta di San Miniato

Fig. 4, Particolari dell’Incipit del codice Urbinate Latino 491. A sinistra, due putti con bastoni in mano; a destra, lo Struzzo Federiciano.

Fig. 5, Antonio del Pollaiolo, Ercole e l’Idra, Galleria degli Uffizi. Firenze


 

 

Autoritratti e ritratti di Leonardo da Vinci


L'analisi e il confronto tra i ritratti presunti di Leonardo e dei suoi colleghi o allievi porta a sollevare dubbi sulle tradizionali attribuzioni, spesso date per scontate e invece spesso da rivedere.
Con un'appendice sulle firme di Leonardo e Antonio del Pollaiolo


Nomen omen o casuali coincidenze?


Per niente incline ad accettare i dogmi del cattolicesimo o le superstizioni in genere, Leonardo da Vinci difficilmente avrebbe dato spazio a credenze legate al “Nomen omen” o cose simili. Ma niente impedisce di esporre alcune considerazioni riconducibili in qualche modo al nome dell’artista.


 

Un bronzetto di Leonardo



A un'attenta analisi il bronzetto di Ercole e Acheloo conservato a New York può essere attribuito a Leonardo da Vinci piuttosto che ad Antonio del Pollaiolo.


Caravaggio, le prime opere sacre a Roma


Le prime opere romane di Caravaggio rivelano alcuni spunti, perlomeno compositivi, che il grande milanese trasse dal Tintoretto e da Michelangelo.


Raffaello e la Pala Baglioni


Raffaello usò a proprio vantaggio e con rarissimo equilibrio la profonda conoscenza delle maniere altrui in una delle sue opere più note, la cosiddetta 
Deposizione di Cristo, oggi conservata al Museo Borghese di Roma.


Scorcio, scurto, scurzo, ovvero: lo scarto dalla norma


Lo scorcio prospettico nel Rinascimento assume un valore tecnico e di virtuosismo, ma rappresenta anche un elemento anomalo, quasi un atto di ribellione alle regole.


 

Antonio del Pollaiolo alla corte di Urbino


Note critiche alla recente Mostra Federico da Montefeltro e Francesco di Giorgio, allestita a Urbino dal 23 giugno al 9 ottobre 2022.


 

La forza dell'indefinito nell'arte leonardesca


Le forme antropomorfe create da Leonardo non si rivelano mai in modo palese ma si insinuano sottilmente nel contesto iconografico dell’opera. Si fanno appena intravedere, anche per questo attraggono. Il cosiddetto “mondo inanimato” assume intriganti aspetti e offre inediti approdi di lettura.


 

Antonio del Pollaiolo: La Mensa Isiaca



La celebre Mensa Isiaca conservata a Torino è ritenuta opera romana ispirata alla mitologia egizia. Eppure, ci sono elementi di sicura credibilità nel poterla attribuire al maggior orafo del primo Rinascimento, Antonio del Pollaiolo. 


 

La figura femminile nella Creazione di Adamo di Michelangelo


Nel mantello di Dio creatore, dipinto da Michelangelo nella Sistina, sono avvolte dodici figure forse angeliche, ma non facilmente decifrabili, soprattutto perché due di esse appaiono decisamente misteriose.


 

La Gioconda e le due Gioconde


I legami tra la Gioconda del Louvre, la Gioconda del Prado e la Gioconda di Montecitorio consentono l'identificazione degli autori, ovvero il Maestro e i suoi allievi prediletti.


 

Altri articoli...

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