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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Una figura misteriosa nella Creazione di Adamo

Dio nella Creazione di Adamo

 

Ch’egli voglia o no, ciò che 
crea è impregnato d’amarezza

Heinrich Woelfflin1

La Creazione di Adamo

Con la Creazione di Adamo di Michelangelo siamo di fronte ad una delle opere in assoluto più famose , conosciute e apprezzate della storia dell’arte universale, celebrata e commentata con sublime poesia, ma talora persino con interpretazioni contrarie alla verità dei “suoi” intenti. Dovrebbe trattarsi, e si tratta per molteplici aspetti, di un’opera analizzata compiutamente, e nei più riposti dettagli; eppure può ancora rivelare qualcosa che non sia marginale o di dubbio fondamento.

In essa sono enunciati con naturalezza, dalla forza delle immagini, concetti semplici e profondi come capita solo con i capolavori. Dio sorretto da angeli giunge in volo e realisticamente incontra la resistenza dell’aria, che gli scompiglia i capelli e piega la barba. Non v’è l’alito creatore. Il mantello però sembra animato di spirito proprio.

L’uomo ancora non si è staccato dalla terra da cui deriva, appare ancora in un torpore materiale e alla mano abbandonata si contrappone la decisa ed energica mano creatrice.

La vita si trasmette attraverso le mani che si sfiorano: dalla “dextera dei” che infonde la vita spirituale, oltre quella biologica, alla sinistra di Adamo. L’altra mano di Dio con l’indice tocca la gola di un putto, là dove si forma la voce.2 L’uso delle mani e del linguaggio sono le caratteristiche distintive della specie umana.

Il paesaggio è spesso ”trascurato”, o appare desolato, nelle pitture dell’artista-scultore e così è anche in questo caso, dove pure il tema è l’origine della vita e la terra del poggio dove si trova Adamo è coperta da verde erba primaverile e il blu dei monti lontani, per la prospettiva aerea, rammenta l’acqua, elemento legato alla nascita, che sgorga dalla roccia.3

 

La corte angelica

Occorre rinunciare alla tentazione di ripetere tra le miriadi di osservazioni estetico-critiche sull’opera anche quelle più acute e illuminanti, per occuparci della parte che ora qui preme esaminare: quella del Creatore coi suoi angioletti.

Per questa lettura giova rammentare il valore di “prefigurazione” dei dipinti della volta della Sistina: come è stato spiegato da diversi studiosi4, le storie della Genesi e degli altri libri vetero-testamentari “annunciano” avvenimenti del Nuovo Testamento, al punto che si è giunti a chiedersi se alla base del programma complessivo della Sistina non ci sia una rappresentazione del Vecchio in funzione del Nuovo, considerato se possibile superiore. Naturalmente le pitture della volta sono autonome rispetto al resto, ma non possono esserlo in modo assoluto e al di là delle annose e controverse disquisizioni, nelle quali non è il caso d’inoltrarsi, valga il senso generale, largamente accettato, della validità delle “concordanze” che i teologi amano stabilire.

L’opera viene spesso presentata nel dettaglio giustamente celeberrimo delle mani che si tendono isolate nello sfondo del cielo. Chi la guarda poi, da lontano nella realtà o rimpicciolita nelle riproduzioni, coglie l’insieme e percepisce gli angeli come un ammasso apparentemente caotico. Lo stesso autore ne dipinge alcuni “sfuocati”, o in parte meno nitidi, come usando il “non finito”.

Il corteo angelico accompagna Dio e insieme sono avvolti in un manto gonfio di vento (presente già nell’arte romana e usato in termini prosastici o drammatici nel Diluvio ); senza, certo il Creatore perderebbe molto della sua grandiosità. Esso funziona come un’enorme aureola.

Può essere indicativo, anche rispetto alla tesi interpretativa prospettata più avanti, notare che Condivi nella biografia che potremmo definire “autorizzata”, essendo Michelangelo ancora in vita, descrive tale seguito con le seguenti parole: “…dove si vede Iddio col braccio e colla mano distesa, dar quasi i precetti ad Adamo di quel che far debbe e non fare, e coll’altro braccio raccoglie i suoi agnolini“, dalle quali sembra di capire che oltre a rappresentare la creazione dell’uomo, l’autore abbia, subito dopo, voluto mostrare Dio imporre o infondere la legge morale.5

È stato notato che la forma ricorda un cervello umano (o la scatola cranica più genericamente), persino addentrandosi nei particolari anatomici.6 Tale somiglianza non è casuale ma vuole alludere a una mente creatrice? Chissà?

Alcuni studiosi hanno sostenuto che i due personaggi in primo piano al fianco di Dio potrebbero rappresentare, insieme a questi, la Trinità: la figura dello Spirito Santo (Paraclito) ha tratti efebici o femminei nel volto e nell’acconciatura ma un seno poco femminile o “ambiguo”, ed è quindi , proseguendo il ragionamento, una creatura asessuata, un’entità; l’altra figura, poi, sarebbe il Figlio attraverso cui si incarna la divinità, la realtà si rivela e parla agli uomini. Tutto questo rispetterebbe anche il dogma trinitario secondo cui non esiste una gerarchia tra le tre Persone consustanziali ed eternamente compresenti.La figura efebica

Ma potrebbe invece trattarsi, come è stato ipotizzato, di Eva o Maria (e altre figure personali o allegoriche)7. La simbologia ammette sovrapposizioni di significato, lo stesso elemento può alludere a più situazioni, personaggi o concetti nello stesso tempo.8

Tuttavia non tutte le interpretazioni simboliche possono coesistere e alcune finiscono per essere fuorvianti. Certo è che se si isolano i due personaggi in maggiore evidenza, ne restano dieci, e tentare corrispondenze può portare a conclusioni discutibili, come che essi siano l’espressione delle “sefirot” ebraiche9. E’ convincente ? I dieci “strumenti” o modalità di Dio potrebbero differenziarsi o comunque dovrebbero essere tutti personificati in figure allegoriche positive: così non è.

 

La scoperta di un personaggio

Complessivamente i putti sono dodici10; uno di questi, quello sotto il volto di Dio, resta in ombra, ma osservando con attenzione si rivela diverso dagli altri: non ha i capelli ricciuti, biondi, o castano chiari, ma più scuri , lisci e disordinati, ha l’aspetto di un uomo e non di un infante, mostra un’espressione di dolore (e sofferenza morale?) in modo evidente.

Michelangelo ha attribuito necessariamente un significato particolare a quel personaggio altrimenti lo avrebbe raffigurato simile agli altri componenti il gruppo del quale fa parte. Questa singolarità di uno dei dodici, a mio parere, non può che portare ad una conclusione: gli angioletti sono simbolo degli apostoli e quello diverso dagli altri è Giuda.

Possibile che non si fosse ancora giunti a una simile conclusione? Una volta prospettata questa ipotesi interpretativa sembra se non irrefutabile almeno degna di particolare considerazione e trova conferma in ulteriori elementi descrittivi e nel significato simbolico di tale presenza.

La figura "scura"La posizione della testa: è l’unica che non sia rivolta verso l’alto, non è sostenuta dal collo, ma è appoggiata sulla spalla (che si confonde con la testa di un altro putto, come se fosse un curioso copricapo, che compie un’azione inesplicata). La testa è abbandonata e inclinata a causa del collo spezzato da un’impiccagione?

Il significato iconologico non è né astruso, né forzato. Nella creazione c’è già la possibilità del male, la scelta (una scelta che ha diviso anche gli angeli ). Nella visione del mondo della fede tutta la storia dell’umanità è compresente. Nell’evento miracoloso tutto è contemporaneo; al momento della creazione tutta la storia sacra è già scritta: dal peccato alla Redenzione, sino al Giudizio universale. Giuda è il personaggio fatale che congiunge Adamo a Cristo; rappresenta la caduta, dal peccato originale al tradimento, che si pone tra l’esistenza e la salvazione.

Gli apostoli, che tra l’altro avrebbero dovuto essere il soggetto del primitivo progetto di decorazione della volta, saranno gli “aiutanti” di Cristo, nuovo Adamo, nella diffusione della Parola.

Infine, a ulteriore sostegno della lettura proposta, i vangeli sinottici usano la medesima espressione per Giuda: “… Giuda Iscariota, uno dei dodici, …”, un’apposizione che suona come un epiteto.

L’individuazione di Giuda è una novità iconografica, sarebbe altrimenti curioso non trovarne traccia alcuna nella sterminata produzione storico-critica, che s’impone con la forza della semplicità e rende meno probabili o poco consistenti le ipotesi con essa contrastanti.11

Michelangelo con Giuda ha inserito nel suo capolavoro una nota di tristezza, un richiamo sulla umana debolezza e sulla minaccia del peccato. Egli ha lasciato la sua firma ritraendosi nella testa mozzata di Oloferne e ha rappresentato la sua riflessiva presenza nel mondo dell’opera dando il proprio volto e aspetto al profeta Geremia, pensoso e malinconico12, il profeta evocato dall’evangelista Matteo quando racconta il pentimento e la tragica fine dello sventurato traditore (Mt. 27,9).

 

N. B.
Sulla figura di Giuda vedi anche l'articolo La scelta tra il Bene e il Male nella Creazione di Adamo

 

Note con rimando automatico al testo

1 H. Woelfflin, L’arte classica, Firenze, 1953 (trad. it.), p.49.

2 Il filologo Carlo Ossola ha individuato nell’inno liturgico, attribuito a Rabano Mauro, Veni Creator Spiritus, e in particolare nel verso “ Sermone ditans guttura”, l’ispirazione per questo gesto col quale Dio infonde la favella.

Il dito si piega formando una curva perché si appoggia alla spalla più che indicare in modo netto, come ben si nota nell’ingrandimento dell’immagine. Non è l’intera mano comunque ad agire e il gesto lascia comunque in evidenza l’indice e ciò conferisce validità all’ipotesi di Ossola.

3 Per H. Pfeiffer ( trad. it. La Sistina svelata, Milano, 2007, p.208 ) : “ Il pendio è costeggiato dall’acqua azzurra, come nella precedente scena della Creazione di Eva. Anche qui, dunque, sono raffigurati i tre elementi: terra, acqua e aria. Il quarto elemento , il fuoco, rimane nascosto nel corpo di Adamo.” Ma non è una forzatura ? E’ credibile una simile rappresentazione “pensile” dell’acqua da parte di Michelangelo ? Rimane dubbia la presenza dell’acqua anche nella Creazione di Eva.

4 B. Contardi, ad es., che riprende una tesi di cui assegna la dimostrazione a M. Calvesi ( C.G. Argan e B. Contardi, Michelangelo, Art e dossier, Firenze 1987, pp.17-18), tra gli altri.

5 A. Condivi, Vita di Michelagnolo Buonarroti ( 1553), Milano, 1964, p.48.

6 R. Doliner e B. Blech , nel loro libro I segreti della Sistina, ( trad. it. Milano, 2008) p.251, presentano tale tesi come una verità acquisita : “ gli interrogativi sul perché l’immagine di Dio sia così complicata con tante figure apparentemente superflue, un mantello e un drappo pendente, sono stati risolti per caso nel 1975. Il dottor Mershberger, un chirurgo ebreo dell’Indiana, cancellò mentalmente i colori e il gruppo di figure inserite nel mantello e si ritrovò di fronte alle tavole anatomiche…”; sembra l’enunciazione paradossale di una soluzione che rende davvero superflue quelle figure.

7 A. Chastel, in Arte e Umanesimo a Firenze sotto Lorenzo il Magnifico, (trad. it. Torino 1964, p. 300), scrive: “…hanno voluto chiaramente unire nella forma angelica i caratteri dei due sessi per trarne un “androgino”, un essere ideale e delicato … in cui si rivelano lo splendore e la grazia della Bellezza suprema.”

Michelangelo però raffigura gli angeli, a parte eccezioni, apteri e maschili, almeno all’aspetto.

E. Camesasca, in L’opera completa di Michelangelo pittore, p.91, riporta un elenco di interpretazioni della figura supposta femminile: Eva, o la sua “idea”, la Sapienza, Maria, l’anima umana (ma non sarebbe più naturale pensare in questo caso al giovane angioletto per lo più indicato?), Beatrice, con i nomi dei rispettivi sostenitori.

8 A proposito di un’altra opera, Chastel (op. cit., p.522) scrive: “Questi valori simbolici forse non si escludono l’un l’altro e la pratica del doppio senso, consueta in Michelangelo, consiglia piuttosto di fondere le opposte interpretazioni che non di scegliere fra di esse.”

Più avanti Chastel afferma che Michelangelo “Era considerato un autore difficile; <poiché non vuole che le sue invenzioni vengano intese, se non da pochi e dotti…(L. Dolce )>“. Nel medesimo contesto, ma a proposito del parlare, in una nota inoltre ricorda che Vasari nella biografia del 1550 dichiara: “E’ stato nel suo dire molto coperto e ambiguo, avendo le cose sue quasi due sensi”. “Lo storico deve tener conto di questa oscurità spesso voluta” conclude Chastel.

9 E. Wakayama , ad es., propende per tale lettura (Una nuova interpretazione iconografica della Creazione di Adamo” di Michelangelo); fa la storia delle varie ipotesi interpretative (di Richter, Hartt, Colalucci, ecc.) e assegna all’erudito Egidio da Viterbo l’ispirazione iconografica dei dipinti.

10 Wakayama ricorda che Camesasca ( op. cit. p. 91) e De Tolnay (Michelangelo, vol.2°, Princeton, p.136) contano solo undici creature angeliche o Geni . Il recente restauro, che ha determinato migliore leggibilità, l’osservazione ravvicinata dalle impalcature e la relativa documentazione fotografica, è risultato necessario per un conteggio preciso? Anche Ross King scrive: “ …manto rigonfio che avviluppa dieci cherubini ammassati e una giovane donna…” R. King, Il Papa e il suo pittore, (trad. it) Milano, 2003, p.300.

11Come capita in questi casi, nei confronti di opere della stessa smisurata notorietà ( La Gioconda o il Cenacolo di Leonardo), è stato proposto un po’ di tutto: gli angeli stanno per i sette doni dello Spirito Santo o i suoi nove frutti, i mesi dell’anno, ecc... Se è legittimo avanzare proprie suggestioni, anche al di là delle intenzioni dell’artista, in fondo le grandi opere hanno la caratteristica di provocarle, si dovrebbe invece cercare di non attribuire volontà inesistenti all’autore.

Tra le varie letture ne riporto due nelle quali sono state rintracciati due personaggi demoniaci senza però arrivare a intuire la “scoperta” di Giuda.

King (op. Cit.) in una nota, p. 421, documenta: “nell’ampio mantello dell’Onnipotente, Steinberg individua anche un presunto Lucifero e un secondo personaggio altrettanto demoniaco.” Steinberg aveva evidenziato questa presenza negativa poco notata o trascurata per un “pregiudizio” che sarebbe interessante indagare.

Secondo la recente lettura di Pfeiffer (op. cit., da p. 208) i sei putti, divisi in due gruppi di tre, rappresenterebbero le forze spirituali dei giorni della Creazione. Il putto indicato con l’indice sarebbe l’Incarnazione di Cristo, infatti cerca istintivamente di sottrarsi al proprio destino di sacrificio. Il fanciullo vicino al volto di Dio potrebbe essere il Figlio della Trinità, la quale si completerebbe col soffiare del vento all’interno del mantello rosso, lo Spirito Santo. Al di sotto di Dio si troverebbero due demoni e forse un Adamo collegato dal drappo verde alla figura femminile (Eva).

Per Pfeiffer il colore scuro della pelle e lo sguardo rivolto altrove denunciano la natura di demoni dei due, uno con gli occhi chiusi e l’altro che guarda verso la figura femminile. Ma i corpi scuri o in ombra sono più di due e altri due angioletti distolgono lo sguardo .

La vera differenza è che uno solo dei dodici non è un fanciullo ma un adulto.

12 Sono diversi i presunti autoritratti (volti più o meno somiglianti) usati per dei personaggi da Michelangelo (anche nella volta della Sistina), ma tra questi particolarmente significativi sono il Nicodemo della Pietà dell’Opera del Duomo di Firenze e quello della pelle scorticata di S. Bartolomeo nel Giudizio. Quello della testa mozzata di Oloferne si collega a quest’ultimo: vi è un elemento macabro, o “memento mori”, che può assumere il valore di un’autocommiserazione e anticipa, o ispira, un’operazione analoga di Caravaggio.

 

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