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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

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Testuali parole

Bernini secondo Irving Lavin: alla scoperta del genio barocco (Parte II)

(segue dalla parte I)

Per raggiungere Santa Maria sopra Minerva bastano ora dieci minuti a piedi. Anche questa chiesa, di origine gotica ma abbondantemente rifatta in epoche successive, ospita molte opere celebri, tra cui la tomba del Beato Angelico, il Cristo Portacroce di Michelangelo, numerosi affreschi di Filippino Lippi, Melozzo e altri, e almeno tre progetti di Bernini, di cui due interessano a Lavin per la sua ricerca, la Cappella Naro e il cenotafio di Suor Maria Raggi.

Cappella NaroLa cappella Naro, che si trova in un vano laterale della navata di sinistra, è stranamente ignorata non solo dai visitatori ma anche dai religiosi, che la segnalano a stento nelle guide e ne tengono chiusa la cancellata (le sue condizioni sembrano in effetti non buone, quantomeno a livello di pulizia). Qui abbiamo una situazione diversa dalle precedenti, perché la statua del defunto cardinale Gregorio Naro inginocchiato appare intera, e si trova al centro, in una nicchia; il marmo bianco domina sia l'architettura sia la scultura. Per Lavin la cappella Naro

esprime due idee nuove in correlazione tra loro. La prima che, mediante il motivo del drappeggio, la parte inferiore del corpo rientra nell'illusione. La seconda, che il frontespizio offre una cornice abbastanza ampia da contenere l'intera figura, sopprimendo gli elementi estranei all'illusione (il sarcofago, l'epitaffio)”.

Cenotafio di suor Maria Raggi

Pochi metri più avanti si trova il cenotafio di Suor Maria Raggi, spesso indicato erroneamente come monumento funebre (peraltro la vera tomba si trova a qualche decina di metri), un'invenzione berniniana relativamente ridotta di dimensioni tanto che sembra aver trovato a fatica un posto nell'affollatissima chiesa; è infatti attaccata a uno dei grandi pilastri a fascio, più o meno di fronte all'abside e alla statua di Michelangelo, e rappresenta una sorta di grande mantello drappeggiato, in lucente marmo nero, che reca su di sé un medaglione - con l'immagine della Suora - portato da due putti; al di sopra, una croce. Lavin dimostra tramite citazioni di documenti e l'analisi attenta dei lineamenti, che il volto di Maria Raggi è stato ritratto da Bernini nel momento della morte (avvenuta nel 1600 e descritta dai presenti);

la felice agonia cristiana è qui presentata come un'immagine fine a se stessa e in stato, si può dire, di purezza […] quale attimo del definitivo congiungersi dell'anima a Dio” (pag. 75).

Anche da Santa Maria sopra Minerva a Santa Maria in via Lata il percorso è breve. La chiesa sul Corso è tuttavia più piccola della precedente, con l'abside maggiore paragonabile per dimensioni a una delle cappelle nella basilica gotica e utilizzata anche come sepoltura della famiglia D'Aste. Tutta la decorazione dell'abside fu progettata da Bernini, e come nei casi precedenti l'attenzione di Lavin si concentra sugli aspetti compositivi e su alcuni punti determinati. In questo caso, l'abside – che probabilmente fu progettata prima della cappella Raimondi – è variopinta grazie all'uso di marmi diversi;

Lo zoccolo è bianco e soltanto lo stilobate sopra l'altare è diviso in pannelli incorniciati, rettangoli di giallo inquadrati in nero. Nella fascia architettonica è impiegato il color porpora come <parete> di fondo, su cui sono collocati gli epitaffi. Strisce verdi si allungano sotto i pilastri rosa ai lati dell'abside e sotto le colonne brune del tabernacolo. Lunghi pannelli orizzontali rosa sono inseriti sopra gli epitaffi e il bruno viene ripreso nel fregio della trabeazione ininterrotta in cima” (pag. 55).

Quindi il colore è usato in modo strutturale e serve a Bernini a definire con maggiore precisione i settori architettonici. Addirittura le venature sono attentamente scelte:

nelle parti strutturali predominano i marmi striati e sfaccettati – in zoccoli, pilastri, trabeazione; negli elementi non strutturali … prevalgono invece pietre screziate e maculate” (pag. 56).

Santa Maria in via Lata

La concavità dell'abside ha al centro il tabernacolo, spartito da colonne binate, con un'antica immagine della Madonna attribuita addirittura all'evangelista Luca, e sui lati a destra e sinistra i busti dei coniugi D'Aste, i committenti, inseriti in un medaglione. Di nuovo quindi, e forse per la prima volta se questo progetto è il primo della serie, due defunti si fronteggiano e dialogano con i visitatori; i medaglioni sono inseriti in una composizione marmorea originale, che consta di un grande drappo a muro sul quale è tracciato l'epitaffio e sul quale trovano posto altri oggetti come corone, stemmi, ghirlande e teschi.

Per arrivare a Santa Francesca Romana si può procedere a piedi, attraversando Piazza Venezia e incamminandosi verso il Colosseo. La chiesa sorge in pratica dentro i Fori, sulle rovine di un tempio, ma il suo accesso avviene dal viale dei Fori Imperiali; la parte berniniana è la Confessio, davanti all'altare maggiore, e risale proprio alla scelta di tumulare qui i resti della Santa. Datata tra il 1638 e il 1648, l'opera è quindi successiva alla più nota Confessio di Santa Cecilia in Trastevere e ne riprende alcuni elementi. L'attenzione di Lavin è rivolta dapprima alla forma circolare della confessio e ai suoi richiami classici, come i tempietti circolari destinati a ospitare statue:

Il suo [di Bernini] quasi-tempietto si fonde completamente con il contesto in cui si trova. Presa nel complesso, la confessio offre un tipo nuovo di ambiente, in cui la scultura afferma la propria indipendenza, ma resta rinchiusa in una più ampia totalità” (pag. 64).

Confessio di Santa Francesca Romana

Esaminata la composizione, che unisce parti concave e convesse, Lavin punta sulle figure scolpite, che sono la Santa e il suo angelo custode; anche in questo caso, valgono le testimonianze scritte, che raccontano i dettagli delle estasi di Francesca e di apparizioni miracolose. Lavin pertanto, sulla base della documentazione, spiega la posizione inginocchiata della santa secondo due criteri, come scelta tradizionale e come scelta simbolica;

Qui Francesca è in ginocchio, con le braccia sul petto, mentre l'angelo tiene il libro. Si è detto che la figura della santa inginocchiata in preghiera sul suo sarcofago è legata alla tradizione dell'effigie sulla tomba in atto di perpetua adorazione. […] In questo contesto si può capire il trattamento berniniano del gruppo … perché il gruppo si riferisce a un miracolo eucaristico” (pag.65).

Per risalire dalla valle dei Fori sino in cima al Quirinale sarà utile a questo punto un mezzo pubblico diretto a Termini o a Piazza Fiume. La piccola chiesa di Santa Maria della Vittoria si trova in pratica affiancata alla Santa Susanna di Carlo Maderno, nella trafficata piazza omonima, e per quanto elegante il suo aspetto esterno non preannuncia certamente il preziosissimo interno. La navata unica, le cappelle laterali, il transetto e l'abside sono per una volta coerenti, interamente barocchi e – se si vuole – un po' eccessivi, come è implicito nello stile stesso. I colori, i marmi, gli stucchi, e i dipinti a parete o sul soffitto, creano un'atmosfera compatta, che fa da perfetta cornice e ambiente alla cappella Cornaro di Bernini, che di fatto costituisce interamente il transetto sinistro della chiesa.

La Cappella Cornaro

Opera citatissima, mille volte imitata, trasformata spesso in paradigma per confermare l'ambiguità erotica del barocco, e di Bernini stesso, l'Estasi di Santa Teresa non finisce di stupire. Irving Lavin la analizza da maestro e da profondo conoscitore, dopo averci condotto per mano dentro Roma a rintracciarne la strada progettuale. Ora non ci stupiamo più della presenza dei Cornaro sui palchi, non ci chiediamo chi sia l'angelo, e non abbiamo dubbi che Teresa, nella sua ambigua espressione, stia in realtà morendo sotto i nostri occhi. Non è solo teatro ambiguo, ma spettacolo reale e intriso di fede della sublime agonia dello spirito divino. Nessuno naturalmente ci impedisce di psicanalizzare Bernini e i suoi committenti, ma la progressiva ricerca di Lavin ha lo straordinario pregio di farci guardare l'opera con occhi divenuti esperti.

Sono circa settanta le pagine dedicate all'opera nel volume dell'Elefante, di cui rappresentano la seconda parte; si dividono in: Introduzione, Ambiente architettonico e tabernacolo, Commemorazione della famiglia Cornaro, L'illuminazione della nicchia dell'altare e la forma della pala, La pala d'altare: l'estasi di Santa Teresa, Il paliotto dell'altare, La decorazione della volta, Il pavimento funerario, Le porte della morte, Conclusione: la creazione del paradiso del Bernini. La completezza del testo, che analizza tutti gli elementi dell'opera, comprese parti spesso trascurate, è ulteriormente arricchita dall'apparato fotografico che si avvale, come già ricordato, di autori prestigiosi. Nell'introduzione Lavin ricorda il suo lavoro con Angelo Carletti, con parole toccanti:

Io piazzavo l'apparecchio, fissando l'angolazione e la distanza, e poi Carletti operava le sue magie con lenti e luci. Non calcolava mai uno scatto con l'orologio, lo <cuoceva> sino al punto giusto; e non fissava mai le luci, ma con esse <dipingeva> le sculture per ottenere gli effetti voluti (le parole tra virgolette sono sue). Era semplice e modesto, ma incantevole; piccolo, instancabile, incredibilmente energico, con occhi scintillanti e uno spirito caustico e sempre pronto, avrebbe potuto essere il Bernini redivivo” (pag. xiii).

E in effetti le immagini sono superlative, tali da non far rimpiangere – incredibilmente - l'uso del bianco e nero in un'opera barocca piena di colori! (Si veda il mirabile dettaglio della mano di Teresa che ho prelevato dal libro). Si potrebbe dire anzi che Lavin e Carletti abbiano creato una lettura analitica della Cappella Cornaro tramite la fotografia.

La mano destra di Santa Teresa

Vista la quantità delle informazioni, sarebbe tedioso cercare di riassumere il tutto, e mi sembra di maggior efficacia citare in parte il brano finale del volume, in cui Lavin riassume magistralmente le sue proprie conclusioni:

Possiamo infine riassumere quale sia il significato della cappella di Teresa. E forse con una certa sorpresa si vedrà che si può farlo in termini molto semplici: i morti sorgono con ardore dalle tombe; Cristo istituisce l'Eucarestia sull'altare; Santa Teresa in gloria (vale a dire, trasverberata, comunicantesi, spirante e sposa di Cristo) intercede per noi; i membri della famiglia Cornaro portano la loro testimonianza; lo Spirito Santo discende, gli angeli festeggiano e i cherubini completano la decorazione della cappella. […]
Gli elementi decorativi sono gli ingredienti che un mago benigno ha raccolto con una formula occulta e a cui ha dato vita con un magico incantesimo" (pag. 151).

La formula occulta, il magico incantesimo … Nonostante queste parole piene di mistero, Irving Lavin spiega e vede nel motto scritto sul cartiglio, sorretto da due angeli all'ingresso della cappella, la chiave dell'incantesimo: “Nisi caelum creassem ob te solam crearem” (Se non avessi creato il cielo, lo creerei solo per te).
E' Dio che parla rivolgendosi a Teresa. In quella frase possiamo cogliere da un lato la venerazione per la Santa e dall'altro l'essenza dell'arte berniniana, miracolosamente in equilibrio tra la caducità delle cose e l'eternità della fede.

 

Scheda tecnica

Irving Lavin, Bernini e l'unità delle arti visive, Roma, Ed. Elefante (1a ed. 1980) 2006, ISBN-13: 9788871760711, Euro 50,00 (rintracciabile on line)

N.B. Nel 2012 Lavin ha pubblicato il terzo volume della sua grande ricerca su Bernini, Visible Spirit, The Art of Gianlorenzo Bernini. I tre volumi di grande formato sono tutti pubblicati da Pindar Press.

 

 

 

 

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