Dentro e fuori Olafur Eliasson

  • Stampa

Una grande sala vuota, pareti bianche, soffittto ottocentesco, infissi eleganti, fuori dalle finestre un prato. Siamo al primo piano del Martin-Gropius-Bau di Berlino, l'opera d'arte in esposizione, ideata nel 1998 da Olafur Eliasson col titolo di Succession, è il prato, 81 metri quadrati di terreno sollevato da terra grazia a robuste impalcature e visibile solo da lì. Più avanti, dalle finestre di un'altra sala si vedono le finestre di un vicino palazzo, alle quali si affacciano persone ... che sono le nostre immagini riflesse! Anche questa parete specchiante, di impressionante nitidezza, è stata installata all'esterno per creare all'interno un qualcosa che non vuole sembrare vero, ma che semplicemente è vero: The curious Museum è di oggi, del 2010.

E' difficile descrivere con parole o immagini l'opera artistica di Eliasson, il giovane artista danese che in questo momento è sicuramente una delle figure più avanzate dell'arte contemporanea. Giovane perchè nato nel 1967 a Copenaghen, sulla cresta dell'onda da almeno un decennio, consacrato da innumerevoli mostre e trionfi di pubblico (in particolare la spettacolare installazione The Weather Project nella Tate Modern di Londra che fu visitata da due milioni di persone), Eliasson possiede un background formativo di particolare originalità, essendo danese di nascita, islandese di origine, tedesco di adozione e anglo-americano di fama. Berlino, la città dove lavora e insegna in un istituto universitario tutto suo, gli ha dedicato una mostra nella sua struttura espositiva di maggior prestigio dall'aprile all'agosto del 2010; è la prima grande rassegna in casa dell'artista, per il quale la lontana San Francisco ha creato una spettacolare retrospettiva, da due anni ormai in giro per il mondo (in Australia nel 2010).

Eliasson, per tornare al punto di partenza, non crea immagini o figure, ma costruisce situazioni destinate ai visitatori; in gran parte delle sue ultime opere il titolo inglese è preceduto da Your, vostro o tuo che sia, la vostra opera, la tua opera, perchè senza di te l'opera non esiste dice Eliasson. In tre sale vuote del Martin-Gropius-Bau potenti proiettori di luce alogena sono accesi per terra, l'opera Your uncertain shadow è costituita dalle ombre mutevoli, colorate, incredibilmente segmentate o sovrapposte, dei visitatori, che giocano con i loro stessi profili sul muro.

Your uncertain shadow

Di fatto, sembrano due gli ambiti di maggior interesse dell'artista: da un lato la geometria, la razionalità, la specularità, rappresentate tramite oggetti caleidoscopici e in qualche caso vicini ad una sorta di variante vertiginosa del minimalismo; dall'altro lato l'attenzione e l'analisi dei fenomeni naturali, come il vento, la pioggia, le cascate, la nebbia, che l'artista imita creando peraltro qualcosa di assolutamente innaturale. A unire i due ambiti, la luce artificiale, che di fatto è il cuore della ricerca di Eliasson, sia come strumento sia come protagonista.

La mostra di Berlino, salvo poche eccezioni, proponeva le ultime concretizzazioni della infinita fantasia visiva di Eliasson. Si entrava nell'esposizione camminando su lastre autentiche prese dai marciapiedi della città, una specie di passerella che si conclude girando verso una finestra, per poi trovarsi di fronte a una grande lastra d'acciaio specchiante e deformante denominata paradossalmente Mercury window. Appesa a un soffitto una bussola sui generis, l'ago di legno e magnete girava in un cerchio di acciaio; ritornava nella sala dei modelli questa Reality compass, in un video che la mostra appesa dentro il ristorante mobile della torre di Alexander Platz.

La sala dei modelli, sempre presente nelle esposizioni dell'artista danese, era del tutto incredibile - anche perchè arrivava subito dopo il vuoto astratto delle ombre colorate: un tavolo di oltre cento metri quadrati reggeva centinaia e centinaia di oggetti, alcuni compiuti, altri abbozzati, sovrapposti, appesi e mescolati con superfici riflettenti e con videoproiettori che riversano immagini sulle superfici degli oggetti stessi, schermi improbabili eppure studiatissimi come i modelli stessi. Gran parte dei modelli di Eliasson e dei suoi collaboratori sono in cartone o metallo o legno, volumi geometrici a fil di ferro, simili alle coperture di Buckminister Fuller o ai solidi platonici, altre volte del tutto originali e complessi. La sala appare allora simile a un laboratorio di idee, e interrompeva il percorso quasi sognante della mostra con una fortissima ricaduta nella realtà delle cose.

Models are real è il titolo di un breve scritto di Eliasson, dal quale si arguisce che per lui la progetteazione non consiste di fasi distinte, ma di un unico momento, nel quale la forma diventa oggetto. L'oggetto d'arte può essere tangibile, virtuale, odoroso, visibile, può essere grande pochi decimetri o varie decine di metri e la sua esecuzione può essere affidata a carta, a pellicola, a un computer, a metallo. Ma ogni opera d'arte è in partenza un modello e i modelli sono reali.

Il film di dieci minuti Innen Stadt Aussen (Interna città esterna, ma Innen Stadt è anche il centro città), che dà titolo alla mostra di Berlino, è una sintesi visiva delle idee dell'artista: un camion porta in giro per Berlino uno specchio verticale e viene filmato mentre sposta la grande immagine riflessa insieme allo sfondo del suo movimento. E' un risultato mobile e spiazzante, vediamo due immagini opposte affiancate, spesso incastrate, a volte complementari, a volte in fuga una dall'altra.

Mikroskop

Nella sala centrale del grande palazzo dedicato a Martin Gropius, architetto berlinese dell'Ottocento (zio del fondatore del Bauhaus), Eliasson spende i suoi specchi al limite dell'incredibile: si chiama Mikroskop, ovvero centinaia di metri quadrati di superfici specchianti montate ad arte sotto una porzione del tetto della sala, per riflettere all'infinito e comporre una nuova impossibile entità. Gli spettatori si scoprono a guardare se stessi nel vuoto infinito, un caleidoscopio architettonico composto dalla ripetizione della copertura in ferro e vetro del tetto, che diverte e stupisce probabilmente come certe trovate barocche di secoli fa.

All'opposto, nell'intimità di alcuni spazi invisibili, Eliasson monta le sue macchine umidificanti che formano la nebbia, resa spessa e misteriosa dalle luci colorate che la investono. Gli spettatori si aggirano, quasi ciechi, nei vapori cangianti, aiutandosi con le mani per non urtare i muri o i compagni di ventura: Your blind movement! Apoteosi della virtualità, la scarsa visione nei bagliori colorati rappresenta al meglio la fragilità della nostra esistenza, ma anche il suo fascino misterioso.

 

Scheda tecnica
Innen Stadt Aussen si è svolta dal 28 aprile al 9 agosto 2010 presso il Martin-Gropius-Bau di Berlino. Gran parte delle opere saranno nuovamente esposte nelle prossime mostre internazionali di Olafur Eliasson.