Rosa Gísladóttir ai Mercati di Traiano

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Fig. 1Plexiglass, jesmonite, plastica e alluminio sono i moderni materiali con cui sono stati realizzati gli oggetti di Rosa Gísladóttir, che animano la mostra Come l’acqua come l’oro, curata da Sabine Frantellizzi in collaborazione con l’Ambasciata islandese in Italia.
 L’Ambasciata si è proposta di promuovere la propria cultura e la propria arte al di fuori dei confini e di rafforzare i legami tra il mondo islandese e quello italiano, agli antipodi del continente europeo. L’esposizione ha luogo presso i Mercati di Traiano dal 22 giugno al 23 settembre, negli spazi della Grande Aula e della via Biberatica. 
Spinta dall’interesse per gli oggetti di uso comune o quotidiano, da sempre connessi con la civiltà umana e la sua evoluzione, Rosa Gísladóttir, nata nel 1957 in Islanda, vive e lavora nella sua isola; insieme al soggiorno a Manchester dal 1999 al 2003, dove ha completato un master in Arte ambientale, questa passione l’ha portata ad avere un approccio più rispettoso verso la natura, anche nel momento in cui essa si trova a congiungersi con l’arte. Gísladóttir si é diplomata presso l’Accademia delle Belle Arti di Monaco di Baviera nel 1986, sotto la supervisione di Eduardo Palozzi, pioniere della scultura pop art.
Le 12 opere si accostano alle fotografie della modella Bianca Balti e si alternano con le imponenti geometrie e simmetrie delle antichità architettoniche, così da suscitare una dovuta riflessione sul contrasto tra i fasti del passato e il consumismo del presente, ma anche sulla continua ed ingombrante presenza dell’uomo nella natura durante il susseguirsi delle varie epoche; é una sfida al presente mediante il collegamento di due universi distinti, ma correlati.
La riflessione ha inizio già a partire dal titolo che l´artista ha assegnato alla mostra: Come l’acqua, come l’oro… deriva da un verso del poeta greco Pindaro (518 – 438 a. C), inciso su una delle opere esposte, un icosaedro: “L’acqua è ottima, ma l’oro è splendente”. La frase ci rammenta la bellezza e la preziosità dell’oro ed evidenzia quanto ancor di più lo sia l’acqua. Si potrebbe benissimo vivere, anzi esistere, senza il primo elemento, così costoso e ricercato, ma non senza il secondo, verso il quale noi esseri umani non riserviamo una gran cura, ostinandoci ad inquinare l’ambiente e l’acqua stessa, tramite l’abuso di materiali tossici per la “madre terra”.
Fig. 2L’artista islandese vuole poi rispondere alla necessità di rappresentare l’essere umano attraverso i suoi utensili e sottolinea come, sia nell’antichità che nell’evo a noi contemporaneo, si sia circondato sempre della medesima tipologia di strumenti di uso comune come bottiglie, vasi e lampade. I riflettori vengono puntati sulla disattenzione della gente nei confronti dell’ambiente che gli sta intorno, specialmente quando si trova a non consumare solo quello di cui ha realmente bisogno ma anche ciò di cui ha semplicemente voglia.
Secondo la visione della Gísladóttir, questo atteggiamento porterà gli archeologi del futuro a trovarsi di fronte a imponenti masse di plastica, oggetti di alta tecnologia e indumenti da catalogare e, in un certo senso, da interpretare. Gli abitanti del nostro pianeta sembrano non rendersi conto di essere ciò che consumano, che producono, che utilizzano e che distruggono.
Quando ci addentriamo nella Grande Aula e ci troviamo di fronte agli oggetti che rappresentano, in maniera concreta, almeno una parte del pensiero “Gísladóttiriano”, si rimane colpiti dall’enorme Kantharos in jesmonite (Fig. 1); moderno tipo di stucco, la jesmonite é un materiale duttile e rinforzabile, adattissimo per simulare altri materiali. Il Kantharos è stato realizzato nei primi mesi del 2012 e si ispira al Kantharos presente in un rilievo del 113 d.C del Tempio di Venere Genitrice. Accanto al Kantharos è il Calix, sempre in jesmonite (Fig. 2), che riproduce un particolare del fregio con grifoni e candelabri delle esedre del foro di Traiano del 112 d.C.
Fig. 3Una delle composizioni principali del settore interno del Museo dei Fori Imperiali è Fossilium, un’opera costituita a sua volta da una moltitudine di piccole sculture, realizzate in gesso e alluminio (Fig. 3); con maestria, la Gísladóttir le dispone su alcune mensole, all’interno di una delle tabernae. Più nel dettaglio, ci si trova di fronte a dei “calchi”, a imitazione degli oggetti di uso comune della nostra quotidianità che dovranno essere poi scoperti nei futuri scavi archeologici. Se il visitatore avvicina lo sguardo su di essi, riconosce gli involucri di celebri bevande di thè freddo, contenitori di yogurt, stampini per i dolci, bicchieri di plastica, tutti prodotti in Inghilterra nel 2002 e in Islanda nel 2012.
Sempre nelle zone interne assistiamo ad un cambio di materiale con la Columna, interamente realizzata con bottiglie di plastica riempite di acqua colorata ed illuminate con luce artificiale. La disposizione delle bottiglie ci ricorda le scalanature tipiche della colonna greca di stile dorico, dove gli spigoli caratterizzano il fusto tramite chiaroscuri qui riprodotti, in un certo senso, dall’illuminazione artificiale. Simile ad essa, composta per una seconda volta dall’utilizzo di bottiglie di plastica, è l’Ampulla (Fig. 4) con cui la Gìsladòttir ripropone la versione contemporanea ed ingrandita di un Alabastron (piccolo vaso per unguenti e olii profumati molto in voga nell’antica Roma) conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Se ci spostiamo nel settore esterno della mostra, sulla via Biberatica veniamo rapiti dall’imponenza di tre oggetti in jesmonite: il primo di essi è lo Scutum, che riprende lo stile degli scudi dei Daci in rilievo sulla Colonna traiana del 113 d. C., il secondo è il Glans che si riferisce ad un particolare della patera (piatto rituale) sorretta da una delle cariatidi sull’attico dei portici del Foro di Augusto (2 a. C.), e dulcis in fundo (è proprio il caso di dirlo) abbiamo Forma dulcis, sempre in jesmonite, collegata con le forme da pasticceria in bronzo rinvenute a Pompei.
Fig. 4La conclusione di tutto si trova infine nello Speculum temporis (Fig. 4); l’artista precisa, nella descrizione dell´opera, che non si tratta unicamente di un’opera d’arte, ma anche di un punto di partenza per riflettere su quanto appena osservato, sul mondo che ci circonda e sul nostro rapporto con esso. E’ un luogo dove siamo in grado di mettere da parte ogni nostro orgoglio e convinzione per fare i conti con noi stessi, guardandoci dentro. Dal punto in cui è stato collocato lo Speculum, ci è possibile scrutare il panorama circostante, la via dei Fori Imperiali, quindi l’antica Roma, e indugiare sul passato. Dopo aver analizzato le nostre azioni, solo allora, potremo guardarci di nuovo attorno e proiettarci, assumendoci le nostre responsabilità, nel futuro.
La mostra si trasforma in una vetrina impossibile seguendo l´ipotesi che un archeologo prossimo venturo si trovi di fronte a scavi che, accanto a imponenti resti del passato, propongano masse di rifiuti in plastica, non deteriorabili e incompatibili con la natura. La scultrice islandese realizza gli oggetti aderendo alle forme antiche ma utilizzando materiali moderni, con una triste ironia da un lato e con un’arguta e vivace voglia di indagare il futuro dall’altro, adagiandoli a terra delicatamente, come se provenissero da un lungo viaggio ideale. Attraverso la ri-creazione delle loro forme e delle loro utilità, gli oggetti di uso comune vengono dapprima trasformati in monumenti dal design anonimo e, in seguito, in opere portatrici di una luce finalizzata a schiarire la nostra personale visione del mondo, tra passato, presente e futuro incessantemente in dialogo tra loro.

Didascalie delle immagini
Fig. 1, Rosa Gísladóttir, Kantharos, 2012, jesmonite, 2.4 x 1.7 x 1.7 m.
Fig. 2, Rosa Gísladóttir, Calix, 2012, jesmonite, 1.90 x 1.49 x 1.90 m.
Fig. 3, Rosa Gísladóttir, Fossilium, 2002 – 2012, jesmonite, 3 x 0.15 x 3 m.
Fig. 4, Rosa Gísladóttir, Speculum temporis, 2012, alluminio riciclato, 1.9 x 1.9 x 2 m.

Scheda Tecnica
Come l’acqua come l’oro… Rosa Gísladóttir, dal 22 giugno al 23 settembre 2012, Mercati di Traiano- Museo dei Fori Imperiali, Via IV Novembre 94, Roma.
Orario: Martedì-Domenica dalle ore 9.00 alle ore 19.00. La biglietteria chiude un’ora prima.
Giorni di chiusura: lunedì. Biglietti: Intero 10 euro; ridotto 8 euro