Dies Irae. Giudizi Universali alle Gallerie dei Gerosolimitani di Perugia

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Fig. 1Luogo medievale, criptico e solenne, il “Complesso della Casa della Commenda di San Luca dei Cavalieri dell'Ordine del Santo Sepolcro Gerosolimitano Laus Deo” di Perugia – oggi Gallerie dei Gerosolimitani – ospita una mostra che, dalle rime duecentesche di Tommaso da Celano, ribalta l'ekphrasis longhiano traducendo in immagini le parole del requiem del francescano: “Dies irae dies illa dies tribulationis et angustiae dies calamitatis et miseriae”, profezia del Giorno del Giudizio.

Il tema della mostra, formulato dal curatore Rob Smeets, gallerista di calibro internazionale, si vuole riconnettere agli eventi culturali perugini del 2012, celebrativi dell'artefice del ciclo di affreschi del Giudizio Universale nella orvietana Cappella di San Brizio, Luca Signorelli.

Le antiche stanze delle Gallerie, sovrastate da suggestivi archi a crociera, vanno ad accogliere le opere – incatenate da un'atmosfera luministica dolce e soffusa che esalta i chiaroscuri di ogni tela e le forme tornite delle sculture – di artisti contemporanei tedeschi, olandesi, spagnoli e italiani che riaffermano quel loro antico e originario incarico, di cui le arti figurative furono ufficialmente investite da Gregorio Magno: tradurre i testi sacri in biblia pauperum, perché l'arte figurativa è una lingua universale.

L'artista traduce un messaggio sacrale e lo rende recepibile all'occhio meno esperto, come furono in passato i mosaici bizantini o le sculture delle cattedrali di Reims, di Chartres. E lo spettatore di oggi, come il fedele del passato, si trova dinnanzi ad immagini dirette. Una Gerusalemme Celeste (Henk Helmartel, La Gerusalemme Celeste, 2012) si materializza nell'abside di una chiesa, un angelo emerge da un terso fondale rubino e dispiega le ali (Piet Sebens, Dies Irae H/h, 2012) posto a custode di una vita ultraterrena sigillata nella cassa su cui siede, un volto si contorce dal dolore della dannazione (Luigi Scarpella, Black Soul).

Gli artisti sono tornati alla figurazione. Alcuni avanzano sulla tela per fitte e impercettibili pennellate ad olio richiamando la tradizione fiamminga quattrocentesca, come il superbo polittico Dies Irae dello spagnolo Dino Valls (Saragozza, 1959), crasi di misticismi religiosi, simbolismi numerici a richiamo dell'Apocalisse e psicanalitici rebus che intrappolano passato e contemporaneità, dai tarocchi e antichi vasi da farmacia al minuscolo orologio digitale che illumina un angolo della tavola centrale, come una sveglia posta sul comodino, o i mementi mori e le Vanitas di Maurizio Bottoni e Arnout van Albada, che sembrano voler riesumare formule caravaggesche e lenticolari descrizioni fiammingheggianti e leonardesche.

Fig. 2Altri si volgono alle avanguardie del Novecento. Stefan Hoenerloh (Karlsruhe, 1960), attivo oggi a Berlino, traduce l'idea di Città Terrena in architetture caotiche e romantiche, rese per pennellate espressionistiche e colori freddi, di chiara e fedele ascendenza germanica, dove si coniugano armoniosamente ricordi gotici ed espressionistici alla Brűcke”. Una solitudine opposta agli idilliaci interni di Helmantel e ai fondali vellutati di Gerrit Wijngaarden (Dies Irae Ignudo, 2012) che, imponente dinnanzi all'ingresso delle Gallerie, è gridata dall'Angelo della Salvezza di Alessandro Papetti (Milano, 1958), per grandiosità di formato, per tenebrosità nei colori violacei e per drammaticità della pennellata che dà vita ai volti dei personaggi.

L'Espressionismo quale verbo del disagio della pittura, tema affrontato spesso dal pittore milanese, è intercalato in un'approfondita conoscenza della tradizione tecnica e figurativa italiana, fiamminga, tedesca e olandese: per l'appunto le aree geografiche di provenienza dei singoli artisti. È insito il messaggio della necessità di guardare al passato per avanzare verso il futuro.

Fig. 3Così strutture goticheggianti si fondono con avanguardie novecentesche, si alternano a opere impressionistiche – La Città Celeste di Jaap Roose ne offre un suggestivo esempio, con la svettante e candida facciata del duomo di Orvieto stagliata contro un cielo degno di un nuovo Pissarro – e a disegni geometrizzanti e caldi colori nei quadri che concludono l'esposizione, opere di Marco Petrus, che con La città terrena sembra volersi affacciare alla Op-Art epurandosi totalmente della presenza umana, e di Peter Van Poppel, oggi nome di punta del Realismo Lirico olandese, che riassume in una eclettica vivacità coloristica la vita dell'artista, elevandolo a Demiurgo in grado di cogliere la luce divina attraverso la luce reale.

Le sculture seguono un filone parallelo a quello delle pitture, tradizione e contemporaneità; attraverso tecniche codificate da secoli, immagini nuove si mostrano consapevoli del bagaglio iconografico di secoli di pittura e scultura sacra.

Le terrecotte rosse di Romano Cosci (Seravezza, 1939) rievocano l'albertiano concetto di scultura “per via di porre”, lasciando le superfici scabrose, come se si trattasse di un bozzetto pronto per iniziare la colata in bronzo. La schiettezza della materialità argillosa vibra come la superficie delle pitture grasse di Hoenerloh. Il modus operandi dello scultore lucchese anima di violenza luministica la prima tragedia biblica, negli arti tesi di Caino e nella terrificante espressione trasfigurata della vittima; i bronzi del bresciano Tullio Cattaneo (1951), levigati e parzialmente dorati, si articolano in torsioni memori del Bernini, in dialogo stretto con tutta la storia della scultura: tutta la sua opera, come le sculture in mostra a Perugia, è pervasa di un forte senso d'appartenenza culturale. Poste in rapporto dialettico con la tradizione passata della Penisola, le figure concitate del bresciano ci ricordano che “siamo nani sulle spalle di giganti”.

Fig. 4L'omaggio a Luca Signorelli, eseguito da un altro scultore di Brescia Giuseppe Bergomi (Brescia, 1953), che ripropone una Reincarnazione in bronzo, rammenta la necessità di tornare a colloquiare con la realtà carnale, tangibile che, dal nostro Rinascimento, aveva visto l'arte come scienza indagatrice della Natura.

A cornice de L'Angelo della salvezza di Alessandro Papetti, che in un volo di striature purpuree strappa dalla dannazione i corpi risorti, troneggiano la Black Soul e la White Soul di Livio Scarpella.

Due terrecotte finemente lavorate quasi a volersi trasformare nel traslucido quarzo che portano incastonato al loro centro: nero morione per l'anima malvagia, bianco ialino per l'anima pia. Le due figure a mezzo busto, formato celebrativo nobiliare dall'antichità a oltre l'Ottocento, portano il capo velato sotto cui una ringhia e grida, intanto che l'altra socchiude gli occhi pronta al sonno eterno.

Fig. 5Lo scultore di Ghedi plasma in un'iconografia mista di simbolismi vecchi e nuovi le due vie possibile della vita terrena: verso la salvezza o verso la dannazione.

La ricerca posta dal percorso tematico dell'esposizione alle Gallerie dei Gerosolimitani si pone su questa dicotomia. Anime salve, anime dannate, unite dalla mortalità del corpo, sullo sfondo della fine della Gerusalemme Terrena e l'avvento della Gerusalemme Celeste.

In un'attesa del Giudizio Universale, l'immagine apocalittica continua a riscuotere successo ancora oggi, così come in tutta la passata storia dell'arte, da Giotto a Hieronymus Bosch, da Luca Signorelli a Michelangelo Buonarroti.

Il Giudizio Universale ha la potenza di raggiungere un perfetto incastro di arti. Le parole si traducono in note e i canti in immagini: l'escatologia cristiana del Giorno del Giudizio in cui “Dio giudicherà tutti gli uomini, destinando chi al paradiso e chi all'inferno” (Matteo 25, 31- 46), fa sì che una mostra come Dies Irae riesca ad abbracciare appieno la percettività umana.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Dino Valls, Dies Irae, 2012, polittico composto da sette tavole, olio su tavola;

Fig. 2, Jaap Roose, La città celeste, Orvieto, 2012, olio su tela;

Fig. 3, Tullio Cattaneo, La resurrezione dei corpi, 2012, terracotta dorata;

Fig. 4, Arnout Albada, Cranium I, 2012, olio su tavola;

Fig. 5, Henk Helmantel, La Gerusalemme Celeste, 2012, olio su tavola.

 

 

Scheda tecnica
Dies Irae, a cura di R. Smeets, Perugia, 22 aprile- 23 settembre 2012, presso Le Gallerie dei Gerosolimitani via San Francesco, 8 06123 Perugia. La mostra propone altre opere, tra cui

Karel Buskes, In attesa del giudizio, 2012, olio su tela;

Herman Gordijn, Libera eas de ore leonis, 2012, olio su tela;

Herman Markard, Der kleine Erwin, 1990, caseina su tavola;

Andrea Martinelli, Gilda, l'angelo e la morte, 2012, tempera matita e pastello su cartone;

Neil Moore, The Grim Reaper, 2012, olio su tavola;

Peter Pander, L'ultimo giudizio, 2012, olio su tavola;

Nicola Samorì, Macchia cieca, 2011, olio su tavola;

Doriano Scazzosi, Contempleranno il suo volto e il suo nome sarà fra i loro occhi (Ap 22,4), 2012, trittico, olio e acrilico su tavola;

Roberto Stelluti, Dentro l'abisso I, matita su carta;

Kik Zeiler, Sebas, 2012, olio su tavola;

Andrea Zucchi, La sesta ora, 2012, olio su tavola;

 

Bibliografia

AA. VV., Dies Irae, Le Gallerie dei Gerosolimitani, Volumnia Editrice, Perugia 2012;

M. Cecchetti, Nunc caeno nunc sideribus... Prima dell'ultimo giorno, in Dies Irae, Le Gallerie dei Gerosolimitani, Volumnia Editrice, Perugia 2012, pp. 11- 18;

A. Torno, Introduzione, in Dies Irae, Le Gallerie dei Gerosolimitani, Volumnia Editrice, Perugia 2012, pp. 7-10.