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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Vermeer a Roma

 

Fig. 1Dopo qualche mostra di livello davvero scarso e di dubbia utilità culturale, le Scuderie del Quirinale ritrovano una parte della loro originaria qualità di scelte e di organizzazione, allestendo nei due piani espositivi una rassegna di quadri del tempo di Vermeer, tra cui otto tele del maestro di Delft e quarantotto di altri maestri fiamminghi.

L'idea della mostra è stata di affiancare ad alcuni quadri del celebre maestro altri quadri, simili per contenuto, dipinti dai suoi connazionali e contemporanei. La selezione tra le forse quaranta opere note di Vermeer è stata sicuramente condizionata dalla disponibilità al prestito da parte dei proprietari, ma essere arrivati a otto è per le Scuderie un ottimo risultato, quantificabile nella cifra iperbolica di oltre 600 milioni di euro con cui i quadri sono stati assicurati. Siamo ben lontani dai 23 Vermeer della bistrattata (per l'allestimento) mostra dell'Aja del 1996, ma negli ultimi vent'anni nessun'altra città ha potuto ospitare tanti Vermeer insieme, e tra questi almeno tre delle sue opere pù significative (“La stradina”, “La ragazza col bicchiere di vino” e “La ragazza con il cappello rosso”). E ancora non va dimenticato che tra i maestri che accompagnano Vermeer qui a Roma ci sono personaggi straordinari, in particolare Gabriel Metsu, che per decenni fu considerato superiore al poco studiato Vermeer, con cinque quadri, Carel Fabritius, allievo di Rembrandt e forse maestro di Vermeer a Delft, con due quadri, e Emanuel de Witte, straordinario “paesaggista di interni”, anche lui presente con due quadri.

Fig. 2La mostra è ben distribuita e arredata, con pannelli alti e colorati a far da cornice alle tavole, ma ancora una volta pecca nell'illuminazione, che non disturba solo se ci si trova ben di fronte al quadro, mentre crea riflessi non appena si esce dalla giusta posizione. Qualcuno un giorno dovrà dare lezioni ai tecnici delle Scuderie, e anche del confratello Palaexpo, per evitare soluzioni dilettantesche in allestimenti di alto livello.

Ma nulla può togliere ai fiamminghi del Seicento la loro impressionante capacità di descrizione, il realismo dei dettagli, la potenza della luce e le composizioni apparentemente banali e invece calcolate al millimetro. Le sale si succedono inquadrando temi e situazioni simili, partendo dalle vedute di Delft per arrivare ai ritratti. Il visitatore cerca il nome di Vermeer e fa male, perché Vermeer è solo in parte il migliore del gruppo; le luci dorate e i dettagli, le espressioni create dal maestro sono eccelse, ma non credo si possa negare che in almeno due opere Metsu è all'altezza di Vermeer e che il ritratto molto rembrandtiano di Fabritius è un capolavoro assoluto. Nel loro insieme poi, anche le opere minori degli altri artisti formano uno splendido corollario ai quadri più importanti e non demeritano affatto.

Nella prima sala, “La stradina” di Delft (Fig. 1) ci fa da introduzione; due persone, forse due ragazzi, inginocchiate sul marciapiedi, nella porta una donna che ricama, un'altra donna che pulisce in un vicolo in mezzo alle due case, le grandi finestre e il cielo nuvoloso sono i protagonisti, insieme alla strada stessa vista nel suo acciottolato, le pietre bianche in primo piano che formano la scena. Il mondo di Vermeer è un mondo sospeso, non vi accade nulla di importante, ma neppure a questa assenza di azione il pittore sembra dar peso, come se le cose e gli uomini fossero uguali. La scarsa stima che Vermeer incontrò al suo tempo e fino all'Ottocento potrebbe derivare proprio da questo suo non essere neppure popolare, neppure ironico, neppure sentimentale. Solo i tempi nostri hanno saputo apprezzare le descrizioni di un'attesa e il sublime incanto di un'assenza totale. Sembra qui di scorgere una via dell'arte che da Vermeer trova una sponda in Eduard Manet e poi nel Novecento in Edward Hopper, nella capacità miracolosa di descrivere qualcosa che non c'è, o che non c'è ancora.Fig. 3

Dopo alcune vedute, tra cui quelle splendide di de Witte che descrive gli interni gotici di Delft, e dopo due sante Prassede  (due quadri quasi uguali, uno attribuito con qualche dubbio a Vermeer, l'altro all'italiano Ficherelli, che possono essere ignorati dal visitatore, soprattutto perché non hanno molto in comune con il resto delle opere), la quarta sala ci offre una serie di immagini di personaggi dell'epoca, giocatori, domestici, musicisti, con quadri notevoli di Metsu, di Pieter de Hooch, di Gerart ter Borch. E' un preambolo alla quinta sala, dove ci aspetta la “Giovane con un bicchiere di vino” (Fig. 2), interno tipico di Vermeer (si suppone che siano quasi sempre le camere di casa sua), qui arricchito da tre personaggi, da un quadro sulla parete di fondo e da una finestra sulla sinistra, riccamente spartita a piombo e raffigurante tra l'altro una figura allegorica della Temperanza, in opposizione all'immagine di scarsa virtù rappresentata dai bevitori. La luce investe una caraffa e la tovaglia azzurra del tavolo sullo sfondo, ma il rosso del vestito in primo piano prende il sopravvento. Anche qui è soprattutto Pieter de Hooch ad accompagnare Vermeer, e il confronto tra i due, condotto in negativo, ci aiuta a comprendere meglio la grandezza non facilmente descrivibile del protagonista.Fig. 4

Al secondo piano della mostra, un gruppo di ritratti incornicia quello celeberrimo della “Ragazza col cappello rosso”, piccolissimo e inafferrabile (Fig. 3), dettaglio quasi di una composizione maggiore. La luce investe il viso della ragazza, e ne sottolinea di nuovo l'espressione sospesa, mentre il gomito appoggiato e rivestito di broccato azzurro si spinge verso di noi. Accanto a lei, a sinistra, un autoritratto di Carel Fabritius (Fig. 4), morto nella tragica esplosione del 1654 a Delft, che ci consegna qui una citazione letterale di Rembrandt, mentre appare molto più vicino a Vermeer nell'altro ritratto, a destra, di “Donna con orecchino di perla”, vivace e incisivo.

Fig. 5La seconda sala (settima nel complesso) del piano superiore è la sala da musica, con cinque quadri che cirondano la “Suonatrice di liuto” di Vermeer (Fig. 5). Sono note le varie ragazze con virginali, clavicordi e strumenti a corde dipinte dai fiamminghi, e qui se ne possono apprezzare gli accordi pittorici; nel quadro di Vermeer, all'espressione un po' strana della ragazza, cui non giova il riflesso diretto della luce sul volto e sugli occhi, fa da controparte l'oscurità morbidissima e rarefatta della stanza e la bellissima carta geografica sulla parete, un'Europa già perfettamente delineata. Qualcosa di simile si vede ne ”L'astronomo a lune di candela” di Gerrit Dou nella sala successiva, un quadro appunto scuro e appena rischiarato da una candela sul globo celeste.

Fig. 6Per ritrovare Vermeer si deve arrivare alle ultime sala, con la “Ragazza seduta al virginale” e l'altra “Ragazza in piedi davanti al virginale”, ma sulla strada ci sono anche due capolavori di Metsu e questa volta il maestro di Delft finisce per esserne quasi schiacciato. La “Donna che legge una lettera” e il parallelo “Uomo che scrive una lettera” (Fig. 6) vengono considerati tra i capolavori di Metsu, e si afferma spesso che in entrambi egli si sia ispirato a Vermeer. Vista la scarsezza dei dati che abbiamo sulla vita dei due pittori, tali affermazioni lasciano il tempo che trovano. Quello che è certo è che la bellezza dei due quadri è straordinaria; soprattutto il secondo, nella perfezione impressionante dei dettagli e nella composizione assolutamente limpida, appare anch'esso sospeso in un'atmosfera rarefatta, chiarissima eppure misteriosa, sottolineata “alla Vermeer” dalla finestra aperta dietro cui si intravvede un globo terrestre.

La fine della mostra propone con evidenza un quadro che sarà anche grande e dipinto con perizia, ma che nel complesso toglie più che aggiungere qualcosa alla nostra conoscenza del pittore: l'”Allegoria della fede cattolica” straripa di richiami religiosi, persino con una mela morsicata per terra, e potrebbe forse dirci che il cattolico Vermeer conosceva l'opera sacra di Tiziano o di qualche suo emulo.

Uscendo, inevitabile un rapido ritorno alla “Stradina” iniziale, per riammirarla. Se si fosse arrivati a esporre anche la “Veduta di Delft” (il quadro più bello del mondo secondo Proust) avremmo ottenuto il massimo, ma va benissimo anche così.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Johannes Vermeer (1632-1675), La stradina, 1658 circa. Amsterdam, Rijksmuseum Gift of H.W.A. Deterding, London© Rijksmuseum, Amsterdam

Fig. 2, Johannes Vermeer (1632-1675), Giovane donna con bicchiere di vino, 1659-1660 circa. Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-MuseumKunstmuseum des Landes Niedersachsen

Fig. 3, Johannes Vermeer (1632-1675), Ragazza con il cappello rosso, 1665 – 1667. Washington, National Gallery of ArtAndrew W. Mellon Collection

Fig. 4, Carel Fabritius (1622-1654), Autoritratto, 1649-1650 circa. Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen - Alte PinakothekFoto Scala

Fig. 5, Johannes Vermeer (1632-1675), La suonatrice di liuto, 1662 – 1663. New York, The Metropolitan Museum of ArtLascito di Collis P. Huntington, 1900© Art Resource/Scala, Firenze

Fig. 6, Gabriel Metsu, (1629–1667), Uomo che scrive una lettera, 1664–1666.

Dono di Sir Alfred and Lady Beit, 1987 (Beit Collection) Dublino, National Gallery of Ireland Collection Photo © National Gallery of Ireland

 

Scheda tecnica
Vermeer. Il secolo d'oro dell'arte olandese, dal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013 presso le Scuderie del Quirinale, via XXIV maggio 16 (piazza del Quirinale), Roma. Da lunedì a giovedì dalle 10.00 alle 20.00, venerdì dalle 10.00 alle 22.30, sabato dalle 9.30 alle 22.30, domenica dalle 9.30 alle 20.00. Biglietti, intero € 12,00, ridotto € 9,50.

 

 

 
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