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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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A Roma in mostra "Canova. Il segno della gloria"

Fig. 1


Trascendere la mera realtà per sublimarla e giungere ad un ideale di bellezza sembra essere il filo conduttore che accompagna le opere di Antonio Canova esposte in mostra a Roma presso Palazzo Braschi: Canova. Il segno della gloria. Disegni, dipinti e sculture
. Sono settantanove disegni, selezionati dai 1800 che formano le sette grandi raccolte donate da Giovanni Battista Sartori Canova, fratellastro dell’artista, al Museo Civico di Bassano intorno alla metà del XIX secolo.

Per la prima volta, attraverso l’esposizione di disegni e bozzetti, accompagnati da modelli e repliche in terracotta, si affronta il tema del disegno di Canova secondo due punti di vista: il suo rapporto con l’antico e con il contemporaneo. La winckelmaniana “nobile semplicità e quieta grandezza” è una massima insita nello stile del Canova, il cui scopo resterà sempre quello di giungere al “bello ideale” attraverso la padronanza della tecnica scultorea (non è un caso che in mostra siano esposti dei calchi di gesso con dei punti, grazie ai quali l’artista poi riusciva a riprodurre l’esatta distanza delle parti nel marmo definitivo). Ma non solo questo è Canova e la mostra romana lo esprime al meglio: “ Studi originali di Canova fatti appresso a statue e altre opere antiche in Roma” con annesso autoritratto appena abbozzato, è il disegno che apre la mostra, e racchiude in se sia l’idea del bello classico (“appresso a statue ed opere antiche”) sia quello del “romantico sublime”, che attraverso l’utilizzo dell’aggettivo “originale”, indica quanto Canova avvicini la sua poetica a quella del “contemporaneo Romanticismo”.

Nella prima sala sono esposti i disegni di nudi maschili e femminili insieme a figure egregiamente drappeggiate - Nudo Femminile, Nudi femminili (Fig. 1), Nudo Virile, Figura femminile panneggiata, Ninfa con Amorino etc. - fino alla statuaria grandezza dei Dioscuri, a cui in gioventù egli dedicò una vasta serie di disegni, in parte qui esposta. Fig. 2Di certo con il viaggio a Roma e a Firenze del 1779 poté finalmente venire a contatto con le grandi opere che sino a quel momento aveva conosciuto solo attraverso repliche (Torso del Belvedere, Gladiatore Borghese), e poté apprezzare la superiorità degli originali marmi antichi sulle repliche da lui conosciute. Nei nudi maschili siamo ancora vicini alla perfezione della bellezza classica, sia nella definizione della muscolatura sia nelle perfette simmetrie delle forme. Ma nella dolcezza delle figure femminili, l’artista tradisce il suo lato accademico, preferendo ad un freddo esercizio di “copiatura dall’antico” una morbida rappresentazione delle carni e una dolce ed evidente espressività dei volti. Probabilmente questa novità stilistica è dovuta sia alla frequentazione dell’artista della collezione di sculture antiche dell’abate Farsetti (il quale, tra il 1749 e il 1759, aveva iniziato ad acquistare a Roma opere d’arte e su commissione richiese calchi di famose statue e gruppi greco-romani per la formazione del suo Museo Farsetti a Venezia inaugurato nel 1755), sia alla conoscenza e alla lettura dell’opera del Zanetti “ Storia della pittura veneziana e delle opere pubbliche de’ veneziani maestri ”, pubblicata nel 1777, dove lo studioso elogiava la stessa galleria del Farsetti ed avvertiva la necessità di studiare sì le perfezioni del bello classico, ma al contempo di superarlo, per giungere “ con fondamento e sicurezza a studii più sciolti e vivaci, che sono l’onor maggior della scuola nostra….” - la scuola veneziana chiaramente, con la sua vivacità dei colori e delle forme.


Il “nuovo” che supera l’”accademico” è visibile anche nei disegni per i monumenti funebri a Clemente XIII, Innocenzo XIV, dove architettura e scultura si fondono in un ideale di perfezione e grandezza, dove l’uomo è solo un “piccolo essere” di fronte alla grandezza della morte e della natura, (quest’ultimo tema viene ricordato anche dalle incisioni del Piranesi, a cui forse l’artista di Possagno non fu totalmente indifferente) e in quello dedicato a Cristina d’Austria (Fig. 2), Fig. 3dove la poetica foscoliana dei sepolcri si esprime nel compianto dei defunti, in quel dolore distintamente rivelato dalle rappresentazioni della Virtù e della Beneficenza che si muovono verso l’oscurità della maestosa sepoltura, simbolo di continuità tra la vita e la morte. Nei disegni e negli schizzi di questi monumenti, rispetto alla loro esecuzione finale, è evidente il tentativo dell’artista di superare la “logica della perfezione” ed esprimere sentimenti di dolore e compianto, rendere vive anche le figure allegoriche, in ricordo di quel “vivace stile veneziano” che non ha mai abbandonato lo scultore per tutta la sua gloriosa carriera.

L’ultima sala è dominata dalla grande tela che ritrae la Danza delle Grazie con Amorino (Fig. 3), il cui tema ha interessato Canova intorno alla fine del XVIII secolo, ricorrendo in tutta una serie di opere dell’artista sia grafiche sia plastiche. Questo grande monocromo a tecnica mista presenta una particolare raffigurazione delle Grazie e si discosta dal classico schema fin’ora utilizzato, proponendo la figura centrale con il volto rivolto verso lo spettatore e variando la posizione delle figure laterali, rispetto, ad esempio, alle Grazie raffaellesche.
Ciò che è vivo in quest’opera è il rapporto con il contemporaneo, con la cultura romantica e le foscoliane Grazie. Nell’
Inno a Vesta ad esempio, il grande poeta parla di ’”… quell’intenta voluttà del canto e…. un desio dolce d’amore mira ne’volti femminili….”. Quegli stessi “volti femminili” mostrano “desio” e voluttà” anche nella grande tela esposta in mostra che rappresenta le Grazie con un’espressione evidentemente felice e gioiosa, privilegiando l’unione tra il sublime e la grazia, cercando di rendere “umana la bellezza divina”, e fronteggiando la classicità senza abbandonarsi ad una pura emotività, ma creando un proprio modo di vedere la classicità. Attraverso disegni, gessi e terracotte, la mostra riesce pienamente nello scopo di mostrare un Canova aperto anche al contemporaneo, non solo legato ad un “accademico classicismo”, presentandolo quindi come il grande artista la cui giusta fama ha occupato buona parte del XVIII e de XIX secolo.

 

Didascalie delle immagini
Fig. 1, Antonio Canova, Due figure femminili nude, di schiena; l’altra andante di profilo con braccia incrociate al petto
Fig. 2, Antonio Canova, Figure di sinistra del Monumento a Maria Cristina d'Austria
Fig. 3, Antonio Canova, Danza delle Grazie con Amorino

Scheda tecnica
Canova. Il segno della gloria. Disegni, dipinti e sculture, Museo di Roma. Piazza San Pantaleo 10. Sino al 7 aprile 2013. Aperto dal martedì alla domenica ore 10.00 - 20.00. Biglietto intero euro 11, ridotto euro 9

 

 

 

 

 
 
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