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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

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Desire for Freedom

 

Solo dopo che l’ultimo albero sarà stato abbattuto

Solo dopo che l’ultimo fiume sarà stato inquinato

Solo dopo che l’ultimo pesce sarà stato pescato

Solo allora scoprirai che i soldi non si possono mangiare

 

Fig. 1

Il progetto di Desire for freedom nasce negli anni novanta da un’idea di Monika Flacke. A quel tempo la curatrice aveva deciso di analizzare l’arte europea nel delicato contesto della guerra fredda, con un confronto tra i due sistemi che in quegli anni si erano fronteggiati a distanza, il socialismo e la democrazia, basati entrambi sull’idealismo illuminista. L’illuminismo era stato portatore della critica e della crisi, ed è proprio intorno all’idea di circolarità tra questi due concetti che ruota l’impostazione della mostra; non è previsto un andamento cronologico ma l’analisi di dodici capitoli sul tema della libertà, un tema ampio e universale, solido pilastro tanto per il sistema democratico quanto per quello socialista, e forse, in parte, tradito da entrambi.

A discuterne idealmente sono una novantina di artisti provenienti dai più diversi contesti politici e sociali in un arco temporale che abbraccia il secondo novecento e l’inizio del ventunesimo secolo. La mostra è già stata allestita a Berlino, e dopo Milano si trasferirà a Tallinn e ancora a Cracovia.

Prima di entrare nel vivo delle diverse sezioni della mostra siamo accolti dai Bidoni imballati (1958-1958, fig. 1) di Christo, che immediatamente pongono il tema di scottante attualità delle risorse del pianeta, monumento moderno alla fame di energia che avrebbe causato conflitti sanguinosi in vari momenti della storia. Analogamente nel Giardino d'inverno di Marcel Broodthaers, del 1974, una serie di diapositive con immagini tratte dal mondo naturale mostra l’unica reliquia possibile, in una sorta di giardino di riproduzioni che affermando la ricchezza del passato mostra la miseria del presente.

La mostra vera e propria si apre con “Il tribunale della ragione”. Il lume della ragione è il simbolo del razionalismo illuminista, ma in nome della ragione spesso sono stati giustificati gesti di violenza e legittimato un clima di terrore. Gli artisti, nell’affrontare questo tema si sono ricollegati alla madre delle rivoluzioni, quella francese che a cavallo tra XVIII e XIX secolo costituì il primo esempio di degenerazione di un ideale libertario. Questo è evidente nell'opera di Kounellis Ave Maria e in Je vous salue Marat di Finlay del 1989, dove attraverso i colori che richiamano la bandiera francese, si sottolinea come un’idea astratta di libertà possa talvolta minacciare la libertà stessa.

La seconda sezione “La rivoluzione siamo noi”, è dedicata alla lotta per il cambiamento, spesso identificato con l’idea della creazione di un mondo socialista incorrotto; il titolo è quello di una celeberrima opera di Joseph Beuys. Gli artisti non considerarono in maniera univoca e necessariamente ottimistica questi tentativi; ci fu chi, come l'islandese Errò in Interno americano cercò di sottolineare la vacuità dei movimenti di liberazione del terzo mondo e la superficialità insita in quelli studenteschi. Nel dipinto il lento procedere della folla di ribelli è raffigurato piattamente. Le persone sono sagome e sembrano parte della carta da parati. Hanno arie minacciose ma non sembrano turbare la perfezione della camera da letto, ordinata e ammobiliata con attenzione. È una rivoluzione che non coinvolge, che resta rilegata fuori e non porta di fatto nessun cambiamento.

Alcune tra le opere più interessanti della mostra si trovano nel capitolo dedicato al “Viaggio nel paese delle meraviglie”.

In Occupazioni Anselm Kiefer giustappone alcuni autoritratti fotografici in cui l’artista è colto nell'atto di compiere il saluto hitleriano. L’intenzione era di riportare la storia deliberatamente rimossa alla coscienza collettiva tedesca. Secondo l’artista la conoscenza di sé non poteva che partire dalla ricerca delle radici sociali, e in Germania questo significava compiere una riflessione profonda sull’esperienza tragica e recente del Terzo Reich. Aveva ritrovato una vecchia uniforme appartenente a suo nonno e ripercorso i luoghi del Reich in un momento di silenzio omertoso e di vergogna, in cui il paese evitava di rielaborare il senso di colpa.

Interessante anche l’opera di Christian Boltanski (Il liceo Chases 1931, 1987). Qui l’artista colloca alcune fotografie di studenti di un liceo ebreaico di Vienna su tavole di rame, ingrandendo i singoli volti e servendosi di una lampada per dilatare l’immagine. L’opera mira a provocare emozioni dirette e immediate e pone ovviamente lo spettatore in una situazione di lacerante incertezza sui destini di questi giovani, di cui non si conoscono né le sorti né i nomi. I volti si deformano in maschere e si sfumano rendendo le individualità perdute simboli di una collettività universale. Si mescolano e confondono morte e giovinezza in un’estetica angosciante.

Fig. 2In “Terrore e tenebre” viene sottolineata la sconfitta della fratellanza, tra i valori più importanti nel pensiero illuminista. Ovviamente è avvertito con forza il dramma atomico. Se Enrico Baj nel 1953 ne evidenzia la potenza devastatrice in una tela Senza titolo, Jean Tinguely in Suzuki (Hiroshima) del 1963 (fig. 2) dà voce al dramma delle popolazioni giapponesi con un congegno dall’aria soltanto apparentemente ludica. I rottami usati per questa scultura animata sono stati recuperati dai crateri lasciati dalle bombe atomiche e raffigurano le reliquie del terrore, a monito della potenzialità autodistruttiva dell’uomo in grado di negare i sogni delle generazioni future. La bicicletta distrutta, un tempo strumento di gioco, rappresenta in questo monumento (nel senso originale del termine, richiamo alla memoria collettiva) la negazione di ogni possibilità di sviluppo di futuro. Un altro monumento è la Bara di guerra di Günther Uecker, che riporta l'attenzione sui conflitti rimossi nella memoria collettiva per il facile entusiasmo suscitato dal boom economico.

L'opera simbolo della mostra, Bombardieri di rossetti (fig. 3) del 1968, fa parte del capitolo dedicato al “Realismo della politica”, in cui l’arte valuta e soppesa il ruolo dell’azione politica nel rispondere alle esigenze e ai bisogni della società civile, risolvendo o non risolvendo i conflitti. Il tema dell’opera di Wolf Vostell è la conquista del Vietnam non attraverso le bombe sganciate dai B-52, ma attraverso i beni di consumo.Fig. 3

In “La libertà sotto assedio” il tema è sviluppato attraverso diversi linguaggi. Dan Perjovschi in Capital-ism del 2004 crea associazioni stranianti, ironiche e spesso sarcastiche e giocate sui doppi sensi attraverso diapositive essenziali, in cui traccia disegni elementari, associandoli a scritte e slogan di forte immediatezza come “Life is goods”. La sua opera stigmatizza le contraddizioni della società contemporanea impregnata di sfrenato e smisurato consumismo. La sua è una visione critica sulla civiltà contemporanea, in cui si rischia un ritorno inconsapevole alle ideologie totalitarie e dove il divario tra ricchezza e povertà aumenta a dismisura.

Nella stessa sala Emilio Vedova rappresenta l’assurdità politica di Berlino, che negli anni che seguirono il secondo conflitto mondiale viveva di un’identità scissa, divisa tra il ruolo di capitale e frontiera, segnata al suo interno dalla ferita del muro. I pannelli sono dipinti in maniera aggressiva e violenta e si intersecano e incastrano creando stratificazioni e sedimentazioni emblema di quelle realmente presenti nella città lacerata.

Molto interessante il capitolo denominato “99 cents”, in cui ai temi della produzione e del consumo si accosta una domanda di moralità. Ci si chiede quali siano i confini tra il l’aspirazione al benessere, ostentato e osannato dalla società occidentale contemporanea, e le istanze etiche del vivere comune.

Fig. 499 cent II di Andreas Gursky (fig. 4) sembra la trasposizione iconografica della prima strofa di Lost in the supermarket dei Clash (*). Il supermercato è il simbolo del caos consumistico dove trionfano marchi e slogan. La fotografia dall’alto, che dovrebbe aiutare a cogliere una visione collettiva, non chiarisce la panoramica e non permette uno sguardo d’insieme. L’osservatore è travolto dalle merci così come sono sommerse le poche figure di cui si colgono lacerti parziali. L’iperdisponibilità tipica della cultura di massa nega ogni individualità e ci fa perdere in una miriade di dettagli. Vengono emblematizzati qui gli aspetti più violenti delle moderne strategie di marketing, l’aggressività pubblicitaria da un lato e la quantità esagerata di prodotti spazzatura di infima qualità pensati per le classi più povere.

Nella stessa sezione le opere di Milan Kunc e Mario Schifano sfruttano e reinterpretano il celebre marchio della Coca-cola, simbolo per eccellenza del consumismo e della globalizzazione, in un invito a diffidare dall’estetica della merce.

Fig. 5Interessante anche l’opera Fiori (2006, fig. 5) della finlandese Aurora Reinhart, che affronta il tema del ruolo della donna. L’artista applica sensuali unghie laccate a quotidiani guanti da cucina, accostando due modelli di donna, l’una, antimoderna e conservatrice, casalinga dedita al nido domestico, l’altra, un'Eva seduttrice e sicura di sé. Si tratta di due luoghi comuni sull’identità femminili diffusi dalla pubblicità. In fondo i due oggetti, guanti e smalto, sembrano naturalmente escludersi perché inconciliabili nelle diverse funzioni da svolgere. L’accostamento crea uno schizofrenico cortocircuito di ruoli in questo anomalo mazzo di fiori.

Nella sezione “Cent’anni” torniamo al tema delle risorse e dell’uomo in costante bilico tra il ruolo di consumatore e preservatore. Al centro della sala trionfa il grande igloo di Mario Merz, Oggetto cache-toi (fig. 6) del 1961, esempio primordiale ma perfetto di gestione di risorse e calore che permetterebbe all'uomo di vivere ovunque.Fig. 6

Miguel Angel Campano nel Diluvio (da Poussin) del 1981 trasmette un senso di assoluta mancanza di speranze per il futuro del pianeta, dipingendo un diluvio universale dove manca l’arca, simbolo di una nuova alleanza e della possibilità di una vita futura, negata inesorabilmente in una contemporaneità dove l’uomo si ostina a un consumo spregiudicato della risorse.

La vita non sembra nemmeno più possibile nel nido domestico. In “Mondi di vita” infatti viene messo a tema il problema dell'abitazione domestica, luogo ideale di cura e protezione, dove però la dimensione umana sembra essersi inesorabilmente perduta. La soluzione fu trovata nella ricerca di un altrove immaginario raggiungibile attraverso fughe utopistiche come nel progetto U.F.O. Nauta J.K. di Steven Koller, una performance permanente costituita da una serie di autoritratti, o, in maniera più tradizionale, con gli strumenti della pittura nei Concetti spaziali di Lucio Fontana, che sfonda la terza dimensione attraverso lo spazio bidimensionale della tela.

La sofferenza come esperienza del limite è il soggetto della sala successiva, “L'altro luogo”. Sicuramente di grande impatto l’opera Tu ed io del 2005. Qui su una tela enorme dai colori psichedelici una donna nuda e anziana, che già crea un effetto di aggressività dirompente, sta puntando una pistola dritta all’osservatore con una mano, mentre con l’altra mira direttamente alla propria tempia. La violenza, spesso associata al sesso maschile irrompe con violenza in un’immagine grottesca e di grande impatto visivo.

Ne “L'esperienza di sé”, il senso del limite e la incomunicabilità del presente si ritrovano nei 1000 volti di Erwin Wurm, un’opera apparentemente più banale e di minor impatto, dove migliaia di fotografie di volti senza identità scorrono su uno schermo, evidenziando i rapporti superficiali che caratterizzando l’oggi e l’impossibilità di instaurare legami duraturi basati sulla conoscenza reciproca.

La mostra si chiude con “Il mondo nella testa” e l’emblematica tela Niente ingresso di Erik Bulatov, un autoritratto in cui l’artista vieta l’accesso di qualsiasi ideologia nei suoi pensieri, lanciando un chiaro monito all’Europa, non abbastanza consapevole dei drammi del proprio passato, e che nuovamente si ritrova di fronte all’allarmante insorgere di pericolosi estremismi.

Una mostra circolare (seppure non perfettamente riuscita negli spazi di Palazzo Reale) che permette un percorso concettuale intenso nell’arte più impegnata degli ultimi anni su un tema di portata universale. Un’esposizione che porta i visitatori a interrogarsi sull’Europa emersa dalle ceneri dei conflitti del novecento con uno sguardo critico e non rassicurante. L’arte, nella sua polimatericità e molteplicità di forme espressive, qui ampiamente rappresentate, acquista il ruolo di richiamo e di allarme, diventando guida critica e morale per uscire da una crisi non solo finanziaria, che sembra minare alla base i pilastri della civiltà occidentale, a partire proprio dalla libertà nei suoi diversi significati.

Nota al testo
(*) I'm all lost in the supermarket
I can no longer shop happily
I came in here for that special offer
A guaranteed personality

 

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Christo, Bidoni imballati,1958/1959, stoffa, vernice, filo d’acciaio, 18 bidoni, h 279 cm, New York.
Fig. 2,
Jean Tinguely, Suzuki (Hiroshima), 1963, ferro, ruota di bicicletta, gomma, calcestruzzo, motore elettrico, 140 x 70 x 50 cm, Museum Tinguely, Basel.
Fig. 3 ,
Wolf Vostell, Bombardieri di rossetti , 1968, collage,  90 x 125 cm, collezione Peter Raue
Fig. 4, Andreas Gursky, 99 Cent II Diptychon, 1999, c-print, 206 x 338 cm
Fig. 5, Aurora Reinhard, Fiori, 2006, Lycra, plastica, smalto per unghie, 4 x 75 x 25 cm, collezione privata
Fig. 6, Mario Merz,
Oggetto Cache-Toi, 1968, Ferro, rete metallica, truciolato, lino, tubi di luce fluorescente, h 110 cm, Dm 210 cm, Wolfsburg, Kunstmuseum

 

Scheda tecnica

Aperta Lun: 14-30-19.30, Mar-Dom: 9.30-19.30, Giov e Sab: 9.30-22.30. Biglietto € 11,00, € 9,50 ridotto

 

 

 

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