Postwar. Protagonisti italiani a Venezia

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Fig. 1La mostra che si terrà fino al 15 aprile presso alcune delle sale della Peggy Guggenheim Collection di Venezia ha la volontà di rileggere la pittura italiana del dopoguerra, ridando voce ad alcuni famosi artisti che, utilizzando un linguaggio nuovissimo, definiscono un modo innovativo di dipingere e, al contempo, si insediano nell’Olimpo dell’arte Internazionale.

Il percorso espositivo è suddiviso dal curatore Luca Massimo Barbero in sale monografiche che raccontano, nell’individualismo del singolo, i molteplici aspetti di una ricerca comune, una scelta che permette al visitatore di godere pienamente di ciò che la sala contiene, di non perdersi ma di ammirare, sentire e riflettere.

Sono cinque i grandi nomi scelti per parlare del superamento dell’Informale, per descrivere il fervore dell’Italia a partire dagli anni Cinquanta: Fontana, Dorazio, Castellani, Scheggi, Aricò.

Il celebre gesto di Fontana di forare la materia, sia essa tela, ceramica o carta, conduce al superamento della bidimensionalità e all’introduzione della tridimensionalità dello spazio: un forare, un lacerare che porta, conseguentemente, alla perdita delle vecchie certezze e alla scoperta di nuove visioni e convinzioni. Nella sala a lui dedicata si trovano alcune delle opere che l’hanno reso noto al vasto pubblico, come le tele forate: si pensi a Concetto spaziale, del 1951, lascito di Hannelore Schulhof alla Fondazione Guggenheim, dove, su una tela dipinta di giallo fluttuano, quasi in una mistica danza, i buchi e i tagli, fornendo una testimonianza della poesia nascosta in essi, del dialoFig. 2go incessante tra la materia e la non materia, tra il vuoto e il non vuoto, tra la luce e l’ombra. È una riflessione che ritorna nel Concetto spaziale del 1957 (Fig. 1) in ceramica, sinonimo di spazio e tempo, del vuoto che concretamente non è come si potrebbe erroneamente pensare mancanza e assenza di qualcosa, ma entità pura ed a sé stante.

Se Fontana si riappropria del vuoto, e della tematica spaziale e temporale ad esso connessa, con Dorazio il visitatore approfondisce il tema della luce, una luce che si struttura e porta conseguentemente ad una prevaricazione del colore che compone e non descrive, che è e non aggiunge. Tale visione è, del resto, lampante in un’opera come Durante l’incertezza del 1965, nella quale il reticolato è un sovrapporsi infinito di griglie di differenti colori, molteplici bagliori di luce.

Lo spazio caratterizza, invece, la poetica di Castellani, uno spazio che deve essere strutturato e non deformato, origine di superfici a rilievo interpretabili come “luoghi di possibile contemplazione” dove vivono luci e ombre, depressioni e sporgenze: tensioni più o meno emotive ben evidenti in tele come Superficie angolare rossa (1961, Fig. 2) e Superficie bianca (1967).

Fig. 3La superficie, o meglio il dialogo che si viene a porre tra i piani porta il visitatore alla figura di Scheggi, autore di opere monocrome dette Intersuperfici (Fig, 3), dove l’occhio è chiamato a investigare i diversi piani che compongono la materia e che, inevitabilmente, creano riflessi attesi e inattesi, momenti di contemplazione e non di mera speculazione.

Ultimi, ma non sicuramente meno importanti i lavori di Aricò, frutto di una sintesi dalla parvenza quasi minimalistica tra spazio e colore, debitrice di quella che potrebbe definirsi una geometria intuitiva, nella quale la rigidezza delle regole assonometriche e prospettiche viene addolcita da stesure di colore pieno. Osservando e ri-osservando le opere lo spettatore noterà come il punto di fuga sia sempre esterno all’opera stessa, una presa di posizione precisa che crea un sottile file rouge tra le opere in mostra, la considerazione o il principio della presa di coscienza che la nostra realtà sia solamente una versione possibile delle infinite strutturazioni spazio-temporali presenti originariamente ed attualmente esistenti.

Quella della Peggy Guggenheim risulta essere, quindi, una mostra vincente sotto numerosi punti vista: è mutevole come sono mutevoli lo spazio e il tempo; è attuale perché racconta la rinascita dalla crisi, dalle sconfitte, dalle guerre interiori e non; è sincera perché non vuole apparire diversa da come è e premia la semplicità e la purezza; è acuta perché permette al visitatore di pensare e di vivere pensando.

 

Didascalie delle immagini
Fig. 1, Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1957, terracotta, altezza 22cm, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia.© Fondazione Lucio Fontana, Milano, by SIAE 2013.
Fig. 2, Enrico Castellani,
Superficie angolare rossa, 1961, acrilico su tela, cm 80x60x60, collezione dell’artista, Milano, ©Enrico Castellani, by SIAE 2013.
Fig. 3, Paolo Scheggi,
Intersuperficie curva dall’arancio, 1969, acrilico su tele sovrapposte, cm 120x120, collezione Franca e Cosima Scheggi.

Scheda tecnica

Postwar. Protagonisti italiani, fino al 15 aprile 2013, Peggy Guggenheim Collection, Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701, Venezia. Aperto tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00. Chiuso il martedì. Biglietto 14 euro; ridotto 12 euro.