Vice Versa, il padiglione Italia alla Biennale

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Fig. 1La cultura italiana intesa come serie di concetti polarmente coniugati. Da questa immagine teorizzata dal filosofo Giorgio Agamben in Categorie italiane. Studi di Poetica (1996) parte la ricerca di Vice Versa e del Padiglione Italia, un percorso studiato dal curatore Bartolomeo Pietromarchi attraverso binomi dialoganti tra loro, binomi che nonostante l’interazione mantengono la loro essenza individuale: sette stanze ognuna contenente i lavori di due artisti, in una ricerca dialettica testimoniata dalla opere in mostra.

I lavori esposti divengono emblemi di un viaggio ideale all’interno dell’Italia di oggi, frammenti artistici di storie ed identità che esprimono non solo la nuova storia artistica del nostro Paese ma, fatto ancora più importante, la nuova matrice culturale in essa presente.

L’Italia viene presentata non nella sua apparente fissità e staticità, ma nella sua fervente molteplicità, nella dialettica della dicotomia e della univocità. Ne risulta una sorta di atlante di tematiche che si confrontano in maniera più o meno diretta con l’eredità storica e culturale del nostro Stato, continuamente in uno sbilanciato equilibrio tra localismo, nazionalismo ed internazionalismo. Fig. 2

Non sorprende la scelta di dividere lo spazio espositivo in sei ambienti chiusi più il giardino, una suddivisione che ricorda quelle delle abitazioni, porto sicuro per i visitatori, che non si sentono minacciati dall’ampiezza del locale, ma ne apprezzano inconsciamente la solida suddivisione. Singolare anche l’utilizzo della cifra sette, numero dei binomi trattati da Pietromarchi (corpo/storia; veduta/luogo; suono/silenzio; prospettiva/superficie; familiare/estraneo; sistema/frammento; tragedia/commedia) e delle conseguenti aree espositive, ma soprattutto numero magico per antonomasia, frutto dell’unione tra materia e spirito, numero cardine per rappresentare il processo artistico-creativo in esposizione.

Per il binomio corpo/storia troviamo la partecipazione di Francesco Arena e Fabio Mauri. Arena presenta Massa sepolta (2013, Fig. 1), un lavoro debitore dell’analisi storiografica operata dall’artista sul tema della fossa comune, esempio supremo di negazione dell’individuo e della sua identità. Attraverso lo studio, Arena è riuscito a risalire al numero di cadaveri presenti nelle fosse di Burgos, di Benedicta, di Batajnica 02 e di Ivan Polje, cifra che è stata poi, successivamente, moltiplicata per il peso dell’artista, divenuto lui stesso non più persona ma unità di misura. Le quattro strutture contenenti 140 tonnellate ciascuna risultano, quindi, monumento concreto del ricordo di codeste tragedie. In dialogo con essa si trova Ideologia e Natura di Fabio Mauri, una performance che rilegge il concetto di ideologia; in tale performance, risalente originariamente al 1973, una donna vestita alla fascista si spoglia e si riviste ripetutamente, dimostrando la completa insensatezza della prostrazione a qualsiasi ideologia. Per sguardo/percezione, il visitatore si confronta con Viaggio in Italia (1984) di Luigi Ghirri, un susseguirsi di immagini di paesaggi italiani e con Per l’eternità (2013) di Luca Vitone, una scultura acromatica monolfattiva composta su tre note (rabarbaro svizzero, rabarbaro belga e rabarbaro francese) che propone un ritratto olfattivo dell’Eternit, materiale tossico che a tutt’oggi è ancora presente sul nostro territorio. Il binomio successivo (suono/silenzio) trova la presenza di Massimo Bartolini con Due (2013, Fig. 2), silenziosa rampa tortuosa e brulla che porta al nulla, e di Francesca Grilli che presenta Fe₂O₃, Ossido ferrico (2013, Fig. 3) Fig. 3dove i vocalizzi liberi eseguiti da una performer e connessi alla lastra di ferro creano la fuoriuscita di gocce di acqua che ossidano la superficie ferrosa: un’opera che sottolinea come il suono (la parola) a lungo andare possa sconfiggere le barriere apparentemente insormontabili che ci vengono poste davanti. Succedono prospettiva/superficie indagate attraverso i Quadri di esposizione di Marco Paolini (una manipolazione dello spazio espositivo attraverso la prospettiva geometrica) e da Senza titolo di Marco Tirelli (spazio reale dotato di soglia contenente un’archeologia esistenziale di forme), famigliare/estraneo con Flavio Favelli (La Cupola, cassa armonica dotata di tamburo e lanterna sostenuta da un’impalcatura lignea) e con La voglia matta di Marcello Maloberti, monolite di marmo sul quale si trovano quattro performers che sollevano teli da mare creando un’architettura instabile e temporanea, circondata in basso da una cinquantina di ragazzi sorreggenti tavolini in legno grezzo detti Bolidi sui quali sono posizionati sculture e meloni gialli, sistema/frammento dove dialogano Gianfranco Baruchello, autore di Piccolo sistema (2012-2013), ricostruzione plastica di un sistema pensiero che diviene uno spazio laboratorio zeppo di materiali vari e strumenti di ricerca, ed Elisabetta Benassi con The Dry Salvages (2013), pavimento dissestato composto da mattoni di argilla provenienti dal Polesine in ricordo dell'alluvione del 1951.Fig. 4

Terminano questo viaggio dialettico-dicotomico Pietro Golia e Sisley Xhafa, classificati nel binomio tragedia/commedia e situati nel giardino davanti al Padiglione Italia; Golia presenta al pubblico Untitled (My gold is yours), un cubo di cemento (Fig. 4) con una finissima sabbia d’oro nell’impasto, che pone l’attenzione sul valore economico dell’opera d’arte (l’oro ivi presente è pari a circa un kilogrammo) e sul ruolo del fruitore (chiamato ad interagire attivamente sull’opera, prelevandone dei frammenti) attraverso la creazione di una scultura a perdere, che nasce per essere dissolta e che contiene oro impossibile in realtà da possedere. Non meno singolari le opere di Sislej Xhafa: Parallel Paradox (2013, Fig. 5), una performance che vede l’artista in veste di barbiere e il giardino come fosse il suo negozio e Tractatus Logico flat, una bara piena di biglietti della lotteria, quasi abbandonata all’interno del padiglione, che risulta essere una considerazione sulla qualità mortifera presente nel gioco d’azzardo (il gioco come perdita di raziocinio e progressiva morte dell’individuo).

Fig. 5

Vice Versa diventa, quindi, uno specchio sull’Italia e sulla cultura che attualmente vi viene trasmessa, una riflessione che se da un lato evidenzia le incongruenze in essa presenti, dall’altro rivela l’estro creativo contenuto in tali contraddizioni, in questi opposti che ci caratterizzano, nei nostri continui e incessanti vice versa.

 

Didascalie immagini

Fig. 1, Francesco Arena, Massa sepolta, (Burgos, Benedicta, Batajnica 02, Ivan Polje), 2013, terra, legno, cemento, metallo (soil, wood, cement, iron) 4 elementi: 125x125x680 cm; 190x190x680 cm; 255x255x680 cm; 110x110x680 cm. Courtesy the artist and Galleria MONITOR, Roma; ph. Roberto Marossi.

Fig. 2, Massimo Bartolini, Due, 2013, fusione in bronzo, cinque opere di Giuseppe Chiari Ascoltare; Cammininare; Canterellare; Fantasticare; Pianoter, 1974, inchiostro su carta, Collezione Nino Soldano, Milano; dimensioni ambientali. Courtesy the artist; Galleria Massimo De Carlo, Milano / Londra; Frith Street Gallery, Londra and Magazzino, Rome; ph. Agostino Osio.

Fig. 3, Francesca Grilli, Fe2O3, Ossido ferrico, 2013, performance per 156 giorni, lamina di ferro, acqua, voce, microfono (performance for 156 days, iron sheet, water, voice,microphone). Courtesy the artist; ph. Alessandro Sala.

Fig. 4, Piero Golia, Untitled (My gold is yours), 2013, cemento e oro zecchino, 2.50 x 2.50 x 2.50 m. Courtesy Gagosian Gallery and Bortolami Gallery, New York; ph. Agostino Osio.

Fig. 5, Sislej Xhafa, Parallel Paradox, 2013, performance, albero, specchio, insegna da barbiere, scala di corda (tree, mirror, barber shop pole, rope ladder). Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin; ph. Angela Zuin.

 

Scheda tecnica

Vice Versa, Padiglione Italia, 55° Esposizione Internazionale d’arte, fino al 24 novembre 2013, Tese delle Vergini all’arsenale, Venezia.

Orari: dalle 10.00 alle 18.00 (chiuso il lunedì).