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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Eugenio Carmi. Speed Limit 40

 

GEOMETRIE AUREE OLTRE L’ECLISSE DELL’UTOPIA DEGLI ANNI SESSANTA

“…basta soffiare sulla cenere
per scoprire le braci del futuro”
- dal commento al video dedicato a Kurt Blum -


A ridosso della chiusura della mostra antologica di Eugenio Carmi in Genova, questo resoconto aspira a fissare nella memoria le impressioni e le riflessioni di un viaggio tra le importanti opere esposte e le testimonianze di vita e pensiero dell’artista: uno tra i massimi astrattisti italiani, riconosciuto a livello internazionale. La mostra, magistralmente  curata da Nicoletta Pallini espone un centinaio di opere, dalla fine del 1940 al 2013 (nota 1): alcune opere giovanili figurative (che rivelano l’influsso del suo maestro Felice Casorati) , i collages degli anni’60, i cartelli antinfortunistici e le latte litografate, i segnali immaginari elettrici entro il continuum  dei suoi quadri, in cui le  immaginifiche “geometrie poetiche e musicali” si susseguono  in forme sempre inedite e ispirate ad una linea di ricerca coerente e originale fino agli ultimi sviluppi delle opere sulla sezione aurea.    

A definire la complessità della mostra vale una frase dell’artista “E’ necessario che ci abituiamo ai significati multipli”, che aiuta anche a meglio comprendere il suo pensieroIl tracciato del  percorso, che va dall’Autoritratto e dal Ritratto della moglie Kiki, entrambi  del 1949, agli ultimi quadri fino al 2013, non aderisce  con  andamento rettilineo alla sequenza cronologica delle opere, ma procede con piccole discontinuità temporali, in un gioco di sviamenti nella progressione vagamente labirintica che, anziché frammentare la continuità, accentua nel visitatore attento la sensazione di trovarsi dentro una  invisibile trama unitaria. Non sfugge al sotteso ordito  unificante la parte finale della mostra dedicata all’arte industriale, in cui Carmi si rese protagonista di una sperimentazione che – alla luce della globalizzazione –assume grande valore storico e si fa portatrice di riflessioni critiche sul nostro presente.

La tentazione di dividere la prima parte dell’antologica dedicata ai  quadri da quella seguente, che documenta l’ attività grafica e di designer svolta anche nel campo dell’arte industriale, trova il suo superamento nel fatto che, come dichiarato dallo stesso Carmi, l’opera grafica è strettamente legata alla sua  ricerca pittorica, in quanto nella doppia veste di grafico e artista ha mirato a “tradurre in maniera osmotica i due universi, quello dell’invenzione e quello della progettazione”. Slancio utopico e  forza della visione costituiscono l’elemento unificante di cui entrambe le dimensioni sono partecipi.

Suddividere in due parti il viaggio attraverso la  mostra in questo caso non significa quindi tracciare una linea ideale di separazione tra le due dimensioni, ma approfondire pur in breve la specificità dell’opera nel rispetto di quei “significati multipli” che l’autore ci indica. Laddove “multipli”, a ben vedere, è inscindibile da “significati”, a segnare un confine divisorio netto rispetto a un’idea/ideologia della contemporaneità come coesistenza di “mondi paralleli”, patchwork di spazitempi: “istantanee” (come le definisce David Deutsch) degli universi paralleli contenuti nella realtà fisica nella sua interezza, tra loro non comunicanti né interagenti. Ove – all’opposto della complessità sfaccettata che permea l’opera di Carmi - il molteplice si presta ad essere inteso come metafora dei mondi divisi che affollano il multiverso  globale, con i flussi di informazione che li attraversano in una spirale entropica che parrebbe ormai irreversibile, a sancire giustappunto la “morte dei significati e delle identità” nel segno del virtuale, della frammentazione e dello sradicamento. (nota 2)

Per converso il “fabbricante d’immagini”, attraverso la molteplicità cui dà forma, persegue la ricerca del “filo d’Arianna” e del nesso unificante sotteso, entro un labirinto moderno di memorie recenti e di idee/ideali che hanno segnato un’epoca, in gran parte minacciati dall’oblio quando non rimossi. Mentre – come emerge da questa antologica - la scelta dell’arte astratta, coerentemente sposata dall’artista fin dai primi anni ‘50,  entro la complessità del suo lavoro  rivela l’attualità e il senso della sottrazione del simbolo alla condanna che, nella società contemporanea, lo svuota e perverte nell’inganno del simulacro. 

Nel rispecchiare le tappe fondamentali del suo lavoro in arte, la mostra  illumina l’opera di Carmi “fabbricante” di immagini ricche di sostanza poetica e vibrazioni lirico-musicali, che emanano dalle sue geometrie. E al contempo testimonia della sua attività artistica/grafica e di designer entro il grande progetto di promozione e innovazione della tradizione industriale a cui ha collaborato negli anni Sessanta come responsabile dell’immagine per l’industria siderurgica Cornigliano-Italsider .

 

UN VIAGGIO ATTRAVERSO GEOMETRIE POETICHE

E’ necessario che ci abituiamo
ai significati multipli.
E’ finita l’epoca dei salotti
Occorrono nuove immagini
per lo spazio dell’uomo.”
Eugenio Carmi

Il percorso, ricostruito in massima parte con opere della collezione dell’artista,  ha inizio da due vedute di Genova (1946) e dall’autoritratto con accanto il ritratto della moglie Kiki Vices Vinci (1949): un rimando al mondo dei suoi affetti e al radicamento nei luoghi a lui cari, ove, pur nella rielaborazione originale, si avverte nella composizione, nei toni di colore e nella stessa pennellata, l’influsso di Felice Casorati, di cui fu allievo in Torino, dopo gli studi artistici ripresi a Genova nel dopoguerra (1946) sotto la guida dello scultore Guido Galletti.

 

Fig. 1: Autoritratto, 1949, olio su tela, 70x55 cm, collezione dell’autore

 

Fig. 2: Ritratto di Kiki, 1951, olio su tela, 60x46 cm, collezione dell’autore

Il salto temporale di quasi un decennio, che si riflette nella successiva serie dei collages su carta e cartone (1956/64), affaccia su quella direttrice di ricerca artistica che costantemente Carmi porterà avanti fino oltre la prima decade del 2000.  Tra gli altri, “Due mondi” del 1964  appare emblematico del coesistere di mondi e dei loro significati  multipli inconciliati e isolati contro lo sfondo bianco vuoto: poche  lettere scritte a macchina sfuggono dal cerchio sinistro senza sconfinare nel chiuso dominio speculare, ermeticamente immobile. Mentre in Alfabeto del 1963, in un intreccio multiforme di significati, l’anomala forma oscura si giustappone alla fitta trama seriale di lettere e cifre.

 

Fig. 3: Alfabeto, 1963, collage su cartone, 59x41,5 cm, collezione dell’autore

In parallelo la sua produzione già si è avviata sulla linea di ricerca che pone arcane geometrie nel gioco di corrispondenze e si avventura in ponderate incursioni sul versante informale, ove prendono corpo lacerti e nitidi dettagli geometrici. Il periodo dell’informale denota, come ha dichiarato Umberto Eco, una propensione costante a “sovrapporre una tendenza geometrica latente alle influenze dell’informale”, in cui ricorrono forme ovali, motivo che ritorna spesso nei disegni dell’artista. Dentro le linee curvilinee sul bianco sono sospese forme nette e corpi informi, mentre colate in gocce di colore si costellano dalla oscillazione di casualità e progettualità.

 

Fig. 4: Senza titolo 7, 1963, olio e collage su tela, 130x97 cm, collezione dell’autore

 

 

Fig. 5: Senza titolo, 1962, smalto su acciaio, 140x114 cm, collezione Giulio Masoni, Alessandria

Spesso, come in “Senza titolo” del 1962, l’apertura delle linee sta a prefigurare il tema dell’infinito, che sarà la costante della produzione pittorica delle sue geometrie fantastiche. Sul candido smalto campito da forme inconcluse le rare gocce calibrate di rosso sangue e nero sotto l’informe ammasso buio che sovrasta, rivelano l’oscillazione tra equilibrio e indeterminazione quantistica  sottesa a questa fase informale.

I grandi  acrilici su tela del periodo 1971-75 profilano la ricerca sulle “varianti infinite” delle geometrie, che accompagnerà tutto l’arco della sua produzione. In “Ribellione” del 1975 il quadrato rosso puro irrompe sul cerchio a schermare la compostezza opaca dello sfondo. Mentre ne “La scoperta della luce” (1972) , le scale tonali del  grigio in paralleli si accendono al contrasto dell’arcobaleno dai  colori nitidi che taglia l’angolo in  basso.

 

Fig. 6: Ribellione, 1975, acrilici su tela, 116x116 cm, collezione Stefano Veraldi Milano

 

Fig. 7: La scoperta della luce, 1972, acrilici su tela, 120x100 cm, collezione dell’autore

La sequenza dei grandi acrilici, nel successivo salone, si alterna con  progressione temporale discontinua sull’arco 1983/prima decade del 2000. Sono geometrie iridescenti e campite da rossi accesi e blu-notte e nero. Echi metallici si fondono a sottili emozioni liriche, come musica su uno spartito cosmico.  Ne “Il sogno di Eva dopo il peccato originale” (2009),  quadrati replicanti alternano luce diurna ed evocazioni notturne, in equilibri obliqui mai memori di una caduta. E questo miracolo di equilibri tra luce solare e profondità del cosmo notturno che la racchiude come un avvolgente utero,  ricorre nel  gioco trasformazionale delle forme e dei colori,  a tracciare insieme una poetica e una  precisa linea di ricerca. Dove modernamente astratte rivivono alchimie compositive del Rinascimento e la ricerca scientifica della pietra filosofale.

 

Fig. 8: Il sogno di Eva dopo il peccato originale, 2009, acrilici e vernice su tela, collezione dell’autore

Scintille  punteggiano gli smalti siderali di “Memorie” (2002). E fusione di luce e terra impregna le geometrie di “Quadrati in amore” (1988) e “Quadrati  innamorati” (1990). Mentre in “Angolo infinito” del 1993  la punta ad angolo retto di un arcobaleno penetra scendendo al cuore di un cerchio di materica terra- bruna contro lo sfondo della notte. Come un congedo, “Speranza dove vai?” (1999) parrebbe sospendere il dialogo in-finito con la luce, se non per l’ultimo barlume favoloso dell’arcobaleno, che sfugge alla trappola geometrica del rosso e nero.

 

Fig. 9: Angolo infinito, 1983, acrilici su tela, 150x120 cm, collezione di Francesca Carmi, Genova

 

Fig. 10: Speranza dove vai?, 1999, acrilici su tela, 100x100 cm, collezione dell’autore

 

SULLA SEZIONE AUREA

“Il mio interesse a realizzare opere sulla sezione aurea nasce pochi anni fa,
mano a mano che aumenta il mio interesse per le regole della natura
e che aumentano le mie letture scientifiche sulla presenza nella natura
di regole molto precise e funzionali. Già i Greci avevano conoscenza
del rapporto 1,6… che esiste nella sezione aurea….”
(dalla conversazione con Nicoletta Pallini, catalogo Skiraeditore)

Nel salone che comprende i quadri del periodo 2011-2013 compaiono alcune importanti opere legate alla ricerca sulla sezione aurea. L’autore, nella conversazione con Nicoletta Pallini (Il profumo dell’astrazione, catalogo cit. pp. 14-28), fissa in anni recenti il suo interesse per questo rapporto matematico antico e misterioso. A ben vedere  l’armonia della matematica e delle proporzioni  ha improntato il lavoro in arte di Carmi attraverso il Novecento e fino ad oggi, ma l’artista distingue tra il periodo degli anni Settanta, in cui definisce il suo lavoro maggiormente improntato ad una “rigorosa astrazione geometrica”, dalla svolta degli ultimi anni in cui la sezione aurea assume una centralità nuova. Come scrive Valentina Carmi(catalogo cit., p. 138), “Il fabbricante di immagini…è negli anni recenti in dialogo continuo con la natura, rappresentata dalle sue leggi matematiche”. La sua ricerca sulla sezione aurea può essere infine intesa come sfida che si misura con l’incomputabile, fin sulla soglia di una conoscenza altra che si apre al segreto della natura e al mistero del cosmo.

 

Fig.11: La bella spirale della Sezione Aurea, 2011, acrilici e collage su tela, 100x100 cm, collezione della Galleria Antonio Battaglia, Milano

Ne “Il genio di Pitagora” (2011), sulla diagonale in campo candido, un piccolo inserto in oro si intinge nel nero, promessa di un segreto ancora intatto.

 

Fig. 12: Il genio di Pitagora, 2011, acrilici e collage su tela, collezione Valentina Carmi, Milano

La ricerca sulla sezione aurea è espressione  di una cultura pittorica fortemente innovativa in cui tuttavia si perpetua il retaggio del Rinascimento, nell’ alchimia scintillante dei colori,  nell’armonia delle proporzioni e nella  fusione di geometrie e profondità. In continuità con il suo lavoro in arte, improntato all’idea di bellezza e armonia della natura, il tema della “sezione aurea” si inscrive nell’idea classica di bellezza - distante da quella del nostro tempo e segnatamente da quella “che viene impiegata dalla pubblicità specialmente per rappresentare il corpo femminile” - che ritroviamo  “per esempio nelle Annunciazioni dei pittori del Trecento e del Quattrocento, nelle quali la grande bellezza, quella vera, è un’astrazione” (catalogo cit., p. 22).

D’altra parte anche la definizione di “fabbricante di immagini” che predilige viene da lui associata “agli artigiani che nel passato, anche recente, hanno sempre lavorato con grande creatività nelle loro botteghe”, rinviando all’idea prima della bottega rinascimentale. E tutta la sua poliedrica attività di artista impegnato in sperimentazioni in svariati campi e con i più diversi materiali, fino al coinvolgimento attivo e progettuale come art director, grafico e designer in campo industriale, attesta di un legame con il mondo della produzione e del lavoro, nel quale porta anche il proprio bagaglio di conoscenze tecniche (nota 3).

POSTILLA : I TRE RACCONTI

Forme sorprendenti, fantasie geometriche e inedite variazioni cromatiche ideate per le favole si affacciano impreviste nell’isola dedicata al “mondo dei bambini” e all’avventura condivisa con l’amico Umberto Eco. Nello scritto “Postilla” del 1996 (nota 4) Eco annota l’esperienza di collaborazione con Carmi, che ha creato le illustrazioni per le sue favole “I tre cosmonauti”, “La bomba e il generale” e “Gli gnomi di Gnu”(nota 5). In mostra sono esposte alcune delle tavole originali. La prima edizione del 1966 de “La bomba e il generale”- una favola antimilitarista – fu “un fiasco” poiché considerata “troppo progressista”, così come accadde per “I tre cosmonauti”, a riprova degli ostacoli che incontrano le autentiche innovazioni. La ristampa del 1988 fu un successo mondiale.

L’innovazione in campo artistico si incontra con l’innovazione pedagogica nell’ educazione artistica, rivelando la piena rispondenza di queste illustrazioni astratte e che rovesciano ogni schema con la creatività e l’intelligenza infantile. Oltre alla bellezza delle illustrazioni, assume rilevanza il loro potenziale formativo, anticipatore delle attuali tendenze nell’educazione artistica infantile, volte a potenziare ideazione e ricerca creativa, invenzione ed originalità d’espressione a fronte di un insegnamento centrato sulla copia della realtà e sullo stereotipo.

 

LA BELLEZZA IN FABBRICA

“…tra le pieghe del sistema,
isole di intelligenza e riscatto,
dimostrando che la pianta dell’uomo
attecchisce anche all’inferno”
Dal video della mostra dedicato a Kurt Blum

Il video dedicato all’amico artista fotografo Kurt Blum (nota 6) costituisce il filo rosso ideale attraverso cui leggere questa sezione della mostra, incentrata sull’ esperienza nel campo dell’arte industriale. Il suo inizio  è già la fine: Eugenio Carmi si aggira oggi, nel paesaggio spettrale della vecchia Italsider, tra scheletri di macchine e derive di un sogno che fu costruzione e lotta per trasformare la realtà….Il suo monologo racchiude reperti di memorie d’archeologia industriale e istantanee di un paesaggio contemporaneo definito da Eco di “terziarizzazione totale” e di “industrie in mano ai finanzieri e non agli industriali”

Le linee-guida del video riconducono alla rappresentazione esatta del tramonto di un’epoca in cui le prospettive di costruzione solidale di nuova cultura mobilitavano le varie componenti sociali sia idealmente che in esperienze condivise sui territori. Recentemente, in una intervista dell’11 maggio 2013 resa a Nicola Bertasi e pubblicata in Alias-il Manifesto, Carmi così riassumeva la scomparsa di quel mondo produttivo in cui aveva operato da protagonista e la crisi dell’arte e del nostro tempo “Il mondo è cambiato. Oggi tutto questo è un ricordo, è finito il tempo della speranza, è arrivata la tecnologia a trasformare la nostra vita…anche l’arte è in crisi, ha perso l’identità che l’ha accompagnata nei millenni, non ci consente di riconoscere l’identità dell’autore. Non so  bene cosa dire, ma credo che questo rispecchi la grande crisi del mondo che non è, come tutti credono, economica. E’ una crisi di valori spirituali…”  Il monito a “proteggere la natura e difendersi da un’economia globale che tutela interessi ingiusti” ritorna più volte anche nell’ intervista di Nicoletta Pallini , insieme alla consapevolezza che “la globalizzazione…sta distruggendo tutte le identità e quindi anche quella dell’arte” ( catalogo cit, p.28 e p. 20).

 

Fig. 13: Eat-aly, 1970, plexiglas e pasta, 20x30x6,3 cm, collezione dell’autore

La convinzione che la bellezza e la cultura siano portatrici di valori di vita e anche socioeconomici aveva improntato l’esperienza che l’aveva visto protagonista  nella Italsider degli anni Sessanta.  Il direttore generale Gian Lupo Osti, nella convinzione che “un’industria deve creare cultura”, nel 1956 chiamava Carmi a collaborare come art director/ designer / artista. Carmi vi sperimentò un modello pressoché unico di collaborazione, tra creazione artistica, ideazione intellettuale e lavoro produttivo tecnico-manuale ed artigianale, coinvolgendo gli operai nella produzione di opere d’arte e  avvalendosi della loro capacità tecnica. Il progetto era sostenuto da politiche culturali rivolte ai lavoratori dell’Italsider con offerta di mostre, film, spettacoli, riviste…Il successo della mostra di Spoleto “Sculture nella città” del 1962, nella quale l’Italsider ebbe una parte fondamentale, e soprattutto della grande “Mostra delle realizzazioni dell’industria Italsider” tenutasi lo stesso anno a Mosca con partecipazione di artisti di fama mondiale, e di cui Carmi era il curatore, dà la misura della grandezza del progetto che egli, unitamente alla dirigenza e agli operai dell’Italsider, aveva portato avanti in quegli anni.

Il “fabbricante di immagini” dissemina tracce concrete di quella stagione nelle sue opere di grafico  e designer in cui opera l’unificazione stilistica dei materiali in uso nella fabbrica  nel segno delle forme astratte e del colore, realizzando con sorprendente modernità l’immagine coordinata dell’azienda, dai raccoglitori per gli uffici alla segnaletica interna ed esterna. Mentre, nella grafica per l’Italsider, traspone riflessi significativi della produzione pittorica di quel periodo.

 

Fig.14: alcuni cartelli antinfortunistici di Eugenio Carmi

Nel video – ideale filo-conduttore della parte della mostra dedicata all’arte industriale -intervengono molti protagonisti dell’arte internazionale (pittori, scultori, fotografi e registi, critici d’arte) che hanno intrecciato rapporti ed esperienze con Carmi, e la cui elencazione, alquanto lunga, andrebbe a ricostruire una costellazione di  pietre miliari dell’arte contemporanea.  Nell’esperienza degli anni sessanta della Galleria del Deposito (da lui fondata nel 1963 in Boccadasse) collaboravano  Flavio Costantini, Achille Perilli, Kiky Vices Vinci, Emanuele Luzzati, Germano Facetti, Kurt Blum… Alla Galleria del Deposito hanno esposto Max Bill, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Richard Paul Lhose, Victor Vasarely, per citarne solo alcuni. Mentre all’esperienza di art director dell’Italsider, tra il 1956 e il 1965, Carmi aveva la fattiva collaborazione di Getulio Alviani, Kurt Blum, Jannis Kounellis, Emanuele Luzzati, Riccardo Manzi, Arnaldo Pomodoro, Gino Severini. Agli interventi di importanti esponenti dell’arte, nella rievocazione dell’esperienza di fabbrica si intercalano quelli degli operai intervistati -  Silvano Carobbi ex saldatore e Francesco Di Terlizzi ex operaio - unitamente a tutti gli altri evocati nella memoria che allora avevano offerto con entusiasmo il loro apporto tecnico e manuale. 

Riemerge così da questo emblematico video – tra derive della globalizzazione  e riemersione della tensione utopica – la fotografia di un’epoca sommersa, che aveva visto lavoratori e studenti quali attori cooperanti  ad un medesimo grande progetto di cambiamento  e sviluppo sociale entro il  quadro unitario delle due culture manuale e intellettuale . Mentre, in persistenti richiami, si riaffaccia nello sfondo della crisi globale in progress,  l’idea portante  della cultura come complesso di beni culturali, territori, città e attività, capace di connettere sogni e progetti del futuro con le radici della memoria collettiva e individuale e la storia del nostro passato, ed entro cui riflettere la nostra identità e il nostro orientamento attuale e futuro.

L’ULTIMO INTERROGATIVO

La domanda spontanea che sorge alla fine è se sussista separazione oppure continuità tra le due sezioni della mostra, e quindi tra le due dimensioni tecnica e artistica dell’opera di Eugenio Carmi, il creatore di geometrie lirico-musicali ed enigmatiche ispirate al tema della “sezione aurea” che si è misurato con una realtà industriale in piena espansione nel segno della produzione estetica.

A questo interrogativo possiamo rispondere rintracciando il filo sotteso della continuità nella semplice frase che racchiude, per così dire, il dna della sua poliedrica opera: “A me interessano i segni per la vita”.

 

Notizie

"SPEED LIMIT 40", antologica di Eugenio Carmi
Genova, Palazzo Ducale, Loggia degli Abati – dal 27 febbraio al 17 maggio 2015

"La tecnologia non c’entra – L’opera grafica di Eugenio Carmi” a cura di Leo Lecci con la collaborazione di Roberta Lucentini, presso il Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova dal 18 aprile al 17 maggio 2015.

 

Note al testo

Nota 1: Catalogo della mostra: Eugenio Carmi – Speed Limit 40. a cura di Nicoletta Pallini, Sara Villa per lo Studio Carmi, In appendice “Eugenio Carmi. Formazione, vita, opere” di Valentina Carmi, Skira editore, Milano, 2015

Nota 2: David Deutsch, The Fabric of Reality, Penguin Books, New York, 1997. La teoria degli “universi paralleli” di Deutsch (preceduta da una tesi del 1957 del fisico  americano Hugh Everett III della Princeton University), concepisce la realtà fisica nella sua interezza come contenente una molteplicità di spazitempi paralleli tra loro non-comunicanti e non interagenti, ipotizzando un infinito numero di “mondi alternativi” e la possibilità dei viaggi nel tempo.  La citazione e il relativo distinguo operato nell’articolo  riguardo al termine “multipli” usato da Carmi (riferito alla ricchezza dei significati e alla complessità in ogni sua sfaccettatura) sono motivati dalla constatazione che l’idea di molteplicità della realtà, ed i termini “multiverso” e “universi paralleli” rigorosamente definiti in ambito scientifico, vengono spesso declinati in modo ambiguo e non esente da manipolazioni ideologico-strumentali in vari contesti, che vanno dal senso comune all’industria culturale al livello mediatico e pubblicitario.  Infatti, sebbene il concetto degli “universi paralleli” abbia radici filosofiche antiche nell’idea della “pluralità dei mondi” degli atomisti greci, ed in letteratura e in arte dati dalla seconda metà dell’Ottocento, con sviluppi nel Novecento specialmente in ambito fantascientifico, nella contemporaneità esso trova interpretazioni inedite, non esenti da ambiguità e deformazioni anche strumentali, che finiscono col far sì che l’idea dei mondi multipli e delle realtà parallele concorra ad una cultura funzionale ai processi socio-economici e di potere della globalizzazione in progress.

Nota 3: Carmi termina i propri studi classici in un collegio italiano a Zug e si laurea in chimica al politecnico Federale di Zurigo.

Nota 4: tratto da “Carmi” di Umberto Eco e Duncan MacMillan, edizioni l’Agrifoglio, Milano, 1996

Nota 5: In mostra compaiono le illustrazioni originali dei libri di Eugenio Carmi ed Umberto Eco editi da Bompiani “I tre cosmonauti” e  “La bomba e il generale”   prima (1966) e seconda (1988) edizione, ed inoltre del libro “Gli gnomi di Gnù” del 1992

Nota 6: Con Kurt Blum nel 1960 Carmi realizza il documentario “L’uomo, il ferro, il fuoco” sulle acciaierie di Genova-Cornigliano, che traduce in immagini gli impressionanti scenari infuocati entro cui operavano i lavoratori di quel grande complesso industriale. L’opera al festival del Cinema di Venezia vince il primo premio nella sezione documentari. Nel video, parte integrante e al tempo stesso ideale filo conduttore della sezione della mostra sull’arte industriale, dedicato all’amico Kurt,  sono inserite varie sequenze di quello storico documentario. Kurt Blum (Berna, 1922-2005) è stato regista-documentarista, reporter, fotografo industriale e un importante ritrattista attivamente legato agli ambienti artistico-culturali in cui hanno operato alcuni protagonisti dell’arte del Novecento, ritraendo in fotografia, tra altri, Picasso, Chagall e Giacometti.    

 

Didascalie delle figure

Fig. 1: Autoritratto, 1949, olio su tela, 70x55 cm, collezione dell’autore

Fig. 2: Ritratto di Kiki, 1951, olio su tela, 60x46 cm, collezione dell’autore

Fig. 3: Alfabeto, 1963, collage su cartone, 59x41,5 cm, collezione dell’autore

Fig. 4: Senza titolo 7, 1963, olio e collage su tela, 130x97 cm, collezione dell’autore

Fig. 5: Senza titolo, 1962, smalto su acciaio, 140x114 cm, collezione Giulio Masoni, Alessandria

Fig. 6: Ribellione, 1975, acrilici su tela, 116x116 cm, collezione Stefano Veraldi Milano

Fig. 7: La scoperta della luce, 1972, acrilici su tela, 120x100 cm, collezione dell’autore

Fig. 8: Il sogno di Eva dopo il peccato originale, 2009, acrilici e vernice su tela, collezione dell’autore

Fig. 9: Angolo infinito, 1983, acrilici su tela, 150x120 cm, collezione di Francesca Carmi, Genova

Fig. 10: Speranza dove vai?, 1999, acrilici su tela, 100x100 cm, collezione dell’autore

Fig.11: La bella spirale della Sezione Aurea, 2011, acrilici e collage su tela, 100x100 cm, collezione della Galleria Antonio Battaglia, Milano

Fig. 12: Il genio di Pitagora, 2011, acrilici e collage su tela, collezione Valentina Carmi, Milano

Fig. 13: Eat-aly, 1970, plexiglas e pasta, 20x30x6,3 cm, collezione dell’autore

Fig.14: Alcuni cartelli antinfortunistici di Eugenio Carmi

 

 

 

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