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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Rodin, il giovane in formazione

«Il genio non sta solo nel creare un’opera, ma nel creare sé stesso».
Aline Magnien

Fig. 1

Quanti anni servono perché un artigiano possa essere riconosciuto come artista? Quanto tempo è necessario perché un artista riesca a manifestare il proprio genio?Quando nel 1880 lo stato francese commissionava ad Auguste Rodin la realizzazione di quello che sarebbe divenuto uno dei suoi massimi capolavori, questi aveva quarant’anni e da circa venti già lavorava, applicava, creava. Tra il 1864 e il 1884 Rodin si formava, tra successi e insuccessi, per diventare quell’artista di cui appena cinquant’anni dopo la morte si poteva affermare: «Oggi nessuno contesta più a Rodin il posto di precursore della scultura del XX secolo. In un’epoca in cui la ricerca dell’espressione pareva un oltraggio alla bellezza, egli ha osato rappresentare la sofferenza, la miseria della condizione umana, l’impossibilità dell’uomo di sfuggire al suo destino» (Cécile Goldscheider, da Rodin, catalogo della Mostra di Auguste Rodin, Roma 1967).

Ma prima del genio, prima del successo, prima dell’esplosivo rinnovamento della scultura, chi era Auguste Rodin? Con un inedito lavoro di ricerca sulle origini tentano di dare delle risposte i curatori Flavio Arensi, direttore di SALe – Spazi d’Arte Legnano, e Aline Magnien, capo conservatore delle collezioni del Musée Rodin di Parigi. La mostra, inaugurata il 20 Novembre a Legnano (Milano), dove resterà fino al 20 Marzo 2011, è l’esito di un progetto di stretta collaborazione tra Italia e Francia che ha alle spalle quattro anni di studio e ricerca sugli anni e i temi ad oggi più frettolosamente considerati della produzione dell’artista. Viene presentato infatti un giovane Rodin non solo scultore, ma anche pittore e decoratore negli anni della sua prima formazione e nel consolidamento di una poetica originalissima, che passa anche attraverso il contatto con l’Italia, e approda alla prima significativa committenza di rilievo: la Porta dell’inferno.

Fig. 2Rodin nasce a Parigi, il 12 Novembre nel 1840. A dieci anni inizia a disegnare e frequenta l’ École impériale spéciale de dessin et de mathématiques, sotto la guida di Lecocq de Boisbaudran e del pittore Belloc. A quindici anni, però, scopre la scultura e rimane per diverso tempo sospeso tra l’una e l’altra arte, dubbioso sulla propria identità, ma non per questo meno sperimentatore o propositore. Si inserisce in diversi contesti di collaborazione, specialmente nell’ambito della decorazione. Nonostante i ripetuti tentativi di ammissione alla Scuola Superiore di Belle Arti di Parigi - in quegli anni la voce ufficiale dell’accademismo francese – viene respinto per ben tre volte. Ma la tenacia di Rodin, che si dimostra in questo tutto umano ma straordinario, non gli permette di arrendersi. Quando ai mancati successi professionali si aggiunge il dolore per la perdita della sorella, si ritira in convento presso i Padri del Santo Sepolcro, e aspetta il 1864, l’anno della svolta sotto molteplici punti di vista: incontra la ventenne Rose Beuret, compagna di una vita - diventerà tuttavia sua moglie solo poco prima della scomparsa di entrambi -; subisce un ennesimo rifiuto dal Salon, che respinge la sua Testa dell’uomo col naso rotto; ma soprattutto inizia a lavorare presso la bottega dello scultore Albert-Ernest Carrier-Belleuse.
Rodin sembra reagire alle avversità elaborando quella che Aline Magnien, nel catalogo della mostra, definisce una «retorica del rifiuto e della rivincita»; come anche Arensi si è premurato di sottolineare, la grandezza del genio in queste circostanze nasce dal perseguire uno scopo senza mai allentare la presa sui propri sogni. Rodin li coltiva lasciando la Francia e avventurandosi in due viaggi che modellano in modo significativo tutta la sua produzione successiva e ne garantiscono il successo.
Tra il 1871 e il 1878 è in Belgio, dapprima come collaboratore di Carrier-Belleuse, poi da sé: è qui che incontra il barocco fiammingo e considera la possibilità di una alternativa allo sterile accademismo di Francia.
É durante questo stesso soggiorno, nel 1875, che probabilmente viene a conoscenza delle iniziative tutte di sapore italiano per la ricorrenza della nascita di Michelangelo: da qui parte alla volta dell’Italia. Il Grand Tour era ormai consuetudine affermata; per Rodin diventa stilisticamente un punto di non ritorno.
Fig. 3Gira in lungo e in largo la penisola, prendendo appunti, realizzando copie a carboncino di diverse opere e lasciandosi sconvolgere e ispirare (Fig. 1). In una lettera a Rose Beuret scrive da Firenze:
«Tutto quello che avevo veduto di fotografie e di calchi non dà la minima idea della Sacrestia di San Lorenzo. Bisogna guardare le tombe di profilo, di tre quarti. Ho passato cinque giorni a Firenze, solo oggi ho veduto la sacrestia: ebbene, per cinque giorni sono rimasto freddo [...] Non ti stupirai se ti dico che, dal primo momento del mio soggiorno a Firenze, studio Michelangelo; credo che il gran mago mi scopra qualcuno dei suoi segreti» (Aline Magnien, Flavio Arensi, Rodin. Le origini del genio, Allemandi ed. 2010).

L’affinità che Rodin ritrova in Michelangelo scultore è a dir poco prorompente. Basti pensare all’Età del bronzo (Fig. 2): per quanto ancora non siano chiare agli studi le dinamiche precise della sua realizzazione, si sa che la scultura era stata iniziata a Bruxelles, alla vigilia del viaggio in Italia; quando al rientro vi rimette mano, Rodin non può eludere l’influenza michelangiolesca.
La precisione anatomica – che gli costò per altro ondate di polemiche e scandali per l’aderenza esasperata al modello Auguste Neyt, il soldato dal quale si disse fu tratto il calco dal vero -; la posa sciolta, quasi abbandonata, delle gambe; quel braccio piegato che tanto deve ad un
Prigione e quell’altro stretto nella presa della lancia assente: tutto è un trattenere e rifuggire tensioni già michelangiolesche. E per quanto ancora sia solo in potenza l’espressione che apparterrà a capolavori più in là con gli anni, è questa, lasciati in disparte il decorativismo e l’ornamentalismo – ma non per questo dimenticati i possibili riverberi -, la decisiva consacrazione di Rodin alla scultura.
Nel 1877 espone tra le polemiche il modello in gesso, prima a Bruxelles e in seguito a Parigi; è fuso in bronzo nel 1880 ed è un successo internazionale. Nello stesso anno giunge la commissione per la monumentale porta - mai collocata – per il Museo di arti decorative che doveva sorgere dove fu poi realizzata la stazione d’Orsay, oggi omonimo Museo. Nella sua originalità, Rodin da subito rivolge uno sguardo all’Italia: ad ispirare il progetto è la
Porta del Paradiso di Ghiberti, che l’artista ha potuto ammirare presso il Battistero di San Giovanni a Firenze; la composizione però, abbandonata la geometria delle figure entro formelle, è un omaggio al dinamismo instabile dell’impalcatura sistina del Giudizio Universale del Buonarroti; il tema è tutto dantesco, così come i personaggi che popolano la porta sono presi a prestito dalla Commedia.

Fig. 4

In mostra viene filologicamente ricostruita la genesi del capolavoro: gli schizzi, i bozzetti in gesso, in bronzo, il complesso e il particolare, la prova e l’esito finale. Spiccano adolescenti irrequieti, donne colte nell’intimo, quella «miseria della condizione umana» di cui sopra, che coglie l’anonimo come il celeberrimo: è qui che si possono riconoscere il Conte Ugolino, o Paolo e Francesca, mentre le terzine incatenate riaffiorano alla mente. Non sono esenti da questo tormento, che è sì interiore ma è anche materico e plastico, i gruppi scultorei con i quali l’esposizione di congeda: le Tre Ombre a coronamento monumentale della Porta, ovvero la trittica ripetizione ritmica di una stessa figura mai identica a sé stessa – entro cui possono essere inserite le più varie significazioni -; il Pensatore, assiso in posizione rilevata, raccolto nelle sue meditazioni; Adamo ed Eva, titanici eppure sfatti. Qui si chiude la fase di formazione del genio indiscusso e insieme anche il percorso espositivo alla Sala Leone da Perego di Legnano.
Il seguito dell’esperienza rodiniana è in parte documentato fotograficamente attraverso alcune opere di tangenza tra l’artista e la giovane che ventenne entra nella sua bottega come promettente allieva e nella sua vita come intrigante amante, Camille Claudel (1864-1943). Si tratta di 40 scatti in bianco e nero a cura di Bruno Cattani, fotografo reggiano, realizzati tra il 1999 e il 2001 per il Musée Rodin di Parigi, apprezzabili presso gli spazi della Banca di Legnano. Il resto della produzione dello scultore, ovvero i maggiori successi, i riconoscimenti nazionali e internazionali, le esposizioni nelle capitali dell’arte europee e d’oltreoceano, fino alla morte sopraggiunta a Meudon il 17 Novembre del 1917, è materia di un’altra mostra.

Fig. 5

Le esperienze di questi vent’anni sono dispiegate su due piani di esposizione, con un allestimento cronologico e stratificato: al piano terreno la primissima produzione raccolta nella sezione dal titolo Giovinezza e formazione, con ventisei disegni inediti per l’Italia; sempre inediti i diciannove dipinti di piccolo formato in olio su cartone ispirati dalla foresta belga di Soignes. Sono produzioni di grande originalità, che partono dallo studio dei classici, riscoprono la Natura nella sua forma più elementare, ma anticipano in alcuni casi anche sperimentazioni dadaiste ben più tarde quali i papiers collés (Fig. 3).
Al secondo piano le sessantacinque sculture: i gessi, le terrecotte (Fig. 4), i bronzi di grande e piccolo formato, i marmi. Spaziano dalla ceramica seriale e ritrattistica ancora legata agli ambienti accademici, ai più frizzanti distacchi da questi ultimi, ovvero opere in cui la forma progressivamente si fa più sfrangiata, la posa più vissuta, la riflessione più sentita. Dalle influenze degli anni in Belgio ci si sposta di sala in sala allo stringente rapporto con l’Italia: Donatello, Raffaello e sopra ogni altro Michelangelo.
Da qui all’elaborazione di quella cifra stilistica inconfondibile il passo è breve, ed è il passo del più tardo
Uomo che cammina, riecheggiato nel San Giovanni Battista del 1877. Allo stesso tempo è un grido, quello de La Défense, il monumento per la cel
ebrazione della resistenza parigina durante la guerra franco-prussiana del 1870, rifiutato al concorso per l’aspro impeto e il profano michelangiolismo del soldato caduto – troppo esplicito riferimento al Cristo della Pietà Bandini). O ancora la contrazione ferina dell’Ugolino chino sul capo dei figli, o la passionale fusione di forme di Paolo e Francesca (Fig. 5). L’allestimento, curato dagli architetti Tortelli e Frassoni, è definito da Arensi «un lavoro pulito in cui le opere parlano da sé e la scenografia fa un passo indietro»: si sono scelte infatti geometrie uniformi nei colori, principalmente scuri ma brillanti, risaltati dalle luci d’accento che inquadrano singolarmente le opere esposte, siano esse su irregolari piedistalli, su basamenti calibrati tra la rispettosa distanza e la curiosa prossimità del visitatore, o nelle teche in vetro.
L’atmosfera nel complesso è rilassata e le sintetiche didascalie o citazioni che accompagnano la visita ripercorrono l’iter attentamente suggerito dai curatori. Le opere parlano da sé e dialogano intimamente nel silenzio della penombra alternata a bagni di luce. C’è lo spazio per pensare, laddove, a detta del curatore: «pensare è sempre difficile. Ed è per questo che noi finiamo con il
Pensatore» (Fig. 6). Questi doveva essere, nell’idea originale di Rodin, un Dante stante, in disparte nell’osservare la sua Porta; diventa invece - passando attraverso il Giuliano de’ Medici di Michelangelo - l’emblema dell’artista, di ogni artista: chiuso in sé stesso, assiso in raccoglimento, ma sbrigliato altrove nel pensiero. Quell’artista che, ci illumina Rodin, «non è un sognatore. È un creatore».

Fig. 6

Didascalie delle immagini
Fig. 1, L'Aurora, disegno carboncino su cartone après Michelangelo, 1876.
Fig. 2,
L'età del bronzo, bronzo, 1880.
Fig. 3,
Studio di personaggio antico, mina di piombo e acquerello su carta crema ritagliata e incollata, ante 1870.
Fig. 4, Sala della mostra con terrecotte della sezione In Belgio.La scultura.
Fig. 5,
Paolo e Francesca, bronzo, 1882.
Fig. 6,
Il Pensatore, particolare, gesso, 1903.

Scheda tecnica
RODIN. Le origini del genio (1864-1884), Legnano, Palazzo Leone da Perego (via Gilardelli, 10), 20 novembre 2010 - 20 marzo 2011.
Orari:
da martedì a domenica 9.30-18.30; chiuso lunedì. Per informazioni: tel. 0331 471335, spaziartelegnano.com
Catalogo: Umberto Allemandi & C. Organizzazione e Promozione Civita Via Fratelli Ruffini, 1 - 20123 Milano Tel. 02.43353522 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.civita.it

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