La mostra di Banksy a Roma

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 Leggiamo di una mostra di Banksy e pensiamo subito che è sbagliato esporre in una galleria tradizionale le opere di uno street artist; anzi, la cosa è di per sé contraddittoria. In questi giorni successivi all'inaugurazione della mostra romana War Capitalism & Liberty a Palazzo Cipolla, sono già apparse varie stroncature basate principalmente su questa considerazione di "incongruenza".

Fig. 1

E invece, dopo aver visto questa ampia collezione di quadri prestati da privati, siamo davanti a una sorta di rivelazione: Banksy non è soltanto uno street artist, le sue opere in un museo sono perfettamente a loro agio. E se la visita conferma in modo esplicito che il misterioso artista inglese (il cui nomignolo deriva dal nome celebre di Gordon Banks, portiere per un decennio della nazionale di calcio inglese) appartiene a una tarda Pop Art più che al graffitismo di Basquiat e Haring, in modo evidente dimostra anche le sue radici culturali, che trovano in Daumier il punto di partenza e nel dadaismo di Grosz e Heartfield il momento obbligato di passaggio. Per fare un paragone non banale e non immediato, lo street artist italiano Bros fece alcuni anni fa un pericoloso salto nel buio accettando di essere celebrato con mostre ufficiali (presentate incautamente da un noto personaggio televisivo), che in effetti ne rivelarono la piccolezza artistica e finirono per restituirlo alla sua corretta dimensione di grafico pubblicitario.

Fig. 2

Banksy è ben altro. Osservatore acuto della realtà politica, anarchico nei contenuti, geniale nelle soluzioni compositive, ha saputo costruire la propria immagine grazie a invenzione e creatività unite a una notevolissima aggressività nei contenuti, ma anche per mezzo di trovate dadaiste smaccatamente pubblicitarie, come il travestirsi per entrare nei musei, introdurre di nascosto le proprie opere nelle sale più prestigiose, elargire grandi somme di denaro per buone azioni ben calcolate … Insomma, lui e i suoi collaboratori hanno creato un mito moderno, ma mentre lo creavano hanno anche simulato di demolirlo; l'opera che apre giustamente la mostra romana ce lo conferma e ce lo segnala, I can't believe you morons actually buy this shit - Non ci posso credere che voi coglioni vi comprate davvero queste cagate, è l'immagine di un battitore in una affollata sala d'aste (Fig. 1). I morons siamo noi visitatori senza dubbio e dobbiamo ricordarcene ...

I pezzi esposti rimandano a opere di dimensioni maggiori, o comunque inamovibili, che si trovano in varie città del mondo, ma non ne sono copie riduttive; si tratta sempre di stencil eseguiti con vernice anche su superfici anomale come metallo e legno, o su oggetti preesistenti. La possibilità inconsueta di vedere dei Banksy in sequenza rivela le soluzioni formali, la ricerca, il metodo di fondo dell'artista; e al sarcasmo e all'ironia si aggiunge una straordinaria capacità di sintetizzare in un'immagine e in uno slogan un pensiero politico. Come in Duchamp, il gioco di parole dei titoli è dominante e probabilmente sta alla base della creazione successiva.

Fig. 3

Quindi la mostra va presa come l'anteprima di un (im)possibile viaggio che ci porti a vedere dal vero tutti gli interventi di Banksy nel mondo, peraltro nella speranza che tutti sopravvivano al desiderio di pulizia delle amministrazioni cittadine. Stabilito allora che non è una mostra dell'artista Banksy, ma una sorta di introduzione al suo lavoro, possiamo visitarla con spirito obiettivo e sereno.

Ci sono alcuni temi che ricorrono, a partire dai topi, poi i poliziotti, i bambini, le scimmie. C'è in varie versioni il celebre lanciatore di fiori (Flower thrower) detto anche Love is in the air, in cui un black-block mascherato lancia un mazzo di fiori colorati invece di una molotov (Fig. 2); l'esaltazione del personaggio è incorporata nel suo opposto, il guerriero diventa pacifista. Ci sono alcuni omaggi al grande maestro Warhol, come le banane dei Velvet Underground al posto delle pistole dei killer di Pulp Fiction (Fig. 3) - di nuovo l'ironia prende il sopravvento -, e come la nuova Marilyn trasformata in Kate (Kate Moss, nella Fig. 4)). C'è anche quella famosa figura struggente di bambina che perde o lancia un palloncino rosso a forma di cuore, tante volte riprodotta su cartoline o t-shirt (Fig. 5).

Fig. 4 Fig. 5

Ci sono anche molte scimmie-sandwich, che riappaiono identiche ma con scritte diverse. Il testo originale del 2002 è il più forte e ricorrente, Laugh now, but one day we'll be in charge - Ridete pure adesso, ma un giorno saremo noi a comandare. Usata e ridicolizzata, la scimmia aspetta il suo turno, è l'antenato dell'uomo (Fig. 6), ma Banksy sembra anche aver rappresentato in quella scimmia tutti gli schiavi e i derelitti del mondo, pronti quasi a seguire il desiderio di unità espresso da Marx.

Fig. 6

Contro la guerra, contro il capitalismo, per la libertà, Banksy può allora far parte del pantheon degli artisti più popolari, fare tendenza, diventare un maestro, entrare nei manuali di storia. Forse Robin Gunningham (se davvero è questa la sua identità segreta) non lo desidera, ma non credo possa ignorare che questo è il destino di chi raggiunge il successo.

La mostra è stata curata da Acoris Andipa e da Stefano Antonelli e Francesca Mezzano, e finanziata dalla Fondazione Roma con la Fondazione Terzo Pilastro. L'allestimento è come sempre a Palazzo Cipolla ben curato e accogliente; la parete di un corridoio ospita una interessante ricostruzione verbale e grafica delle carriera di Banksy, cominciata negli anni 90. Non ci sono fotografie o filmati relativi alle sue opere "fisse", secondo una scelta che si direbbe orientata a un discorso parallelo sull'artista e non a una sua celebrazione.

Come previsto, Banksy non si è fatto vivo per congratularsi, ma neppure – come si poteva temere – per intimare uno stop.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Banksy, I can't believe you morons actually buy this shit

Fig. 2, Banksy, Girl with balloon

Fig. 3, Banksy, Kate

Fig. 4, Banksy, Love is in the air (flower thrower)

Fig. 5, Banksy, Pulp fiction

Fig. 6, Banksy, Laugh now, but one day we'll be in charge

 

Scheda tecnica

Guerra, Capitalismo & Libertà, aperta al pubblico sino al 4 settembre 2016, Palazzo Cipolla, Via del Corso 320 - 00186 Roma. Maggio, giugno, luglio e settembre: dal martedì alla domenica ore 11.00 – 20.00, lunedì chiuso; agosto: dal martedì alla domenica ore 16.00 – 21.00, lunedì chiuso. Biglietto intero: 12,00€, ridotto: 8,00€.