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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

A Magic Flute, di Peter Brook


Un Flauto magico con il quale il Prospero della scena internazionale si congeda dal Théatre des Bouffes du Nord è un estremo atto di fede nel potenziale espressivo del suo teatro povero e minimalista, ma qualsiasi confronto con l'opera mozartiana non può che indebolire il suo canto del cigno. Dopo La Tragedie de Carmen (1981) e Impressions de Pelleas (1992) da Claude Debussy, Un flauto magico è il terzo tentativo di Brook di ridurre un'opera lirica al rigore espressivo del suo teatro, sfrondandola di quegli elementi, a suo dire, artificiali o troppo spettacolari. Alla base di queste difficili operazioni c'è l'intento di catturare l'essenza dell'opera originale e di inscenarla nello spazio più intimo e ridotto del teatro, attraverso insolite interazioni tra recitazione e canto. L'adattamento di Carmen traeva spunto direttamente dalla novella di Mérimée e riduceva l'opera di Bizet ad uno spettacolo di ottanta minuti con soltanto quattro cantanti, l'orchestra quasi dimezzata e, per di più, nascosta dietro le quinte. Allo stesso modo Impressions de Pelleas sottraeva un terzo della musica, riassumeva l'orchestra a due soli pianoforti e tagliava fuori i ruoli secondari. Il tutto, in entrambi i casi, per far risaltare la vicenda umana sommersa dagli abbellimenti operistici.

Anche Un Flauto magico tende alla purezza e all'immediatezza attraverso un processo di vistosa sottrazione. Il libretto di Schkaneder viene sforbiciato in più punti e i recitativi riscritti in francese, mentre la musica, sfrondata delle parti corali, è stata arrangiata per pianoforte con l'aggiunta di frammenti del Concerto per pianoforte No. 27. Il cast si riduce a sette cantanti, due attori di colore che fungono da servi di scena e il pianista. Il palcoscenico severamente spoglio ospita soltanto un pianoforte a coda e sottili canne di bambù che, intrecciate ad arte dagli attori, scolpiscono nello spazio foreste, prigioni, nascondigli e il tempio di Sarastro. Il vero preludio allo spettacolo è costituito da una breve pantomima in cui William Nadylam fa volteggiare in aria una sottile bacchetta bianca, la stessa che a mo' di flauto guiderà Tamino nel suo cammino verso la luce della conoscenza. La bacchetta è chiaro simbolo della magia stessa del teatro che con semplici gesti ha il potere di evocare mondi sconfinati. Lo spettacolo si presenta dunque come un sortilegio che si dovrebbe guardare con lo stesso sguardo incantato dei bambini che nella indimenticabile versione di Bergman attendono trepidanti l'apertura del sipario. Tutto sulla scena concorre alla riconquista di un perduto candore infantile, dalla semplicità dei mezzi all'incertezza voluta dei movimenti scenici. Si ha quasi l'impressione che le assi del palcoscenico siano troppo fragili per sostenere il peso della rappresentazione di un qualcosa che è altro da Mozart, ma che a Mozart comunque, inevitabilmente, rimanda. Solo i due attori sembrano muoversi con agio mentre spostano gli oggetti e mentre guidano i passi incerti dei giovani cantanti da una parte all'altra del palcoscenico. Il pianista, si trasforma spesso in un personaggio che interagisce in modo giocoso con gli altri mentre fa finta di improvvisare la musica. Ma la esplicita artigianalità dello spettacolo non sempre riesce ad infiammare l'immaginazione dello spettatore, né a trasmettergli emozioni. Non importa tanto che le tre dame e i tre fanciulli non compaiano, né, tanto meno, che le voci dei cantanti siano modeste sia nell'estensione che nelle coloriture. Quella di Brook non è un'opera, bensì una fiaba cantata e agita a teatro e i cantanti fanno del tutto per rendere credibili i loro personaggi. Il punto è che la forbice di Brook avrebbe dovuto tagliare ancora di più le parti musicali per lasciare più spazio al puro teatro di movimento e di immagini. L'alternarsi delle parti cantate in tedesco e dei dialoghi in francese è poco fluido e a volte si ha l'impressione che le arie siano troppo affastellate l'una sull'altra. Mancano in somma quei tempi di respiro tra cantato e recitativo che lasciano emergere l'intensità emotiva delle singole parti. Qui tutto è compresso in novanta minuti e, a forza di detrazioni alcuni personaggi vengono inevitabilmente banalizzati. Ben lungi dall'essere ambigua, la Regina della Notte diviene una madre dolorosa alla quale è stata rapita la figlia e Monostatos viene presentato come un selvaggio dominato dagli istinti. Sarastro perde in autorevolezza e in mistero coerentemente con il vistoso annullamento del coro dei sacerdoti e dei riferimenti alla simbologia massonica. Quel che rimane è l'innocente amore tra Pamina e il principe Tamino e il loro cammino iniziatico verso la saggezza. La scena del passaggio attraverso il fuoco e le acque è intensamente suggestiva, con i due giovani che avanzano lentamente nella penombra appena rischiarata dalle due fiammelle tenute accese dai due maghi della scena. Ma l'eccessiva semplificazione della vicenda rende meno plausibile lo sforzo di lettura della realtà a cui vengono sottoposti. Maggior rilievo guadagna invece la sotto trama comica di Papageno che si arricchisce di un'aria per Papagena. La scena in cui il sempliciotto tenta di impiccarsi all'albero creato con due canne di bambù è degna del genio brookiano per la sua beckettiana semplicità, come lo è quella in cui la sua compagna si materializza fuoriuscendo da un pastrano nero sospeso nel nulla. Ma le incursioni di Papageno in platea per corteggiare le spettatrici è una caduta di stile che si perdona solo pensando alla maestria di un tempo del grande ottuagenario che, comunque, sa ancora creare momenti di rara intensità teatrale.

 

*Foto Pascal Victor / ArtcComArt

 

Scheda tecnica

A Magic Flute. Musica di Wolfang Amedeus Mozart. Liberamente adattato da Peter Brook, Frank krawczyk e Marie-Hélène Estienne. Luci : Philippe Vialatte. Costumi : Hélène Patarot. Al piano : Frank Krawczyk.

Cantanti (primo e secondo cast): Dima Bawab, Malia Bendi-Merad, Leila Benhamza, Luc Bertin-Hugault, Patrick Bolleire, Jean-Christophe Born, Raphael Brémard, Thomas Dolié, Antonio Figueroa, Virgile Frannais, Betsabée Haas, Agnieszka slawinska, Adrian Strooper, Jeanne Zaepffel.

Attori; William Nadylam e Abdou Ouologuem.

Regia di Peter Brook.

Visto al teatro Argentina di Roma il 17 novembre 2011.

Prima nazionale : 24 febbraio 2011 al Piccolo di Milano.

 


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