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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Natale non è Natale senza un regalo…

 

 

Il figlio di Babbo Natale (Arthur Christmas)

 

 

Regia: Sarah Smith e Barry Cook

Distribuzione: Warner Bros


 

 

 

 

Voglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso
il bianco, il moro, il giallino”.

Gianni Rodari

 

Crediamo si possa affermare che per il periodo natalizio le produzioni animate distribuite dalla Warner Bros conquisteranno il pianeta, dal Sud al Settentrione, specialmente dopo aver portato in sala Happy Feet 2, la magica epopea dei pinguini imperatore in Antartide, e Il figlio di Babbo Natale, un’avventura (in 3D) che prende avvio tra i ghiacci del Polo Nord. Sarebbe meglio dire “sotto” la calotta polare, visto che proprio lì si trova il centro operativo che si occupa della consegna dei milioni e milioni di regali che annualmente giungono sotto l’albero di altrettanti bambini di ogni parte del mondo.

Tale base consta di centinaia di postazioni elettroniche presso le quali si danno da fare migliaia di elfi al servizio di Babbo Natale, e agli ordini del primogenito Steve. Questi è un meticoloso organizzatore che utilizza al meglio ogni strumento e accessorio tecnologico al fine di allietare la festa più importante dell’anno. Inoltre, quasi un milione di elfi trasportati dall’ipertecnologica astroslitta S1 (150.000 kn/h), una specie di Enterprise rivisitata a mo’ di slitta, larga un miglio e lunga due, sono impegnati nel recapito “porta a porta” dei doni, effettuato nel tempo record di circa diciotto secondi da squadre di tre elementi ciascuna.

Babbo Natale non può che gongolare per la sua florida carriera, e per aver raggiunto il settantesimo anniversario di attività, anche se, di fatto, e soprattutto nelle ultime uscite, l’artefice è stato Steve, che non fa mistero di ambire al posto del vetusto genitore qualora (il giovane spera il prima possibile) questi si ritiri definitivamente. Del resto, il giorno successivo al 25 Dicembre non porta forse il suo nome? E poi è stimato enormemente dalla sua famiglia, che comprende anche Mamma Natale, giudiziosa consorte dell’omone rosso vestito, il vispo Nonno Natale, un vegliardo tradizionalista di 136 anni, che gode della compagnia di una mansueta renna domestica, e Arthur, il fratello più giovane, addetto del “Reparto Lettere a Babbo Natale”.

Chiamato dai genitori “il grosso enigma”, per via dei guai combinati nel recente passato, Arthur è un ragazzo piuttosto confusionario, ma sensibile, ingenuo e sognatore, sornione e generoso, appassionato della magia del Natale secondo tradizione. Difatti, nel caos dell’ufficio in cui è stato relegato, egli legge attentamente ogni singola missiva che arriva al Polo Nord perché crede che ogni bambino meriti un regalo per la ricorrenza della natività.

Anche la famiglia Natale passa la notte della vigilia e le altre festività, normalmente, nella tipica calorosa atmosfera, davanti al camino o alla tavola imbandita, discorrendo della riuscita dell’ultima missione, oppure passando il tempo con i giochi di società come “Natalopoli”. E in quella occasione, puntualmente, si accende un’aspra discussione sull’assegnazione dei segnalini: Babbo Natale, la slitta, la renna, la candela ecc. Stavolta, però, una notizia ben più importante contribuisce a turbare la “solita” serenità: per un fatale disguido una consegna non è stata eseguita.

“Alla faccia della tecnologia fanfarona di Steve”, pensa il nonnetto. Come rimediare? Steve dice: “Ho natalizzato ogni paese del mondo. Se manca solo un dono è un problema?” “Sì, certissimamente”, è convinto Arthur, il quale, tra le colonne di corrispondenza ricevuta, recupera velocemente la bella letterina illustrata di Gwen Hines, una bambina residente al numero 23 di Mimosa Avenue a Trelew, in Cornovaglia. La piccola, che s’interrogava su come Santa Claus riuscisse a consegnare i regali a tutti i bambini del mondo, aveva chiesto per Natale una bicicletta a rotelle Pinky Princess.

Mancano soltanto un paio d’ore al sorgere del sole, e al momento che i bambini hanno atteso tutto l’anno; non è giusto che Gwen debba rimanere delusa da Babbo Natale, e così Arthur si risolve d’intervenire. Con l’aiuto fattivo di Nonno Natale intraprende una spedizione a bordo di una vecchia slitta di legno e ottone (Evie), munita di una pariglia di otto renne in carne e ossa, un’antica mappa, della polvere magica, campanellini e quant’altro…

A bordo c’è anche la renna domestica, e perfino… un clandestino: si tratta di Bryony, l’elfo incartatore. C’è pochissimo tempo a disposizione prima che arrivi il mattino perciò i tre si dirigono in volo verso l’Inghilterra, ma l’impreciso calcolo della rotta li dirotta prima a Toronto, in Canada, dove portano scompiglio nel centro cittadino, successivamente nell’Idaho (USA), dove aggregano alle renne rimaste un’esemplare pubblicitario in metallo dorato; poi finiscono nella savana africana, più precisamente nel parco del Serengeti, in Tanzania, dove risolveranno fortunosamente altre disavventure con un branco di leoni; da lì a Trelew, ma in Messico: solo un caso di omonimia.

Mentre i minuti scorrono la peregrinazione continua, prima su una spiaggia di Cuba (Cayo Confites), dove Arthur è avvilito dall’insuccesso che si profila, poi i tre riprendono il volo verso l’Atlantico, prima di venir intercettati dalle forze della Nato, impossibilitate a comunicare con la strana astronave di legno, ottone e peli di renna, ritenuta una presunta navicella aliena. Riuscirà, infine, il figlio minore di Babbo Natale ad arrivare a destinazione in tempo, a consegnare la piccola bici rosa, e a salvare lo spirito della festività?

La risposta la giriamo agli spettatori che dal 23 dicembre affolleranno le sale per trarre delizia da questo lungometraggio avvincente e pieno di colpi di scena. La storia si presta all’attenzione dei più piccini che vedranno il pericolo che corre la loro festa più amata, mentre gli adulti potranno sorridere degli innumerevoli gadget tecnologici a disposizione degli elfi di Babbo Natale. Senza svelare oltremodo l’esito finale della vicenda possiamo rassicurare il pubblico che il contrasto alla base del film, tra modernità e tradizione, rappresentato allegoricamente da Steve e Arthur, due fratelli caratterialmente “agli antipodi”, si risolve senza che ne abbia a patire la magia natalizia.

Perché Il figlio di Babbo Natale, diretto da Sarah Smith e Barry Cook, si avvale, nella versione originale di un cast stellare che comprende James McAvoy, Hugh Laurie, Jim Broadbent, Imelda Staunton e Bill Nighy (rispettivamente Arthur, Steve, Babbo Natale, la di lui consorte, e l’esplosivo Nonno Natale); perché racconta le peripezie di un viaggio di formazione e l’evoluzione interiore dei principali caratteri della storia; perché possiede il ritmo e la suspense di un film d’azione quando mostra la perfetta sincronizzazione di una squadra di elfi. Difatti, la sequenza accennata descrive l’operazione di disinnesco di un set di batterie Snovy (facile pubblicità autoreferenziale) all’interno di un giocattolo, la cui improvvisa anomalia funzionale avrebbe potuto svegliare anzitempo un bambino nel pieno dei sogni della notte più attesa dell’anno, con la conseguente rivelazione di Babbo Natale.

Insomma, Arthur Christmas è un’avventura ingegnosa, umoristica e divertente, nella migliore tradizione della Aardman Animations, che ha già creato successi planetari premiati con vari Oscar, come Wallace & Gromit, Galline in fuga e La maledizione del coniglio mannaro. Ai più attenti estimatori della casa di produzione inglese non sarà di certo sfuggito che stavolta, anche a causa dell’incendio dei suoi magazzini di Bristol (2005), la tipica tecnica di animazione “a passo uno” (claymation), che prevedeva la ripresa con la mdp dei modellini e dei personaggi in plastilina appositamente creati, è stata soppiantata dall’animazione in computer grafica (CG) eseguita dalla Sony Pictures Animation, associatasi appositamente alla Aardman per la realizzazione di questo gioiellino di tecnica e sensibilità.



Buon Natale con i cartoni animati!


Se fossi un filosofo, dovrei scrivere una filosofia dei giocattoli, per dimostrare che nella vita non bisogna prendere nient'altro sul serio e che il giorno di Natale in compagnia dei bambini è una delle pochissime occasioni in cui gli uomini diventano completamente vivi.”

Robert Lynd


Qualche decennio fa dire Natale equivaleva dire focolare domestico, ricongiungimento, calore familiare. Oggi tale atmosfera non si esprime più davanti a un caminetto, quanto piuttosto di fronte a uno schermo televisivo, magari con le famiglie allargate riunite nella visione di un cartone animato. Si potrà dissentire, però questo è già tradizione. Una tradizione magari non antichissima, magari un tantino tecnologica, ma pur sempre aggregante, unificante, sebbene il racconto dell’anziano capofamiglia sia stato sostituito da una colorata e ammaliante narrazione per immagini.

Da qui la corsa del mercato cinematografico, dell’home video e dei network televisivi a presentare le produzioni animate più attraenti e più importanti proprio intorno, e nel corso delle feste natalizie. I titoli proposti spaziano dalle novità agli evergreen, dai cortometraggi a disegni animati ai classici debitamente rimasterizzati e digitalizzati per una visione sempre più qualitativamente soddisfacente.

Un filone particolarmente seguito durante queste festività è proprio quello che ci ricorda il Natale e i pupazzi di neve, l’atmosfera gioiosa della festa e la lieve malinconia invernale dei bambini, l’abete decorato e la magia del presepe, la fantasia che immagina i regali da aprire e la sorpresa che appaga l’attesa, la generosità e la serenità, Babbo Natale e il suo vestito rosso…

Partiamo proprio dall’omone con la barba bianca e il tipico berretto munito di pon-pon bianco per iniziare una breve rassegna di lungometraggi di animazione sul tema del Natale, che senza l’ambizione di ritenersi esaustiva, potrà fornire alcuni spunti per una filmografia indirizzata alle famiglie, e ai numerosi docenti che volessero intraprendere per le proprie classi un percorso didattico sul senso e sullo spirito della festa cristiana della natività.

Il primo lavoro animato ci porta subito a trasgredire l’enunciato appena sottolineato in quanto trattasi di un cortometraggio americano in bianco e nero della durata di sette minuti, una rarità ricca dei sani stereotipi natalizi distribuita dalla Warner e diretta da Rudolf Ising: La casa di Babbo Natale (1933). Un’altra produzione Warner narra il viaggio fantastico effettuato in treno da un bambino di otto anni per raggiungere il Polo Nord e la magnifica residenza del bonario Santa Claus: Polar Express (2004). Girato con una tecnica innovativa chiamata performance capture in grado di garantire movimenti ed espressioni naturali alle diverse caratterizzazioni umane, il bel racconto di Robert Zemeckis mostra l’attore Tom Hanks in sei distinti ruoli, incluso quello del bimbo protagonista: magia tecnica e inventiva che si sposano felicemente!

Così come accade in A Christmas Carol (2009) eseguito con la medesima tecnica ancora dal geniale autore di Forrest Gump e della trilogia Ritorno al futuro. Stavolta Zemeckis dirige una delle pagine più popolari della tradizione britannica, Canto di Natale, con un grandissimo Jim Carrey che stavolta, è uno e settuplo, visto che rappresenta Ebenezer Scrooge nelle varie fasi dell’esistenza, e anche i tre fantasmi che lo tormentano. La celeberrima novella di Charles Dickens è una delle opere più frequentemente tradotte in immagini da quando è nato il cinema, e non sempre con risultati all’altezza. Citiamo, tuttavia, tra le migliori trasposizioni animate: Canto di Natale di Topolino, un mediometraggio del 1983 prodotto per la TV, Festa in casa Muppet del 1992, intelligente commistione tra i noti pupazzi di Brian Henson e attori in carne e ossa, in cui Michael Caine interpreta ottimamente il taccagno; Looney Tunes - Canto Di Natale (2006), una spassosa animazione con Daffy Duck nel ruolo dell’avarissimo vegliardo.  

Ancora i pupazzi di Henson, un decennio più tardi, a celebrare la festa invernale più bella: Natale con i Muppet (2002), mentre Il bianco Natale di Topolino è una raccolta di alcuni cartoni pubblicata per il mercato home-video nel Natale del 2001, in cui è presente pure il già citato episodio con Zio Paperone nei panni dello spilorcio Scrooge. Anche il sequel del più famoso La bella e la bestia è una produzione realizzata solo per la visione domestica: Un magico Natale (1997) narra del veglione organizzato da Belle per la natività. Siccome la trasformazione da uomo ad animale è avvenuta proprio durante una notte di Natale, la Bestia decide di proibire il ricevimento. Ma dopo varie peripezie Belle riuscirà lo stesso a far apprezzare il vero significato del Natale alla Bestia.

Di ben altro spessore Nightmare Before Christmas (1993) di Henry Selick, una delle opere più felici partorite dall’estro di Tim Burton, un capolavoro assoluto del cinema, non solo dell’animazione (stop-motion); un classico a cavallo tra Halloween e Natale, popolato da personaggi inquietanti e meravigliosi, in cui Jack Skeletron, il re delle zucche, annoiato dalla routine dei festeggiamenti, tenta di catturare “lo spirito del Natale”, prima facendo sequestrare Babbo Nachele, poi sostituendosi a lui e consegnando ai bambini gli improbabili e mostruosi regali prodotti dai suoi concittadini: un totale fallimento. Evidentemente la situazione gli è sfuggita dalle mani, ma almeno avrà compreso l’amore di Sally, e d’adesso in poi saprà dedicarsi esclusivamente ad Halloween…

Il finale lo dedichiamo a due lungometraggi di notevole qualità prodotti e realizzati in Italia, ed entrambi diretti da Enzo D'Alò. Il primo, La freccia azzurra (1996), tratto dall’omonima fiaba di Gianni Rodari, riguarda più la festa dell’Epifania che il Natale, dal momento che ricorda che i bambini della penisola sono i più fortunati del mondo visto che ricevono regali anche dalla Befana. Il film paventa il rischio che ciò possa non verificarsi a causa di un segretario disonesto che rivende sottobanco i giocattoli destinati ai piccini. Scritto a quattro mani da D’Alò e Umberto Marino, il cartone, dalla gradevole grafica “vintage”, risulta ulteriormente nobilitato dalle voci di Dario Fo e Lella Costa, e dal commento sonoro di Paolo Conte.

Il secondo, Opopomoz (2003), che pur si avvale di numerose e illustri collaborazioni, vive delle suggestioni autobiografiche infantili del regista, napoletano di Piedigrotta, il quale, narra in forma fiabesca il disagio quotidiano di Rocco, un bambino di nove anni, tra solitudine e gelosia per l’arrivo imminente di un fratellino, sullo sfondo dei preparativi del Natale, che nella metropoli partenopea, com’è noto, fa rima con pizza, “purpetielli” e capitone, botti, luminarie, e soprattutto, con presepe. Ma il demonio ha convinto Rocco che pronunciando la parola magica del titolo potrà entrare, come una delle tante statuine, nel presepio allestito a casa propria, e impedire così la nascita di Francesco, prevista proprio per la notte del 24 dicembre. Ma nel mondo incantato delle casine di cartapesta e delle statuette di terracotta Rocco imparerà che una nuova natività non toglie amore, ne porta invece dell’altro: ecco la vera magia del Natale!



Estratto da PRIMISSIMA SCUOLA n. 4 dicembre 2012

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