Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4393494

Abbiamo 232 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Spettacoli sulle scene e sugli schermi

The Help. Storie di balie e domestiche

 

 

 

The Help


Regia: Tate Taylor

Cast: Emma Stone, Viola Davis, Bryce Dallas Howard, Octavia Spencer, Jessica Chastain, Allison Janney, Sissy Spacek, Ahna O’Reilly, Anna Camp, Mike Vogel

Distribuzione: Walt Disney Pictures Italia

 

 

 

 

“Ogni volta che un uomo combatte per un ideale... emette una minuscola onda di speranza, e queste onde, intersecandosi da un milione di centri differenti di energia e di audacia, producono una corrente in grado di spazzare via i più poderosi muri di oppressione e resistenza.”

Robert F. Kennedy (da un discorso presso l'Università di Città del Capo, 6 giugno 1966)

 

“Ho cominciato a crescere i bambini dei bianchi già a quattordici anni, nel 1925, perché mia madre era morta di malattia e le bollette non aspettavano…”. Così esordisce Aibileen Clark (Viola Davis), una domestica nera che espone la propria esperienza personale a Eugenia “Skeeter” Phelan (Emma Stone), una giovane donna bianca della buona società di Jackson, Mississippi, la quale, appena laureata (estate 1962), è ritornata a casa, dove pensa d’intraprendere la carriera di scrittrice. Ottiene, intanto, un impiego presso il Jackson Journal, ed è già un buon inizio.

Dopo il quadriennio di studi Skeeter riprende a frequentare la sua migliore amica Hilly Holbrooks (Bryce Dallas Howard) e le altre ragazze della comitiva: tutte ora possiedono una famiglia, un marito con un impiego ben remunerato, un’abitazione spaziosa e confortevole, e in alcuni casi, lussuosa, un figlio piccolo, e una tata di colore che si occupa di accudire il pargolo, della pulizia domestica e della cucina. Le giovani donne passano il loro tempo con il bridge e con la raccolta fondi per i bambini africani, in banali riunioni al club e in lunghi aperitivi al bar conditi da conversazioni futili, o da perfidi pettegolezzi. E da consigli all’amica rimasta nubile.

Anche Charlotte Phelan (Allison Janney), madre di Skeeter, non fa che ripetere, come un disco rotto, l’importanza di un buon matrimonio. Ma la ragazza, indipendente e anticonformista, invece, progetta di realizzare un’inchiesta giornalistica sulla vita domestica e familiare nella città natale. Solo la cara Constantine, la governante nera che l’ha cresciuta, l’avrebbe capita e aiutata, ma ormai la donna è sparita. Allora propone ad Aibileen, che accudisce l’affettuosa Mae Mobley da Elisabeth Leefolt (Ahna O’Reilly), di raccontare la propria storia di balia e inserviente interrogandola con domande che scavano nel profondo dell’anima: “Che cosa si prova ad allevare i bambini degli altri quando i propri si trovano altrove?”

Seppur inizialmente un po’ diffidente, Aibileen, che per pochi spiccioli ha allevato amorevolmente ben diciassette bambini bianchi, si lascia conquistare dalla sincerità di Skeeter, della quale diventa fedele amica e confidente, liberandosi del fardello che la opprimeva, e rivelando la disgrazia che il destino le ha riservato: il suo unico figlio è tragicamente scomparso in un incidente sul lavoro. Ben presto, però, a questi drammatici racconti faranno eco le vicissitudini di Minny (Octavia Spencer), la migliore amica di Aibi, cuoca impareggiabile (specialista di dolci e pollo fritto), dal carattere fiero, ma che non sa frenare la lingua.

L’intervista alle due “nannies” viene poco a poco a delinearsi come una vera e propria denuncia delle condizioni di vita e degli innumerevoli episodi di ingiustizia perpetrati ai danni delle lavoratrici di colore: le balie e le domestiche nere non potevano usare nemmeno il wc nelle case in cui lavoravano. Tante altre donne si uniranno all’iniziativa fino a formare un coro a più voci, cui non basteranno poche colonne su un giornale del profondo Sud. Così prenderà corpo The Help, un libro assai toccante, che raccoglie tante testimonianze, sovente drammatiche, sulla cieca intolleranza dei bianchi.

Il volume viene stampato in un clima di minacce e intimidazioni. Le vecchie amiche di Skeeter le mostrano disappunto e ostilità. Anche Johnny Foote (Mike Vogel), il fidanzato, si allontana dopo la pubblicazione che mette alla berlina le donne della media e alta borghesia di Jackson (e non solo) come inaffidabili e ciniche, annoiate e civettuole, inadatte ad allevare e a educare i propri figli, incapaci a cucinare, pigre nelle faccende casalinghe, e occupate solo in inutili frivolezze.

Sulla graticola finisce specialmente la perfida Hilly. Licenziata da questa per aver utilizzato il bagno di casa, Minny narra di aver preparato una torta squisita per rappacificarsi con la padrona. Il dolce, molto apprezzato dalla donna, però, contiene una sgradevolissima sorpresa che susciterà lo stupore e la rabbia di Hilly, e al contempo, la divertita ilarità della madre di lei, Missus Walters (Sissy Spacek), affetta da una precoce forma di Alzheimer.

È una delle “scene madri” del lungometraggio, molto divertente per un verso, ma decisamente emblematica dall’altro. Minny troverà ugualmente un lavoro stabile presso Jolene French (Anna Camp), una donna eccentrica, ma mite e disponibile, nuova del posto, che per la sua bellezza vistosa e le origini modeste è stata messa al bando dalle signore della buona società. Un’altra sequenza spassosa riguarda ancora Hilly, dal sorriso smagliante e il pugno di ferro; stavolta viene fatta oggetto di scherno, allorché ritrova sul giardino antistante la sua abitazione una grande quantità di vasi da toilette in ceramica – presumibilmente di seconda mano – depositati su quel prato da solerti concittadini dopo l’uscita sulla rubrica di Skeeter di una esplicita richiesta “a fini umanitari”.

Il messaggio che si evince dal racconto rimanda alla fratellanza e all’amicizia tra Skeeter, Aibi e Minny, ma anche alla solidarietà tra le tante inservienti che collaboreranno all’iniziativa della denuncia a mezzo stampa. The Help è una storia sulla fatica, sulla forza e sul coraggio di queste donne che hanno educato diverse generazioni di bambini bianchi, spesso anche con l’esempio del loro impegno e della loro dedizione, creando così le premesse per una società nuova e più tollerante. Più malinconico, purtroppo, l’epilogo per Aibileen, che sarà costretta ad allontanarsi mestamente da Jackson per l’ennesima cattiveria di Hilly, la quale, non farà tesoro dei cambiamenti in atto in città e nella nazione intera.

Opera corale al femminile, diretta da Tate Taylor, The Help è il felicissimo adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Kathryn Stockett, un melodramma di stampo sudista che fotografa un’epoca di rapidi mutamenti, e sciorina con estrema leggerezza temi contingenti, come quello del segregazionismo razziale, evidenziando i numerosi pregiudizi sociali e la reale disuguaglianza tra bianchi e neri, che si specchia non solo nell’intolleranza e negli atteggiamenti marcatamente arroganti delle persone, ma specialmente nelle condizioni di vita della comunità di colore, ancora oppressa e penalizzata nel diritto al voto, al lavoro, al trasporto pubblico.

Nei primi anni Sessanta i numerosi interventi del presidente John Fitzgerald Kennedy per le pari opportunità, per eliminare la segregazione sugli autobus e per risolvere l’emergenza abitativa combattendo contro la discriminazione nell’acquisto e nell’affitto degli immobili, parallelamente alle crescenti proteste del Movimento dei Diritti Civili e degli attivisti della comunità di colore, guidati da un giovane Martin Luther King, creano negli USA un clima di fermento e di fiducia verso i cambiamenti politici e verso l’evoluzione della società. Ma la strada per l’uguaglianza di fatto era ancora lontana, visto che il 18 gennaio 1963 George Wallace, il nuovo governatore dell’Alabama, nel suo discorso di insediamento reclamava: “Segregation now, segregation tomorrow, segregation forever!”

 

La segregazione nella società USA degli anni ’60 tra politica e cinema

“Il mio sogno è che i miei quattro bambini possano vivere un giorno in una nazione dove non saranno giudicati dal colore della loro pelle ma dal contenuto del loro carattere.”

Martin Luther King

La cinematografia, soprattutto a partire dalla fine degli anni Sessanta, ha iniziato a occuparsi della questione razziale negli USA parallelamente alla conquista di Hollywood da parte di tanti giovani autori (da Scorsese a Coppola, da Spielberg a De Palma…) alla ricerca di nuove vie espressive per un cinema finalmente emancipato dagli stretti vincoli produttivi, impegnato culturalmente e politicamente, nonché attento a una rilettura storica e realistica della società americana.

Il pregio di The Help consiste nell’aver saputo disegnare una sorta di affresco delle condizioni razziali in alcuni stati del Sud agli inizi degli anni Sessanta, in un periodo di grandi conquiste della comunità nera, di lunghe battaglie per l’affermazione dei diritti civili, che vedranno cadere tanti martiri, picchiati dalla polizia nelle manifestazioni di piazza, brutalmente torturati o assassinati dai segregazionisti e dai terroristi del Ku Klux Klan (KKK). In quei mesi usciva Il buio oltre la siepe (1962) diretto da Robert Mulligan e interpretato da Gregory Peck, tratto dal romanzo omonimo di Harper Lee, vincitrice del Premio Pulitzer. Tre premi Oscar per una vicenda di odio razziale ambientata negli anni Trenta in Alabama, dove un nero, Tom Robinson, è accusato ingiustamente di violenza carnale ai danni di una diciannovenne bianca.

Uno degli episodi più significativi della lotta contro la segregazione – ricordato da un film per la tv (The Rosa Parks Story, 2002), protagonista Angela Bassett – riguarda Rosa Parks, rammendatrice in un negozio di Montgomery, Alabama, la quale, si rifiutò di cedere il suo posto a sedere sull’autobus a un passeggero bianco, nonostante l’intimazione dell’autista. La donna venne arrestata, ma il primo dicembre 1955 scattò la protesta e il conseguente boicottaggio dei trasporti pubblici da parte della comunità nera, fra i cui leader c’era già il giovanissimo pastore battista Martin Luther King. Il 4 giugno 1956 la Corte dell'Alabama sancì l’incostituzionalità della segregazione razziale sugli autobus: fu la vittoria di Rosa Parks e del Montgomery Bus Boycott. In una cerimonia commemorativa nel 2000, il governatore dell’Alabama Don Siegelman ricordò che il gesto della Parks (scomparsa nel 2005, a 92 anni) “cambiò lo Stato e la Nazione per sempre”.

Il 28 agosto1963 a Washington si tenne la cosiddetta “Marcia per il lavoro e per la libertà” che terminò di fronte al Lincoln Memorial, dove il reverendo Martin Luther King pronunciò il celeberrimo discorso ricordato come I have a dream. Diciotto giorni più tardi il KKK fece esplodere una bomba in una chiesa battista di Birmingham durante la messa, uccidendo quattro bambine innocenti, alle quali Spike Lee dedicherà il documentario Four Little Girls (1997). Il 22 novembre di quello stesso anno, a Dallas, in Texas, venne assassinato John. F. Kennedy (JFK). Un anno dopo al trentacinquenne Martin Luther King fu assegnato il Premio Nobel per la pace: fu il più giovane a ricevere l’ambito riconoscimento.

Il 28 giugno 1964 Malcolm X, uno dei più importanti rappresentanti della comunità nera, fondò l’Organizzazione per l’Unità Afro-Americana, dopo essere fuoriuscito dalla “Nation of Islam”. Ecco perché pochi mesi più tardi, il 21 febbraio 1965, venne ucciso a New York. Sostenitore della religione musulmana, egli affermava che l’Islam avrebbe potuto abbattere ogni barriera razziale e ogni forma di discriminazione. Spike Lee lo ricordò nel 1992 con un notevole biopic (Malcom X) basato sull’Autobiografia, con Denzel Washington nei panni del protagonista. Fu il primo film occidentale a presentare alcune scene girate a La Mecca.

Il 1964 è anche l’anno in cui verrà approvato il Civil Rights Act, una legge federale che proibì la discriminazione in tutti i luoghi pubblici, e istituì la Commissione sulle Pari opportunità. Il 7 marzo 1965 Martin Luther King organizzò una marcia di attivisti da Selma a Montgomery. La protesta fu bloccata da un largo spiegamento di forze dell’ordine che attaccò i manifestanti provocando diversi feriti e un morto (Bloody Sunday). Otto giorni dopo il Presidente Johnson annunciò la Voting Rights Act, ratificata ai primi di agosto: essa estese ai cittadini di colore il diritto di voto.

Ma pochi giorni dopo la tensione esplose a Watts, sobborgo di Los Angeles, dove fu avviata una violentissima sommossa a sfondo razziale che mise a ferro e fuoco il quartiere, e durò per sei giorni, causando la morte di 34 persone, 1032 feriti e più di tremila arrestati. La rabbia cieca di quelle giornate venne superata solo da un’altra feroce rivolta scatenata sempre nella metropoli californiana un trentennio più tardi. Sui fatti di quell’agosto del 1965 esiste un film per la televisione, Heat Wave – Onda di fuoco (1990), pubblicato in Italia in dvd, ma di difficile reperibilità. Il lungometraggio narra i fatti di Watts, e la storia, non priva di tensione, di un coraggioso reporter nero del Los Angeles Times.

Due pellicole, tuttora molto popolari, e non solo in America, segnano il 1967. La prima, La calda notte dell'ispettore Tibbs, di Norman Jewison, con Rod Steiger e Sidney Poitier ha vinto ben cinque Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Attore (Steiger). Si tratta di un’avvincente storia di genere poliziesco sullo sfondo di Sparta, una cittadina del Mississippi, in cui il contrasto tra l’ispettore nero (Poitier), giunto da Philadelphia, e il rude capo della polizia locale, Bill Gillespie (Steiger), sul caso di un omicidio evidenzia le difficoltà e il radicamento del pregiudizio razziale. Il successo del film ha innescato due seguiti, e la produzione di un’altrettanto gradita serie televisiva trasmessa anche in Italia nei primi anni Novanta con il titolo di L'ispettore Tibbs.

La seconda, una notissima commedia, che per prima affrontò il tema del matrimonio tra bianchi e neri in modo positivo, ebbe due statuette dorate, e conobbe uno straordinario successo in tutto il mondo: Indovina chi viene a cena porta la firma di Stanley Kramer alla regia, e un trio d’interpreti eccezionali: il solito Sidney Poitier, l’inossidabile Katharine Hepburn, al suo secondo Oscar (su quattro ottenuti), e Spencer Tracy, compagno della Hepburn, deceduto dodici giorni dopo la conclusione delle riprese. Arcinota la trama che mostra l’imbarazzo di una famiglia bianca (Hepburn e Tracy) all’incontro con il futuro genero (Poitier), un medico afro-americano di cui s’è innamorata la figlia (Katharine Houghton, nipote della Hepburn nella vita reale).

Mentre l’integrazione faceva il suo corso giunse il Sessantotto, un anno contrassegnato da cambiamenti di straordinaria entità, e dai quali tuttora dipendiamo. Per rimanere nei confini della nostra breve rassegna citiamo l’assassinio di Martin Luther King (4 aprile 1968), da parte di un segregazionista, a Memphis, nel Tennessee. Il 6 giugno di quello stesso anno venne pure ucciso a Los Angeles Robert F. Kennedy, candidato democratico alle elezioni presidenziali, il quale, come ministro della giustizia del fratello JFK, aveva contribuito alla definizione e al varo del Civil Rights Act.

Bobby (2006) opera di Emilio Estevez, è la concitata cronaca dell’ultimo giorno di vita di RFK, cioè di colui che avrebbe dovuto realizzare la definitiva “conciliazione” della grande nazione americana. Finì come sappiamo, ma quest’opera corale, magari imperfetta, ma che ricorda la lezione del grande Robert Altman, e dotata pure di una sontuosa colonna sonora, rimarrà nella memoria sia come un dovuto omaggio al “giovane presidente”, che come un ottimo docu-film, anche grazie all’apporto di un cast stratosferico, da cui citiamo, per concludere, a mo’ di titoli di coda, alcuni nomi: Anthony Hopkins, Harry Belafonte, Laurence Fishburne, Helen Hunt, Sharon Stone, Martin Sheen, William H. Macy, Demi Moore, Elijah Wood, Lindsay Lohan, Christian Slater, Ashton Kutcher, John Casey, Heather Graham, Shia LaBeouf…


Estratto da PRIMISSIMA SCUOLA n. 4 – dicembre 2011

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie