Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4406736

Abbiamo 230 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Il Giulio Cesare di Andrea Baracco

Sarà a Londra il prossimo maggio, come unico spettacolo italiano al Festival Globe to Globe 2012, l'acerbo Giulio Cesare di Andrea Baracco, in scena in questi giorni al Teatro India di Roma. Si tratta di una versione ellittica e fortemente visionaria che suggerisce atmosfere più consone al Macbeth che non alla grande tragedia classica scespiriana. Forse la chiave di volta interpretativa va ricercata nei versi pronunciati da Bruto durante la notte che precede il tirannicidio :

Fra il compiere una terribile azione
e il primo impulso, l'intervallo è come
un incubo, o come un sogno orribile:
l'angelo buono e le passioni dell'animo
si affrontano in dibattito, e lo stato dell'uomo
come un piccolo regno, subisce allora
una forma di insurrezione. (II, i,)

L'immagine non soltanto presagisce le atmosfere del Macbeth, ma ne ricalca addirittura il linguaggio (anche il regicida usa l'espressione " the state of man" riferendosi a se stesso), ma forse non giustifica la scelta di avvolgere l'intera azione nel tempo sospeso e dilatato di un incubo Dall'inizio alla fine, lo spettacolo assomiglia ad una danza di morte spettrale intorno al poco che resta di una grande civiltà prima del suo crollo definitivo. Tre porte scardinate scorrono avanti e indietro e ai lati della scena vuota, manovrate a vista dagli attori per circoscrivere i luoghi, suggerirne gli interni e rivelare segreti. Con il flusso ininterrotto di musiche e di suggestioni sonore, il gesto scenico si fa coreografia e le luci squarciano il buio all'improvviso. per strappare dalle tenebre profili e sagome in controluce. Sulle prime il taglio registico lascia sperare migliori sviluppi, anche se il modello onirico-visionario del lituano Eimuntas Nekrosius viene emulato in modo un po' ingenuo. Il testo, lo si capisce subito, è stato tagliato in molte sue parti per essere adattato a sei attori (ce ne vorrebbero almeno sedici) e Cesare non compare. Anche questa è una bella sfida, perché, se è vero che la parte è poca cosa nell'economia del dramma (non più di centocinquanta versi), è anche vero che la sua funzione è essenziale all'interno della struttura binaria della tragedia.
Prima dell'uccisione di Cesare, tutto sembra accadere nella mente dei cospiratori. Una voce fuori campo bisbiglia ripetutamente i versi che nel testo vengono attribuiti ad Artemidoro e che avvertono Cesare di guardarsi da tutti i cospiratori, nominandoli uno per uno. Il fatto che il destinatario del messaggio non compaia mai, non fa che incrementare il senso di minaccia incombente che pervade la scena. Il popolo beota, altro grande protagonista della tragedia scespiriana, viene evocato da mani e da avanbracci che sbucano dalle porte, da mazzetti di fiori e da cappelli che disegnano consensi durante le celebri orazioni di Bruto e di Marc'Antonio. L'atmosfera è carica di suggestioni e di rimandi alle visioni apocalittiche degli indovini che annunciano sovvertimenti dell'ordine naturale delle cose.
Ci sono momenti in cui la visionarietà sospesa si fa sintesi efficace di significati, come quando Calpurnia terrorizzata dal sogno presago di morte, muove le labbra con lo sgurdo fisso nel vuoto per convincere un Cesare che non c'è a non arrischiarsi fuori casa. Ma non tutte le soluzioni sono altrettanto convincenti e, soprattutto, il simbolismo visivo non regge quando all'incubo della cospirazione, deve seguire, subito dopo la morte di Cesare, la questione della responsabilità civile e morale di Bruto che uccidendo Cesare, crede di aver liberato Roma, la lotta spietata per il potere e la guerra civile, lo scontro a Filippi tra gli eserc
iti rivali di Bruto e di Cassio da una parte e quello di Antonio e del futuro Cesare Ottaviano, dall'altra.
La concretezza delle strategie politiche e la complessità psicologica dei personaggi, esigono una maturità attoriale che qui non è stata ancora raggiunta. Giandomenico Capaiuolo che interpreta Bruto, emerge tra gli altri per la sua interpretazione incisiva, sebbene esasperata, dei turbamenti del personaggio, ma non trova una controparte efficace nel Cassio di Roberto Manzisi e nel Marco Antonio di Gabriele Portoghese. Il primo agisce come fosse un piccolo Iago intento a manipolare un Bruto un po' troppo impressionabile, e il secondo è un oratore inefficace, tutt'altro che il cinico calcolatore e il tecnico della politica che dovrebbe essere.
La regia ripiega sulla semplificazione, riducendo i personaggi a simboli e rappresentando, o meglio, limitandosi ad evocare un generale dissesto politico e morale che trova la sua principale icona nella sedia sfondata e sbilenca del potere. Eliminando la presenza fisica di Cesare colto da Shakespeare nel momento in cui, all'apice della sua gloria, egli crea il mito di se stesso, di fatto si elimina il "doppio" di Bruto che, a sua volta, si convince del suo ruolo di repubblicano integerrimo. La rappresentazione metateatrale che i personaggi fanno di se stessi per poi morirne, si va perdendo nelle immagini ossessive di un generico degrado politico e morale che rimane incubo, senza tradursi in tragica e urgente verità.


Scheda tecnica

GIULIO CESARE di William Shakespeare.

Adattamento di Vincenzo Marra e Andrea Baracco. Scene : Arcangela di Lorenzo. Consulente ai costumi : Mariano Tufano. Disegno luci : Javier Delle Monache.

Con Giandomenico Capaiuolo (Bruto), Roberto Manzi (Cassio), Ersilia Lombardo/Aurora Peres (calpurnia), Lucas Waldem Zanforlini (Casca e Ottaviano), Gabriele Portoghese (Marc'Antonio).

Regia di Andrea Baracco.

Produzione Benvenuti srl e Lungta Film srl in collaborazione con il Teatro di Roma.

Prima nazionale al Teatro India di Roma dal 28 febbraio al 4 marzo 2012.

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie