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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

The History Boys di Alan Bennett, visti dal Teatro dell'Elfo

 

The History Boys di Alan Bennett (2004) è un concentrato di arguzia e di intelligenza che,una volta lanciato nello stagno della scena, propaga infiniti cerchi conscentrici di senso. Ambientata in una Grammar School di Sheffield nei cupi Anni Ottanta della Tatcher, la commedia riflette sulla funzione dell'istruzione e della cultura nella formazione dell'individuo, smaschera le lacune dell'insegnamento e le ipocrisie del sistema scolastico dei curricula e delle eccellenze, medita sulla Storia, ma sostrattutto, mostra la storia nel suo farsi.

Una commedia estremamente raffinata e irresistibilmente ironica, difficile da esportare perché densa di riferimenti alla cultura britannica e di citazioni letterarie (mai fine a se stesse)che spaziano da Auden, Eliot e Larkin, passando attraverso Shakespeare, Smith e Whitman. Ma la regia di Bruni-De Capitani che si avvale della pregevole traduzione di Salvatore Cabras e Maggie Rose, pur tendendo ad una caratterizzazione un po' enfatica di alcuni personaggi, coglie a pieno lo spirito della pièce e ne disvela la polisemia con la leggerezza auspicata da Calvino nelle sue Lezioni Americane. Il gusto britannico per l' understatement a volte è inevitabilmente tradito, ma in compenso, gli interrogativi che il testo solleva arrivano tutti anche al pubblico nostrano.

L'allestimento punta tutto sull'attore, e lo spazio scenico, oberato di banchi sedie, cattedre e armadietti vari, rappresenta simultaneamente i vari ambienti della scuola, dalla presidenza dell'ottuso Felix (Gabriele Calindri) agli spogliatoi degli studenti, dall'aula dell'eccentrico Hector (Elio De Capitani) a quella del giovane supplente di Storia Irwin (Marco Cacciola). Il passaggio da una scena all'altra viene definito dall'illuminazione alternata dei singoli luoghi che lascia al buio il resto. Anche quando non sono direttamente coinvolti nell'azione, gli attori sono tutti presenti in scena insieme ad alcuni spettatori seduti ai lati. La disposizione disordinata dei luoghi deputati sembra voler riflettere la casualità degli eventi che determinano il farsi delle storie individuali e di quella collettiva (" la Storia è soltanto una fottuta cosa dietro l'altra" dirà uno degli studenti), mentre la diversa posizione degli spettatori in sala potrebbe suggerire la pluralità del punto di vista che la commedia rappresenta e richiede.

Buona parte della commedia ruota intorno allo scontro tra due diverse visioni dell'insegnamento, e quindi della vita. Otto studenti neo-diplomati a pieni voti si stanno preparando per essere ammessi all'università e il preside che vorrebbe vederli approdare a Oxford o a Cambridge, arruola un nuovo insegnante da affiancare a docenti ritenuti o troppo bizzarri o troppo tradizionali. Da una parte c'è il vecchio Hector che, sebbene impegnato in un corso di "Cultura Generale", ritiene che la cultura non possa mai essere considerata tale, e dall'altra il neo-assunto Irwin che strumentalizza le conoscenze all'affermazione professionale e al prestigio sociale. Per Hector la cultura è nutrimento dell'essere e fragile strumento umano per sopravvivere alla solitidine e alla brutalità della vita. Insegna letteratura attraverso il cinema, la musica e il teatro, e quando fa lezione, chiude l'aula a chiave per lasciarsi alle spalle un sistema scolastico che con la cultura ha ben poco a che spartire. Irwin, al contrario, ritiene che le conoscenze debbano essere manipolate per far colpo su chi ci ascolta. Qualsiasi tesi può essere ribaltata nella sua antitesi e quanto più si sfiora il paradosso, tanto più si viene ritenuti intelligenti. E' un personaggio decisamente irritante ma la commedia non giudica un insegnante a favore dell'altro, e rimane costantemente sospesa sul filo del rasoio della problematicità. Non c'è uno scontro reale tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e ogni personaggio è costretto a misurarsi con le proprie debolezze e con i propri fallimenti. Primo fra tutti il simpatico Hector che sarà costretto a dimettersi a causa del suo vizio di palpare gli studenti che accompagna a casa. Dietro i suoi modi spregiudicati, Irwin nasconde un senso di inadeguatezza e Mrs Lintott (Ida Martinelli) è una onesta professoressa di Storia che non trova il coraggio di combattere la subalternità femminile nè a scuola nè in famiglia. Gli studenti attendono che la loro vita si compia e i loro caratteri sono appena tratteggiati o semplificati nelle maschere che assumono nelle dinamiche di gruppo. Tra tutti spiccano l'ebreo Posner con la sua omosessualità agli esordi, Dakin il bullo "ficacentrico", Scripps il cattolico credente, Timms lo zimbello della classe. Ma la commedia, non è un tipico "school play", e anche le spacconate dei ragazzi in materia di sesso servono a riflettere il sessismo e la discriminazione omofoba che mietono vittime al di là dei cancelli di scuola.

Lo spettacolo dellElfo ha l'indiscusso merito di assecondare la perfetta costruzione drammaturgica del testo attraverso una scansione dei tempi e dei ritmi che strizza l'occhio al varietà senza farsene troppo accorgere. Lo spettacolo di quasi tre ore scorre liscio e senza esitazioni, facendo scivolare un episodio dentro l'altro senza soluzione di continuità. Diversamente dalla versione di Nicholas Hytner del National Theatre che impiega sequenze video e altri espedienti spettacolari, Bruni-De Capitani danno risalto alla nudità della parola, all'agilità dei dialoghi e all'asciuttezza delle parti narrate in cui si delinea il futuro degli ex allievi. Canzoni (con tanto di accompagnamento musicale eseguito in scena), piccole recite nella recita chiosano il montaggio di uno spettacolo che fa ricorso esclusivamente ai mezzi del teatro. La prova attoriale è impeccabile e quella degli otto giovanissimi attori è davvero sorprendente, non soltanto per la freschezza e la vitalità interpretative dei singoli, ma anche per la capacità di coesione del gruppo. A volte, la regia spinge sul pedale del clichè, forse a favore di una comicità più diretta per gli spettatori italiani che, nel caso non fossero esperti di anglistica, potrebbero perdersi nel labirinto delle citazioni colte. Quel che davvero dispiace è che uno spettacolo di questa portata (ha vinto il Premio Ubu 2011) approdi all'India di Roma, con un anno di ritardo, e per di più a fine stagione.

 

Scheda tecnica
THE HISTORY BOYS, di Alan Bennett.
Traduzione di Salvatore Cabras e Maggie Rose. Luci: Nando Frigerio.
Con : Elio De Capitani, Ida Marinelli, Gabriele Calindri, Marco Cacciola, Giuseppe Amato, Marco Bonadei, Angelo Di Genio, Loris Fabiani, Andrea Germani, Andrea Macchi, Alessandro Rugnone, Vincenzo Zampa.
Regia di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani.
Produzione Teatridithalia.



 

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