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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

I Propeller a Milano con due commedie di Shakespeare


Finalmente i Propeller di nuovo in Italia, al Piccolo di Milano, con un insolito distico scespiriano che propone, a serate alterne, due commedie apparentemente slegate tra loro, sia per la distanza cronologica che le separa, sia per il diverso grado di maturità compositiva che le caratterizza. Edward Hall che da oltre quindici anni dirige una straordinaria compagnia tutta al maschile, operando dei profondi scavi interpretativi nei testi scespiriani, intravede delle corrispondenze tematiche tra The Taming of The Shrew che, al di là dei problemi di datazione, appartiene senz'altro alla fase di apprendistato drammatico del Bardo (1588-93), e Twelft Nighth (1600-1601), commedia più oscura e problematica, che si colloca nel periodo aureo di Shakespeare, tra Hamlet e Toilus and Cressida. I punti in comune sono la riflessione metateatrale, quello della beffa (jest) come specchio che pone la vittima di fronte a ciò che veramente è , e, non da ultimo, quello dell'amore. Amore che in entrambe le commedie assume dei toni amari, perché nessuno si sposa con il partner agognato e alcuni rimangono tragicamente soli.

L'interpretazione trasversale delle due commedie emerge, come sempre nel teatro dei Propeller, attraverso un accurato montaggio del testo performativo, che, basandosi su un' analisi quasi filologica del testo scespiriano, ne esplicita i significati più reconditi, e ne offre nuovi approcci di lettura al pubblico di adesso. Inutile dire che, pur possedendo ciascuna una compiutezza drammaturgica a sè stante, le due commedie vadano viste entrambe, per lo straordinario rapporto speculare, ma anche di contrasto, che Hall stabilisce tra loro.

L'apparato scenico è fondamentalmente lo stesso per entrambi gli spettacoli, ma anche le minime variazioni della posizione degli oggetti di scena nell'una e nell'altra, sono chiavi interpretative da non sottovalutare, come anche l'assegnazione di parti speculari ai medesimi attori nelle due commedie. Il palcoscenico è delimitato ai lati da pareti grigie, occupate da armadi mobili con ante a specchio, a sinistra spicca un cassettone dal quale sbucano capi d'abbigliamento variopinti, sullo sfondo scuro campeggia un enorme lampadario che sovrasta una vistosa torta nuziale. Un semplice prop che compare solo in The Taming of the Shrew, ma che preannuncia i temi di entrambe le commedie. Sul grande trofeo di panna, campeggia la tradizionale coppietta di sposi, ma i piani inferiori sono occupati da figurine maschili solitarie e, al piano più basso fa capolino una coppia di uomini. Gli uomini soli sono i vari pretendenti scartati dall' apparentemente mite Bianca (Gremio e Ortensio) in The Taming e, forse anche quelli scartati da Olivia (Sir Andrew) in Twelfth Nighth, mentre la coppia maschile fa pensare all'unione impossibile tra Antonio e Sebastian, sempre in Twelfth Night. Il fatto che il buffo Gremio e il suo corrispettivo Sir Andrew siano interpretati dallo stesso attore (John Dougall) rafforza l'ipotesi che le due commedie siano fortemente interrelate sul piano della performance.

Ma iniziamo da The Taming of the Shrew che, per molti versi, funge da introduzione a Twelfth Night. Hall si riferisce all'in-folio del 1623 e spinge al massimo la valenza metateatrale del Prologo/ Cornice, in cui un aristocratico cacciatore gioca una beffa ad un calderaio ubriaco, Sir Christopher Sly. Qui Sir Christopher impedisce la celebrazione del suo stesso matrimonio crollando bruscamente a terra per via di una sbronza colossale. I preparativi alla cerimonia sono visti di spalle, ma le battute amletiche del Lord sono ben sottolineate in avanscena.: "Che mostruosa bestia, come se ne sta sdraiato simile a un maiale" (I, 32). Il Lord preannuncia Amleto per la sua dura condanna della miseria umana e il suo giocare sulla"vera e falsa pazzia". La regia lo esplicita a chiare lettere. Prima di tutto accentuando la natura metateatrale della beffa ideata dal Lord che vorrebbe far credere a Sly di essere stato sempre un aristocratico e di aver soltanto"sognato"di essere un pezzente: "Convincetelo che è stato pazzo, e quando vi dirà che lo è ora, rispondete che sogna" (I, 61-62). Le raccomandazioni del Lord agli attori che preparano a vista il salone di Sly e che in seguito reciteranno The Taming of the Shrew per intrattenerlo, sono dette con l'intensità con cui le avrebbe dette il "regista" Amleto. Subito dopo Sly si sdoppia in Petruchio, stabilendo una specularità tra cornice e commedia vera e propria e, in particolare, tra il matrimonio di Sir Christopher e quello di Petruchio e Katherina. Entrambi sono interpretati dall'energico Vince Leigh che, con il suo completo di pelle rossa da domatore di leoni, incarna con forza sia l'ubriachezza di Sly che la violenza di Petruchio, bene attento a lasciare intravedere il rapporto speculare che lega i due personaggi. Petruchio doma la bisbetica punk di Dan Wheeler, assumendo i suoi stessi atteggiamenti aggressivi, anzi esasperandoli al fine di offrirle uno specchio deformato di se stessa. Calci, pugni e schiaffoni si sprecano, e più la bisbetica si infuria, più Petruchio si abbandona a ingiustificate violenze, ancora più brutali e clamorose di quelle di lei, fino a privarla del sonno, del cibo, dell'acqua e, alla fine, della sua stessa maschera.

Il ritmo dell'azione è travolgente e dinamico, con continui intermezzi musicali tra una scena e l'altra, le chitarre e i sax spaccati in testa al malcapitato di turno, la pefetta continuità favorita dall'aprirsi e chiudersi degli armadi mobili, che fungono spesso da inner stage. L'atmosfera da "torte in faccia" sottolinea la meccanicità delle varie beffe che i pretendenti di Bianca si giocano reciprocamente, giocano a Baptista (padre di Katherina e di Bianca), al pedante di Mantova, al vero padre di Lucentio. Il frenetico susseguirsi di inganni, travestimenti e scambi di persone tuttavia, pur mantenendo la sua mera funzione di farsesco gioco teatrale innescato dai giovani per burlare i vecchi, rivela sempre il gusto della beffa come strumento per manovrare gli altri, per"metterli in scena"e quindi per svelarne la segreta realtà.

Nel caso della beffa giocata a Katherina, va detto che nel testo la sua trasformazione si deve anche alla prepotenza della passione fisica che la porta a sottomettersi al suo signore. La carica erotica del loro rapporto, tuttavia, non emerge in questa versione, anche perché Kate è interpretata da un attore piuttosto muscoloso. Del loro rapporto Hall lascia emergere l'aspetto più crudele, l'aspetto più oscuro, forse approfittando del fatto che sotto la maschera di Katherina non ci sia una vera donna a subire le angherie di Petruchio. Più che di misoginia, qui si può parlare di disgusto amletico per quel grande "capolavoro della natura" che è l'uomo. La scena delle nozze è brutale. Vince Leigh si presenta in Chiesa vestito da cow boy, la bottiglia in mano, e il culo di fuori. Il suo Petruchio preannuncia Falstaff nella sua rumorosa millanteria, nel suo gusto di ingannare gli altri per puro gioco, ma lo supera in volgarità: vomita in scena, rutta in modo sconcio, tanto da meritare l'epiteto di "mostruosa bestia" che il Lord aveva affibbiato al suo doppio, Sir Cristopher Sly, nel Prologo. Si può parlare di comicità grossolana, ma scespirianamente mescolata al gusto amaro delle opere successive. Non mancano ingenuità (l'uso degli occhialini 3D offerti a Sly per osservare i dipinti erotici posti nella sua stanza da signore), e qualche caduta di gusto, ma il lavoro convince per la straordinaria vitalità della performance e per l'acume interpretativo, che lascia intravedere nei personaggi da Commedia dell'Arte di The Taming of the Shrew le future grandi maschere scespiriane.

Twelfth Night è uno spettacolo decisamente superiore, e non soltanto perché il dramma è di per sé una punta di diamante del canone, ma anche perché l'atmosfera sospesa e onirica che lo sostanzia, si addice di più alla sensibilità dei Propeller (basti ricordare l'incantevole A Midsummer's Night' Dream presentato al Teatro Valle di Roma nel 2009).

La scena plumbea è la stessa, ma nell'Illyria dei Propeller ogni oggetto è fuori posto e tutto è sottosopra. Partendo dal titolo, Hall rappresenta il sovvertimento dell'ordine tipico della festa. La notte dell'Epifania viene nominata soltanto una volta, sia nel testo che nello spettacolo, ma il sottotitolo "Or What You Will" è una delle chiavi interpretative della performance, dove si assiste al totale capovolgimento dell'ordine delle cose. Ed ecco che il lampadario è crollato a terra, i praticabili sono coperti da stracci grigi e impolverati, le sedie a zampe all'aria, bottiglie vuote e strumenti musicali sparsi un po' ovunque alla rinfusa. La musica, protagonista indiscussa della piéce, precede il verso di apertura pronunciato da Orsino: ("If Music be the food of love / Play on", I, i) negli accordi vocali di Feste, il fool di Olivia, supremamente interpretato da Liam O'Brian. Come fossero fantasmi del palcoscenico, quattordici attori con il volto coperto da una mezza mashera bianca, sbucano silenziosi da ogni parte, fuori dagli armadi, dai finestroni posti ai lati in alto, e quando gli strumenti tacciono, sono loro ad accompagnare l'azione con qualcosa che non è canto vero e proprio, ma un ipnotico misto di emissioni vocali corali, di bisbigli, sussurri e rumori di varia natura.

La magia dell' attacco prelude alla strabiliante scena del naufragio, evocata dal fragore del mare e dal sibilo dei venti, e da un veliero in bottiglia che un attore, posto in cima ad una sorta di piramide umana,lascia dondolare dall'alto in basso, mentre i corpi degli altri che lo sorreggono, ondeggiano avanti e indietro, fino a scaraventare a terra il corpo di Viola, separata dal fratello gemello Sebastian dalla furia del mare. Un momento di grande teatro ottenuto con mezzi artigianali e, soprattutto, sfruttando al massimo la gestualità e la musicalità canora degli attori.

La metateatralità e la confusione dei generi vengono ovviamente amplificati. Joseph Chance che interpreta Viola, conserva una equilibrata ambiguità quando, come da copione, si traveste da uomo, trasformandosi in un Cesario aggraziato, ma abbastanza virile da far innamorare di sé la Contessa Olivia, tutta implosa nel suo lutto per la morte del padre e del fratello. Il conte Orsino in un certo senso costringe il suo paggio Viola/Cesario a recitare al suo posto la parte dell' innamorato al cospetto di Olivia, che invece si innamora del messaggero d'amore che è uomo-donna allo stesso tempo. Il gioco di specchi si moltiplica all'infinito, dando concreta forma scenica alla labilità dei confini tra essere e apparire e, in definitiva, tra vita e teatro.La scena di agnizione in cui Sebastian si guarda intensamente allo specchio dell'anta dell'armadio dal quale fuoriesce la sua gemella Viola è di rara intensità drammatica.

Della trama dei nobili, la regia mette in risalto la follia d'amore che colpisce tutti, nessuno escluso, da Orsino, infatuato dell'idea dell'amore, a Olivia che si innamora di una donna travestita da uomo, passando attraverso Viola che fa di tutto per unire il duca e la contessa, pur amando in segreto Orsino. Ciò che conta non è il genere, ma l'amore che colpisce a caso, innescando meccanismi relazionali insondabili.

La sottotrama comica che coinvolge lo zio di Olivia, Sir Toby Belch, Sir Andrew Aguechee e la cameriera Maria, per molti versi rimanda alla beffa di Katherina. L'ubriaco Sir Toby è interpretato da un Vince Leigh più che mai rumoroso e barcollante, e il pretendente di Olivia da un John Dougall ancora più impacciato e maldestro del pretendente di Bianca. Per contrasto, l'esilarante Maria di Gary Shelford, capelli a zazzera, boa di struzzo e ciabattine rosse, ha l'argento vivo addosso e si lancia in un agilissimo tip-tap, mentre gli altri due, che a malapena si reggono in piedi, provano improbabili passi di danza. La burla ai danni del Maggiordomo Malvolio (Chris Myles che in The Taming of the Shrew era Baptista, il padre gabbato) è tanto spassosa , quanto tragicamente crudele. Hall ne coglie a pieno il sadismo e la brutalità farsesca e, soprattutto, intuisce e inscena la mania di grandezza socio-erotica del"rigido opportunsta"che, dietro la maschera di puritano, nasconde la convinzione e il desiderio di scatenare brame d'amore a chiunque lo veda. Secondo l'arguta Maria, Malvolio: "è così imbottito di perfezione, a idea sua, che fondamento della sua fede è questo: chi mi vede s'innamora" (II, iii). E non ha torto, perchè il suo inganno ai danni del maggiordomo riesce proprio per questa giusta intuizione. La scena della lettera in un giardino all'italiana, con gli attori in maschera che fanno le statue, e gli ubriaconi che osservano la scena da dietro gli alberi, è di straordinaria efficacia drammatico-performativa. Olivia in persona, con il capo velato, compare sotto forma di statua con la lettera dell'inganno in mano.

La battuta di Malvolio "Per la mia vita, questa è la mano (la calligrafia) della mia signora" (II,v), è soltanto uno dei numerosi esempi di arguta traduzione in gesto scenico dei pun scespiriani. Quando Malvolio si presenta al cospetto di Olivia in "calze a rete" gialle con una conchiglia gigantesca in pelle nera sul pube, più che come uomo umiliato e inconsapevole del suo essere ridicolo, egli appare come una vittima del sua stessa immaginazione. E quando si tocca il "pacco" ripetendo ossessivamente"la grandezza c'è chi ce l'ha per nascita", fa capire il doppio senso della battuta, perché è certo che per "grandezza" Shakespeare non intendesse soltanto quella relativa allo status sociale. Il personaggio, smascherato dallo specchio del teatro, rimane tuttavia tragico, e quando alla fine tutti si sposano, lui, come Antonio, rimane solo con la sua follia.

Gran pregio della performance, tra i numerosi altri, è il ritmo spedito dell'azione, e la straordinaria commistione di toni malinconici e farseschi che trovano entrambi una perfetta incarnazione nel personaggio di Feste, l'unico saggio in un mondo "uscito fuori dai cardini", per dirla con Amleto. Gli attori, sebbene impegnati in azioni sceniche a volte rocambolesche, danno corpo e sonorità al maturo blank verse scespiriano con una tale spontaneità e naturalezza che non si smetterebbe mai di ascoltarli. Non resta che augurarsi che tornino presto a calcare i nostri palcoscenici.

 

Scheda tecnica

THE TAMING OF THE SHREW & TWELFTH NIGHT, di William Shakespeare.
Scene: Michael Pavelka. Luci: Ben Ormerod. Suono: David Gregory.

The Taming of the Shrew: Christopher Sly, un pezzente ubriaco: Vince Leigh, Lucenzio, gentiluomo di Pisa: Finn Hanlon ; Tranio, servitore di Lucenzio: Liam O'Brien; Biondello, altro servitore di Lucenzio: Ben Allen ; Battista, ricco gentiluomo di Padova: Chris Myles ; Caterina, figlia di Battista: Dan Wheeler ; Bianca, figlia di Battista: Arthur Wilson; Gremio, pretendente di Bianca: John Dougall ; Ortensio, pretendente di Bianca: Gary Shelford ; Petruccio da Verona: Vince Leigh ; Grumio, servo di Petruccio: Benjamin O'Mahony ; Curzio, servo di Petruccio: Joseph Chance ; Un pedante: Benjamin O'Mahony; il sarto: Christopher Hayward ; Vincenzo, padre di Lucenzio: Darrell Brockis ; una vedova: Christopher Heyward; Servo: Darrell Brockis.
Ensemble Lewis Hart.

Twelfth Night. Feste: Liam O'Brian; Orsino, duca d'Illiria: Christopher Heyward ; Curio, suo servitore: Arthur Wilson; Viola, poi Cesario: Joseph Chance ; Sebastiano, suo fratello gemello: Dan Wheeler ; Capitano di mare: Benjamin O'Mahony ; Olivia: Ben Allen ; Malvolio, suo maggiodomo: Chris Myles ; Sir Tobia dei Rutti: Vince Leigh ; Maria, cameriera di Olivia: Gary Shelford ; Sir Andrea Gotafloscia, pretendente di Olivia: John Dougall ; Antonio, capitano di mare: Finn Hanion ; Primo ufficiale: Lewis Hart ; Secondo ufficiale: Darrell Brockis; Un prete: Arthur Wilson, altri ruoli recitati dai membri della compagnia.

Regia di Edward Hall.

Una produzione Propeller, in collaborazione con DUETTO 2000, Roma.

Al Piccolo Teatro Strehler di Milano, dal 15 al 26 maggio 2013.

 

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