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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Io provo a volare, di Gianfranco Berardi

 

Il talento teatrale  meriterebbe un maggior riscontro e non soltanto tra gli addetti ai lavori, ma anche tra i comuni mortali che si limitano ad amare il buon teatro. Nel 2005 vince il Premio Scenario con Il deficiente che, insieme a Briganti, Land Rover, e al frammento finale di Popeye, fa parte della raccolta Viaggio per Amore, da poco pubblicata nella Collanina di Ubulibri. Ma a Roma, il giovane drammaturgo, regista e attore pugliese compare di solito una volta l’anno per presentare un nuovo spettacolo che , irrimediabilmente, rimane in scena per un solo giorno, o poco più, e, come se non bastasse, in qualche spazio teatrale di nicchia. Peccato, perché i suoi spettacoli, pur attingendo alla tradizione, sono nuovi e intelligenti, senza essere mai presuntuosi o intellettualistici, e soprattutto perché , pur prestandosi a letture multiple, sanno arrivare direttamente agli spettatori. Anche perché Berardi è un attore proteiforme ed energico, un volto drammatico e comico in un solo sguardo, un corpo esilissimo ed elastico che disegna movimenti di danza nell’aria. Difficile accorgersi che sia cieco mentre lo si guarda, non visti. Anzi, sembra che sia proprio la sua cecità, sopraggiunta poco prima dei suoi vent’anni, a permettergli di percepire la vita e la scena in modo ancor più profondo e problematico.

La sua indubbia capacità di coinvolgere gli spettatori al fatto teatrale, la si è toccata con mano assistendo a Io provo a volare, una sorta di piccola rivista, in bilico tra prosa e musical, che assembla canzoni di Domenico Modugno nel tragicomico racconto delle illusioni e delusioni di uno dei tanti ragazzi del Sud che sogna di diventare attore. Pur di riuscire nel suo intento, è disposto a subire umiliazioni e ad affrontare ostacoli di ogni genere. Lo spettacolo si presenta come un omaggio al popolarissimo cantante emerso dalla provincia a forza di stenti e di sudore , ma, in realtà, la piéce si espande su diversi piani di significato. Nonostante la linearità narrativa, le avventure di questo picaro della scena sono anche le avventure di chi cerca il senso del suo peregrinare alla ricerca di possibili sé. Come Briganti, il monologo sembra smembrarsi in tante voci e, inoltre, sembra basarsi su una sorta di canovaccio aperto all’improvvisazione e quindi al mutamento.

Sul palcoscenico spoglio compaiono prima quattro musicisti che, oltre a suonare molto bene, interagiscono con il protagonista in modo da sembrare resuscitati dalla memoria. I loro improvvisi abbiocchi e i loro altrettanto improvvisi risvegli, oltre a suscitare ilarità, li fissano in una dimensione sospesa tra realtà e sogno. E quando Berardi emerge dal buio con il cilindro e il frac dell’uomo della famosa canzone di Mimì , più che controfigura del popolare cantante, egli sembra incarnare una sorta di fantasma del palcoscenico. Fa pensare a Petrolini e il suo racconto sgangherato, infarcito com’è di giochi di parole che inseguono rime baciate, conferma in parte la sua discendenza dal “ fine dicitore”. Con la voce si moltiplica in tanti personaggi dei ricordi, cimentandosi in agili botta e risposta tra sé e sé. A poco a poco si scopre che è stato il custode di un vecchio cinema in disuso , lo stesso dove ha iniziato la gavetta e dove ora è tornato dopo aver affrontato infinite peripezie.

Il racconto non scivola mai nell’ovvietà o nell’auto-compiacimento. Piuttosto descrive situazioni paradossali, dialogando con la musica in un continuo interscambio di rimandi e suggestioni. Basti pensare al ruolo decisivo svolto da Davide Berardi (fratello di Gianfranco) che intona le canzoni di Modugno facendoli come rivivere sulla scena, grazie a sorprendenti somiglianze vocali. Ed è il fruscio dei piatti del batterista ad evocare il suo viaggio in treno verso la grande città, mentre un occhio di bue illumina ad intermittenza il suo volto ambiguo. La partitura testuale e performativa dello spettacolo passa dal comico a momenti di intensa malinconia, dalla satira del potere corrotto di provincia al bozzetto ironico e auto-ironico di chi pretende di fare l’artista , dal pastiche semiserio al racconto visionario che riflette sui modi della percezione della realtà e del sogno. C’è qualcosa di volutamente provvisorio in questo spettacolo che lascia presagire futuri sviluppi. Perché il teatro di Berardi è un teatro “povero”, dove nulla è mai definitivo. A partire dal testo che anche quando compare sulla pagina scritta si presenta come testo visivo, dove le parole da dire sono accompagnate da una complessa “partitura dei comportamenti” destinata, per sua natura, ad infinite variazioni. Ma anche il suo corpo scenico sembra muoversi alla ricerca di nuovi modi espressivi. Non si concede vezzi da mattatore, ma trasmette tutta l’intensità interpretativa di chi quella stessa scena se la deve conquistare, non potendola percepire che nel buio.

 

Scheda tecnica

Io provo a volare, spettacolo di teatro musicale di e con Gianfranco Berardi.
Con la partecipazione di Davide Berardi voce solista e chitarra, Giancarlo Pagliara fisarmonica, Vincenzo Pede percussioni, Francesco Salonna contrabasso. Luci : Gabriella Casolari. Costumi Pasqualina Ignomeriello. Regia di Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari.

Prima nazionale al Festival Castel dei Mondi di Andria, il 1 settembre 2010
Visto al Teatro Quirino di Roma nell’ambito della rassegna Revolution Mad .

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