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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Ivanov di Cèchov secondo Filippo Dini

 


Con Ivanov, Cèchov mette in scena un personaggio decisamente fuori dalle convenzioni. E' un uomo senza qualità, un piccolo proprietario terriero fallito, un cinico che si rende infelice e che rende infelici gli altri, un uomo paralizzato dalla noia e da una accidia non troppo diversa da quella di Oblomov. Scritto nel 1887, Ivanov è il primo dramma in quattro atti di un Cèchov appena ventisettenne, ma già padrone del mezzo teatrale. Il suo antieroe è il prodotto e lo specchio di una società in disfacimento, fatta di arrampicatori sociali, di gente che vive alla giornata, priva di obiettivi e di valori morali, e totalmente incapace di dare un significato alla vita. Ivanov decreta la fine di un epoca e l'eclissi di una civiltà, ma lo fa con una certa leggerezza e con una buona dose di comicità.

La regia di Filippo Dini e la sua interpretazione del protagonista vanno molto oltre le aspettative. Lo spettacolo è una perfetta commistione di generi, dove il tragico si traduce in grottesco e dove il vaudeville si fa strumento di critica sociale. L'attore ha sviscerato il testo nella vivace traduzione di Danilo Macrì senza la pretesa di stravolgerlo per modernizzarlo. Ha effettuato solo qualche taglio ai lunghi monologhi del suo personaggio, e ha reinterpretato il testo attraverso una performance dinamica e corale, studiata per un gruppo di attori capaci di lavorare in perfetta coesione. A parte qualche lentezza verso la fine della prima parte, il ritmo dell'azione mantiene una perfetta tenuta scenica e le felici intuizioni registiche salvaguardano lo spettacolo da un eccessivo naturalismo. Alcune immagini sembrano proiezioni dei sensi di colpa di Ivanov, come quella in cui la moglie immobile e diafana appare dietro la finestra della stanza in cui lui la tradisce con la devotissima Sàscia (Valeria Angelozzi). Sembra un'apparizione spettrale ma è lei, Anna Petròvna (Sara Bertelà) in carne e ossa che lo è venuto a cercare a casa Lièbiediev. Anche la scena della festa nel salone della medesima casa, gremitodi nouveaux riches colti nel pieno della loro vistosa pacchianeria e del loro assoluto vuoto esistenziale, ha la qualità di un incubo vagamente felliniano.


Le scene mobili di Laura Benzi si spostano a vista per trasformare l'esterno crepuscolare della tenuta di Ivanov nell'interno rossastro del salone di casa Lièbiediev, o nell'interno claustrofobico dello studio di Ivanov. Gli spazi cambiano dimensioni e il passaggio da una scena all'altra avviene attraverso semplici dissolvenze che aprono lo sguardo ad ampie panoramiche e a inquietanti primi piani.

Lo spettacolo parte in quarta con le luci accese in sala e in palcoscenico dove Ivanov legge un libro già seduto a un tavolo, mentre gli spettatori prendono posto. L'amministratore della tenuta Bòrkin spiana una pistola sul volto di Ivanov che reagisce con un rabbioso <per Dio>, l'altro si siede con le scarpe sul tavolo e replica con un generico <fa caldo>.Tutto avviene nel giro di qualche minuto e il seguito mantiene lo stesso passo. Gli sfoghi personali di Ivanov, tutti molto convincenti e impetuosi, chiosano i serrati dialoghi tra i numerosi personaggi che tentano di distrarlo dalla sua apatia. Prima tra tutti Anna Petròvna, la moglie ebrea malata di tisi che Ivanov ha sposato forse per soldi e che ora non ama più. Per amor suo la donna ha rinnegato la sua religione e i genitori di lei l'hanno ripudiata. Ivanov è crudele con lei, come lo è anche con Sàscia, ma non può far nulla per essere diverso da quello che è. Si disprezza e, diversamente dagli altri personaggi, è lucidamente consapevole della sua inettitudine. Sarcastico nei confronti degli altri, è anche fortemente autoironico. Si paragona ad Amleto e a Tartufo, ma lo fa senza autocompiacimento. Anzi, i suoi paragoni letterari in genere servono a mettere in luce la stupidità degli altri personaggi. <... tu immagini di aver trovato in me un nuovo Amleto> dice ad un certo punto a Sàscia, dimostrando di aver capito che la ragazza si è invaghita del suo malessere perché affetta dalla sindrome della crocerossina.

Dini definisce il personaggio con una energia e una intensità straordinarie. Oltre a rendere con forza la sua intrinseca comicità, egli ne mette in risalto l'intelligenza critica che gli permette di guardarsi dentro con occhio spietato e che, allo stesso tempo, fa luce sulla pochezza di chi lo circonda. In questo sensoIvanov svolge una funzione drammaturgica non tanto dissimile da quella del principe di Danimarca nell'Amleto. I personaggi che circondano l'antieroe eponimo, infatti, sono come attratti dalla sua forza centripeta e sembrano esistere esclusivamente in sua funzione. Molti sono di bassa statura quasi a voler giustificare il disprezzo e il disgusto del protagonista nei confronti del mondo. Anche i personaggi più positivi, come Anna Petròvna, Sàscia e il medico L'vov(Ivan Zerbinati) non riescono a riscattarsi da una certa mediocrità. Soprattutto il dottore che giudica di continuo il comportamento immorale di Ivanov nei confronti della moglie, alla fine rasenta il ridicolo per la sua pedanteria persecutoria.


L'evidente lavoro di squadra della compagnia produce scene corali molto ben concertate. La maestria attoriale definisce e rende credibili tutti i caratteri che non scivolano mai nella macchietta. C'è il conte Sabelskij (Nicola Pannelli) che non crede a niente ma che ama divertirsi e beve a più non posso. La giovane vedova Marfa Babàkina (Ilaria Falini), tutta fiocchi e calze fucsia, che cerca un buon partito. L'avarissima moglie di Lièbiediev, Zenaide Sàvisna (Orietta Notari) che appena gli ospiti vanno in giardino si affretta a risparmiare le candele. L'amministratore fasullo di Ivanov, Bòrkin, che parla a vanvera e gioca tiri mancini. Un'umanità vacua, immobilizzata dalla noia e grottesca che rappresenta la fine di un'epoca senza farne una tragedia. In questo contesto anche il suicidio finale di Ivanov in ralenti perde spessore tragico configurandosi come il suo ultimo atto di irresponsabilità.

 

Scheda tecnica

IVANOV, di Antòn Cèchov. Versione italiana di Danilo Macrì. Scene: Laura Benzi. Luci: Pasquale Mari. Musiche: Arturo Annecchino. Interpreti: Filippo Dini, Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Gianluca Gobbi, Orietta Notari, Valeria Angelozzi, Ivan Zerbinati, Ilaria Falini, Fulvio Pepe.

Regia di Filippo Dini. Produzione Teatro Stabile di Genova, Teatro Due di Parma. 
Visto al Teatro Eliseo di Roma nel novembre 2015. 
Prima nazionale: 14 febbraio 2015 al Teatro Due di Parma. 
Prossime date: 
20-22 novembre al Teatro due di Parma.  
25-29 novembre al Teatro Stignani di Imola.
16-20 dicembre al Teatro Rossetti di Trieste.

 

 

 

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