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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

La battaglia di Hacksaw Ridge, di Mel Gibson

 

 

 

La battaglia di Hacksaw Ridge 
(tit or.Hacksaw Ridge)

Regia: Mel Gibson

 

con Andrew Garfield, Teresa Palmer,
Vince Vaughn, Luke Bracey,
Sam Worthington, Hugo Weaving, Rachel Griffiths

 

Distribuzione: Eagle Pictures

 

 

 

 

 

Risulta sempre arduo elaborare un giudizio sintetico ed equilibrato su un film bellico. Tuttavia, stavolta Mel Gibson, nuovamente dietro alla macchina da presa dopo L'uomo senza volto e Braveheart (5 Oscar e vari altri riconoscimenti), La Passione di Cristo e Apocalypto, ha realizzato un'altra opera degna per intensità e pathos. La battaglia di Hacksaw Ridge narra difatti la storia vera di un soccorritore sanitario dell'esercito USA impegnato sul fronte giapponese nell'assalto decisivo all'isola di Okinawa (aprile-giugno 1945), tappa cruciale del secondo conflitto mondiale. L'impresa di Desmond Thomas Doss, un militare assolutamente alieno alla violenza, ha dell'incredibile: senza sparare un solo colpo salverà in una notte ben 75 commilitoni lasciati sul campo di battaglia dopo la ritirata. Alcune scene di crudo realismo rievocano lo spielberghiano Salvate il soldato Ryan, mentre in altre sequenze si possono addirittura avvertire le emozioni già provate ne La sottile linea rossa di Terrence Malick, il capolavoro assoluto del genere, di cui la pellicola esaminata è - in parte - tributaria. È il miglior complimento che si possa avanzare nei confronti di un film di guerra candidato a 6 Oscar, e dal 2 febbraio nelle sale italiane. 


Presentato fuori concorso all'ultimo Festival di Venezia, l'emozionante Hacksaw Ridge è incentrato sulle gesta del soldato Desmond Doss, interpretato dall'ottimo Andrew Garfield (visto in The Amazing Spider-Man, The Social Network, Silence...). Il giovane, cresciuto tra i boschi e le montagne della Virginia, ed educato alla fede degli avventisti del settimo giorno, seppur in una famiglia sottoposta agli sgradevoli umori di un padre (Hugo Weaving) devoto piuttosto alla bottiglia, nel 1942 decide di arruolarsi in fanteria per servire il suo Paese e per esorcizzare i fantasmi del passato. La fase di addestramento (tante ne abbiamo apprezzate al cinema) di questa recluta "atipica", obiettore di coscienza che rifiuta anche il solo contatto con un'arma, risulterà assai problematica: Doss verrà dileggiato, pestato, accusato di codardia, sottoposto alle pressioni e alle angherie di tutta la compagnia, Sergente Howell (Vince Vaughn) e Capitano Glover (Sam Worthington) compresi.

Imprigionato e giudicato dal Tribunale Militare, al fine di costringerlo alle dimissioni, Desmond troverà l'aiuto provvidenziale del padre, decorato della prima guerra mondiale, e della fidanzata Dorothy Schutte (Teresa Palmer), di lì a poco sua moglie; ma recupererà soprattutto il conforto delle proprie convinzioni cristiane, e della piccola Bibbia donatagli proprio dalla ragazza, un volumetto che gli sarà fedele compagno nei momenti più drammatici della sua avventura. Che potremmo, alfine, definire epopea, o meglio, "calvario", data la ricorrenza di alcuni temi specifici nella cinematografia del travagliato attore e regista di Braveheart. Insomma, finalmente giunto con il suo battaglione sul teatro delle ostilità, Doss partecipa attivamente ad alleviare le pene dei compagni feriti - somministrando loro ampie dosi di fiducia e morfina - in quell'inferno costituito da Hacksaw Ridge, ricordato come uno degli episodi più sanguinosi della presa di Okinawa.


Sotto la "pioggia d'acciaio" (così i nipponici definiranno i bombardamenti subiti dalle artiglierie) gli assalti si alternano ai ripiegamenti, così che i metri di terreno conquistati un giorno, vengono nuovamente ceduti al nemico il dì successivo, con un enorme dispendio di vite umane da una parte e dall'altra. Dopo l'ultimo scontro rimarranno sul terreno centinaia e centinaia di corpi. Desmond Doss, a sprezzo del pericolo, e approfittando delle tenebre, mosso da una sorta di "trance salvifica", riuscirà in una notte a trarre in salvo diverse decine di suoi compagni feriti trasportandoli in spalla uno ad uno, e calandoli faticosamente per mezzo delle corde alla base del costone dove erano rimaste poche altre vedette a completare il soccorso. Alla fine, stremato e ferito, raggiunge in barella il proprio accampamento tra lo stupore generale. Il suo eroismo gli varrà la Medaglia d'Onore, la prima conferita dal Presidente Truman a un obiettore.

Come accennavamo prima, il percorso a ostacoli del giovane protagonista si conclude con la "salvezza del mondo", con la sua completa formazione come individuo, con l'affermazione della propria identità, ratificata dal compimento di un destino; sia esso il Cristo della Passione o il William Wallace della rinascita scozzese, sia il cacciatore maya di Apocalypto o il fante a stelle e strisce di Hacksaw Ridge. Non è decisivo il fatto che l'eroe debba sopravvivere, dal momento che lo scioglimento finale di queste terribili vicende registra il trionfo dell'ideale della non-violenza, che si afferma con il rifiuto dell'omicidio e della distruzione. Gandhi sosteneva che "Il sentiero della non-violenza richiede molto più coraggio di quello della violenza".

Ma Mel Gibson è piuttosto attratto dall'elemento spirituale e dal manicheismo, dalla fede e dall'ineluttabilità del fato. Il caos della guerra, il sangue copiosamente sparso - e rappresentato - il martirio e la sofferenza sono passaggi biblici destinati a sublimarsi nelle leggi divine. Di qui la visione classica, ma semplicistica, e scarsamente contestualizzata, di un conflitto che contò più di 150.000 morti, circa 15.000 tra gli americani, cifre che influenzarono non poco la risoluzione di utilizzare le armi atomiche per accelerare gli esiti di un conflitto che per l'opinione pubblica statunitense si stava rilevando assai dispendioso in termini di esseri umani.

A soccorrere il regista sopravviene la messinscena e l'ottimo livello delle riprese, che non risparmiano l'efferatezza degli scontri armati, il fragore delle bombe e il sibilo dei proiettili, il metallo che devasta i corpi, l'epica omerica che fa capolino nelle figure dei combattenti: esemplare la tragica fine di Smitty (Luke Bracey), il duro della compagnia, ritratto come un Achille morente. E l'ossessiva corsa contro il tempo del soldato Doss: uno ancora da soccorrere, e poi un altro, e ancora uno, fino allo sfinimento. Ecco il fascino di questo film imperfetto e avvincente la cui essenza può essere ancora sintetizzata con un celebre adagio del Mahatma: "Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci.".

 

 

 

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