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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Macbettu di Alessandro Serra

 

Peccato che rimanga solo tre giorni, al Teatro Argentina di Roma, lo straordinario Macbettu di Alessandro Serra, uno spettacolo di intensa fascinazione visiva e altrettanta potenza espressiva.

Vincitore del Premio Ubu 2017 e del Premio ANCT 2017, Macbettu trae da Shakespeare la sequenza essenziale dei fatti e cala la vicenda in un fosco paesaggio ancestrale, un antro oscuro e petroso, dove l'azione è come sospesa nel non tempo del rito.

La ricca performance della compagnia Teatropersona è una trasposizione antropologica del Macbeth nei carnevali arcaici della Sardegna centrale. La parola scespiriana, tradotta nella lingua della Barbagia, costringe ai sopratitoli in italiano, ma ben si amalgama con le asperità sonore e le immagini arcane dello spettacolo.

Lo spazio scenico vuoto è delimitato sullo sfondo da una muraglia di ferro costituita dalla superficie di tre lunghi tavoli posti in verticale. Quando vengono distanziati, evocano l'avanzata della foresta di Birnam, quando sono posti in orizzontale, servono alla scena del banchetto.

Gli attori sono tutti uomini e indossano semplici costumi in bianco e nero. Sono tutti bravissimi e si esprimono più con il corpo che non con le parole che, a loro volta, evocano immagini concrete. Del testo scespiriano rimane qualche manciata di versi e quelli più facilmente riconoscibili perdono l'originaria forza drammatica.

 

Serra dà forma a un paesaggio primordiale e magico, e il suo Macbettu è un personaggio archetipico, vittima delle forze del male rappresentate dalle streghe ghignanti e gibbose che, non a caso, oltre a essere il motore dell'azione, calcano la scena più spesso di quanto non facciano le loro sorelle scespiriane. Sono le Parche della Barbagia che filano il destino degli umani raggomitolate in ampie vesti nere e con il capo seminascosto dai fazzoletti che portano in testa. Macbettu ne è succube e, sopratutto verso il finale, ripete con spaventata insistenza le ambigue frasi delle profezie. E' vittima del Fato ed è inutile ricercare in lui l'eroe moderno scespiriano che si costruisce da solo il suo destino, credendo a ciò che vuole credere. La vicenda scespiriana è un lento ma inesorabile cammino nella follia con un affondo psicologico che ce lo rende contemporaneo.

Ecco, Macbettu non è e non vuole essere tutto questo. E', piuttosto, un dramma delle origini del male e dell'impossibilità di accogliere il trascendente. Un dramma sull'insignificanza dell'uomo di fronte all'ambiguità del demoniaco e del divino.

Il testo è stato tradotto in un dialetto barbagino da un attore, Giovanni Carroni, e si carica di tutta la fisicità e la vitalità della parola pronunciata. Si suddivide in ventiquattro sequenze, poco parlate o solamente agite. Le parole sono canto, un canto che spesso è affidato anche alla materia. Ci sono le pietre sonore di Pinuccio Sciola che, se accarezzate, producono suoni, da quello liquido del calcare a quello cupo del basalto. I suoni trasmettono emozioni e ipnotizzano lo spettatore. Il suono dei campanacci delle pecore, il suono metallico delle armature che i guerrieri indossano di notte, il crepitio del pane carasau schiacciato dai piedi del fantasma di Banquo nella scena del banchetto. Il fragore del bussare al portone nel cuore della notte, il chiacchiericcio delle streghe che pregano per i morti e maledicono i vivi.

Inscindibile dall'impatto acustico è il panorama visivo che scuote lo spettatore per la sua potenza evocativa. Nello spazio semivuoto, i semplici oggetti di metallo, di legno e di sughero rimandano al paesaggio ruvido della Barbagia, ma anche alla " terra desolata" dei nostri giorni. Non si cede mai alla banalità del folcloristico e le infinite soluzioni registiche creano un mondo aspro e dolente che, pur traendo ispirazione dai carnevali di Bosa o di Mamoiada, riesce a evocare temi universali.

Bellissima è la scena in cui la Lady si uccide. E' una scena breve e muta in cui il corpo nudo dell'attore si piega in avanti su stesso, si alza e si dirige verso il monolite di ferro per impiccarsi nel più assoluto silenzio. Con lo stesso distacco, Banquo e altri due nobili attraversano la scena con una macchina della pioggia a forma di parallelepipedo che rappresenta il feretro di Duncan. Ma ci sono anche scene comiche, come quella, ampliata rispetto all'originale, del portiere che maledice il fracasso provocato dal bussare di notte alla porta. La bestialità dell'uomo è ben resa quando, all'arrivo di Duncan, la Lady sfama e ubriaca le guardie che, carponi e a torso nudo, si avventano sulle scodelle, grufolando come porci. L'ipnotica forza visionaria dello spettacolo ne fa un grande tradimento di Shakespeare.

 

 

Scheda tecnica

Macbettu, tratto dal Macbeth di William Shakespeare. Traduzione in sardo e consulenza linguistica: Giovanni Carroni. Collaborazione ai movimenti di scena: Chiara Michelini. Musiche: pietre sonore di Pinuccio Sciola. Composizioni pietre sonore: Marcellino Garau.

Con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino.

Regia, scene, luci e costumi: Alessandro Serra.

Foto: Alessandro Serra.

Produzione Sardegna Teatro e Teatropersona

con il sostegno di Cedac Circuito Regionale Sardegna, Regione Toscana sistema regionaledello spettacolo dal vivo.

Visto al Teatro Argentina nel maggio 2018.

 

 

 

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