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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Richard III, di Sam Mendes con Kevin Spacey

Sin dai suoi primissimi esordi nella piccola O di legno del Globe (1594-95), Richard III ha catalizzato l'attenzione del pubblico sulla gigantesca figura marlowiana del Duca di Gloucester, e non soltanto perché la sua è la parte in assoluto più lunga dell'intero canone scespiriano, ma anche perché ad interpretarla era Richard Burbage, il più acclamato attore dell'epoca. Nel corso dei secoli i più illustri attori inglesi si sono cimentati nel ruolo del machiavellico tiranno e nel 1700 Colley Cibber dette l'avvio alla pratica teatrale di ridurre il numero dei versi per far risaltare la figura demoniaca di Riccardo. L'adattamento di Cibber falciava via più di tre quarti del testo originale (compresa la parte della regina Margherita) e vi aggiungeva un migliaio di versi tratti da Henry VIII. La riscrittura sopravvisse per quasi due secoli nelle versioni di David Garrick, George Frederick Cooke e Edmund Kean, e anche quando William Charles Macready riportò in auge il testo originale (1821), la tendenza di capocomici, produttori e registi è stata quella di mettere in ombra il folto stuolo degli altri personaggi(circa 30 in tutto) in favore del protagonista.

La recente produzione del Richard III dell'Old Vic, diretta da Sam Mendes, per molti versi ripercorre il solco della tradizione e la magistrale interpretazione di Kevin Spacey di fatto non ribalta l'idea del buffone satanico di Laurence Oliver. Tuttavia la regia di Mendes, che dello stesso dramma ha diretto una precedente versione nel 1992 con Simon Russel Beale, ha l'indubbio merito di mettere in risalto tutti i perversi meccanismi del potere che si sviluppano tra le pieghe del complesso intreccio, mantenendo uno straordinario equilibrio tra la complessità della vicenda politica (il testo è riproposto in versione pressoché integrale) e la singolarità del personaggio centrale. Il Riccardo di Spacey, quasi piegato in due dalla gobba e con una gamba intrappolata in una protesi che lo costringe a claudicare, è una figura irresistibile e magnetica, che incombe sulla scena anche quando è dietro le quinte. Mentre arranca sulle stampelle, strizza continuamente l'occhio agli spettatori con i quali instaura un rapporto di complicità così stretto da trasformarli in cospiratori. Il suo fascino perverso risiede non soltanto nella sua intelligenza politica, ma anche nella sua straordinaria capacità di strappare la maschera a tutti i cortigiani che lo circondano. Dalla regina Margherita spodestata al fedele leccapiedi Buckingham, tutti i personaggi hanno abusato o abusano del loro potere, grande o piccolo che sia, e tutti hanno tramato o tramano gli uni contro gli altri per ottenere privilegi. Riccardo è l'unico che ha il coraggio delle sue azioni ed è il primo a non credere alle sue stesse menzogne. Spacey non sovrappone interpretazioni psicologiche al personaggio, né lo ammanta di mistero, piuttosto ne chiarifica lo spirito di osservazione, l'acume strategico e il doppiogiochismo, attraverso una interpretazione che lo tiene costantemente in bilico tra due ruoli : quello del politico scaltro che utilizza oppositori e alleati a suo vantaggio e quello dell' attore che rivela costantemente i segreti del suo mestiere al pubblico.

Il celebre monologo iniziale, “ Now is the winter of our discontent, made glorious summer by this Sun of York”, viene detto con disinvolta nonchalace da un Riccardo determinato e comodamente adagiato su una poltrona ergonomica, una bottiglia di whisky in una mano, un telecomando nell'altra, uno schermo televisivo alle sue spalle e il vuoto assoluto intorno, mentre sul fondo rimane proiettato un NOW che riconduce la vicenda all'oggi del pubblico. Gli abiti moderni, tuttavia, non rimandano ad un luogo o ad un tempo determinati come accade nel film di Richard Loncraine (1996) dove la trama viene trasposta negli Anni Trenta. Quello di Spacey è un Riccardo trans-storico che assomiglia ai tiranni di ogni tempo, Mubarak o Gheddafi compresi. Per ritrarlo come grande dittatore del XXI secolo, Mendes non ha bisogno di spostare una virgola del testo, ma traduce la spietata analisi della tirannia in esso contenuta nella geometrica partitura della performance.

L'intero impianto registico illustra in modo quasi didascalico il groviglio storico e politico contenuto nel testo, mettendone in evidenza la simmetria delle forme e la specularità delle scene parallele. La sobria scenografia di Tom Piper serve perfettamente allo scopo. Il palcoscenico è pressoché vuoto e delimitato ai tre lati da bianche pareti scrostate, lungo le quali si aprono diciotto porte. A mano a mano che l'ascesa al potere procede attraverso l'eliminazione fisica di chi si frappone tra Gloucester e la corona, la onnipresente regina Margherita di Gemma Jones disegna una X su ciascuna porta. A metà tra una Furia e una torva Cassandra, la regina detronizzata prevede il ricorso implacabile della storia e ne scandisce il passo, mentre il ritmo incalzante della musica accompagna il veloce dipanarsi dell'azione. L'incoronazione viene preceduta dall'apertura della parete di fondo dal quale emergono a tamburo battente i seguaci di Riccardo. La coppia regale è come ingessata nel tableau vivant del cerimoniale e la scena viene ripetuta due volte, la prima sul fondo del palcoscenico, la seconda in zona di proscenio. C'è solo l'intervallo a dividerle per segnalare il rapido cambio di prospettiva che si attua nel climax dell'azione. Un turnig point sintetizzato dallo sguardo di Riccardo/ Spacey che dall'esultanza vanitosa, passa subito dopo ad esprimere quel senso di inquietudine che accompagnerà ogni suo gesto fino alla disfatta finale. Dal NOW dell'inizio alla conclusione del dramma, i passaggi da una scena all'altra vengono segnalati e scanditi da didascalie luminose proiettate sull'arco di proscenio che titolano ciascun episodio con il nome del personaggio che vi predomina, “Clarence”, “Lady Anne”, “King Edward”, “ The Citizens” e via dicendo. L'idea non è tra le più originali ma chiarisce la dinamica delle faide e dei complotti e guida l'immaginazione del pubblico tra i numerosi luoghi in cui si svolge l'azione, dall'interno della Torre di Londra alle strade, dalla reggia ai campi di battaglia. Sebbene il cast sia di altissimo livello, non tutti gli episodi risultano ugualmente convincenti. Alcune soluzioni registiche appaiono addirittura ingenue, come l'idea di affidare a due donne i ruoli dei piccoli principi di York, ma le tre ore e mezza scorrono via rapidamente grazie ai tempi serratissimi dell'azione che non risulta mai frammentaria. Questo anche grazie all'efficace gioco di rimandi espliciti tra scene speculari. Quella di seduzione di Lady Anne (I, ii, 33-263), interpretata da Annabel Scholey, costituisce un momento di grande meta-teatro con un Riccardo/ Spacey intento a dimostrare al pubblico come la malformazione possa essere sfruttata a proprio vantaggio, ma che allo stesso tempo sembra meravigliarsi di se stesso e del fascino perverso che suscita nella donna alla quale ha ucciso suocero e marito. Ma questa stessa scena raddoppia il suo significato se collegata a quella parallela (IV, iii, 197-431), in cui Riccardo induce Elisabetta di York, vedova di suo fratello, re Edoardo, ad acconsentire ad un suo futuro matrimonio con sua figlia. In questa seconda fase del dramma, Riccardo sta perdendo potere e anche la sua strategia d'attacco nei confronti delle donne si trasforma impercettibilmente. La sprezzante regina di Haydn Gwynne non cede alle sue lusinghe solo perché non vede un gran futuro per Riccardo e pianifica le nozze della figlia con Richmond, l'imminente successore. L'universo politico non conosce amore e strumentalizza il sesso ai propri fini. Riccardo rinuncia lucidamente all'amore, ma non è il solo, e la regia enfatizza la disumanità dell'intera classe dominante denunciata nel testo, ma spesso occultata per dar risalto al cinismo del protagonista. Le quattro grandi donne del dramma (la duchessa di York, la regina Margherita, la regina Elisabetta e Lady Anna) lamentano la loro infelicità e i loro morti come fossero un coro greco, ma tutte sono state a loro volta complici del potere. Altrettanto illuminante è la specularità tra il sogno profetico di Clarence (I, iv, 1-75) e quello in cui tutte le vittime di Riccardo appaiono in sogno a Richmond la notte prima della battaglia decisiva (V, iii, 119-177). Nel primo caso la forza è data dalla parola (il monologo è forse il momento poetico più alto dell'intero dramma), nel secondo dalla macabra intensità visionaria della scena, una sorta di ultima cena con un lungo tavolo al quale siedono i fantasmi dei morti assassinati, con il il carnefice a capo tavola e Richmond di rimpetto a lui. Una straordinaria sintesi visiva che mette a fuoco la dimensione metafisica presente ai margini estremi della tragedia.

Ulteriori parallelismi vengono creati tra gli episodi per dar risalto al peso che la manipolazione dell'opinione pubblica assume nel dramma. Ed ecco che la scena in cui Edoardo IV, ormai prossimo alla morte, raduna tutti i membri della corte per mettere pace tra le fazioni rivali,viene presentata come grande messinscena mediatica, con i paparazzi che la riprendono in video o che scattano foto. La sequenza di scene in cui il consenso popolare viene presentato come formidabile strumento di potere viene qui spettacolarizzata al massimo. I figli fanciulli di Edoardo IV sono stati uccisi da poco e Riccardo viene colto in flagrante da un cameraman televisivo mentre prega in un monastero. Il suo sostenitore Buckingham lo intervista e lui nega di aspirare alla corona. L'immenso primo piano dello stratega proiettato sul fondale subito dopo l' incoronazione è molto meno impressionante del video in cui egli finge un totale disinteresse per il potere per accaparrarsi il favore del popolo.

Lo spettacolo, insomma, mette lo specchio davanti alla politica, e dimostra come la spietata analisi che Shakespeare opera dei meccanismi che accompagnano l'acquisizione, la conservazione e la perdita del potere sia terribilmente attuale. Il Riccardo di Spacey, come si diceva, è un personaggio trans-storico ma mai puramente emblematico. E' un uomo contraddittorio, tribolato e anche comico, oscuro con tutta la sua razionalità. Spacey declina ogni aspetto della sua personalità (la tenacia e la determinazione, l'invidia e il cinismo, la spavalderia e il terrore della solitudine) e modula l'espressione su diversi stati d'animo. Recita con ogni fibra del suo essere, ma sono soprattutto i suoi sguardi a rivelare i pensieri più nascosti di Riccardo. La sua interpretazione è indubbiamente il cemento e la cifra stilistica di uno spettacolo solo in parte disorganico, ma sicuramente travolgente e destinato a rimanere negli annali della fortuna di Shakespeare.

Al successo di critica e di pubblico ottenuto a livello internazionale, fa riscontro la scarsa attenzione prestata all'evento in Italia. Lo spettacolo ha letteralmente entusiasmato il pubblico napoletano accalcato nell'ampio Teatro Politeama, ma la critica nazionale ha liquidato lo sforzo del Napoli Teatro Festival di ospitare una produzione di tale calibro con poco più di qualche trafiletto. Qualcuno ha parlato di uno spettacolo ben fatto, ma “esagerato”. Come se Richard III non fosse il primo dramma moderno in cui l'eroe spettacolarizza se stesso. Come se l'immagine finale in cui il cadavere del tiranno viene appeso ad una fune a testa in giù non rimandasse a scenari molto simili e terribilmente reali, lontani e vicini nel tempo.

 

Scheda tecnica

RICHARD III di William Shakespeare.

The Bridge Project, produzione Bam, The Old Vic & Neal Street.

Scene : Tom Piper. Costumi : Catherine Zuber. Luci : Paul Pyant. Proiezioni : Jon Driscoll. Suono: Gareth Fry. Musica : Mark Bennett. Coordinamento e direzione musicale : Curtis Moore. Maestro d'armi : Terry King. Artista associato : Gaye Taylor Upchurch. Casting : Maggie Lunn & Daniel Swee.

Regia di Sam Mendes.

Cast in ordine di apparizione:

Kevin Spacey : Riccardo, duca di Gloucester e in seguito re Riccardo III.

Chandler Williams : Giorgio, Duca di Clarence, fratello di Riccardo ed Edoardo IV.

Howard Wovershown : Brackenbury.

Jack Ellis : Lord William Hastings.

Annabel Scholey : lady Anne.

Haydn Gwynne : regina Elisabetta, moglie di Edoardo IV.

Isaiah Johnson : Lord Rivers (fratello della regina Elisabetta).

Nathan Darrow : Lord Grey, figlio della regina Elisabetta.

Gavin Stenhouse : marchese di Dorset, figlio della regina Elisabetta.

Chuk Iwuji : duca di Buckingham.

Michael Rudko : Lord Stanley, Conte di Derby.

Jemma Jones : regina Margherita.

Gary Powell : primo assassino.

Jeremy Bobb : secondo assassino.

Andrew Long : re Edoardo IV.

Maureen Anderman : duchessa di York, madre di re Edoardo IV, Riccardo e Clarence.

Andrew Long : vescovo di Ely.

Katherine Manners : giovane Riccardo, duca di York, figlio di Edoardo IV.

Hannah Stokely : giovane Edoardo, principe di Galles, figlio di Edoardo IV.

Howard w Overshown : Lord sindaco di Londra.

Jeremy Bobb : Sir William Catesby.

Stephen Lee Anderson : Sir William Ratcliffe.

Gary Powell : Sir Francis Lovel.

Isaiah scrivano.

Simon Lee Phillips : Sir James Tyrrel.

Nathan Darrow : Enrico, Conte di Richmond.

Simon Lee Phillips : Duca di Norfolk.

Musicisti : Curtis Moore : tastiere, Hugh Wilkinson : percussioni.

Prima assoluta, 18 giugno 2011, all' Old Vic di Londra.

Prima italiana, 14 ottobre 2011 al teatro Politeama di Napoli, nell'ambito di Napoli Teatro Festival 2011.

 


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