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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Il mito nei dipinti di John William Waterhouse

Fig. 1

 

Nel 1892, il fotografo Ralph Winwood Robinson include John William Waterhouse in una serie di ritratti accademici. In assenza di resoconti di prima mano, questa fotografia rappresenta un prezioso sguardo alla sua tecnica: seduto davanti al cavalletto, immerso in uno studio tipicamente vittoriano e pieno di cimeli, Waterhouse apparentemente dipinge in solitudine, al solo cospetto delle proprie modelle.
A proposito di queste ultime, l’attenzione si focalizza sulla donna dai capelli ramati, presente in quasi tutte le opere dell’epoca, donna dalla biografia misteriosa, ma in grado di indirizzare l’artista verso gli eroi e le dee della mitologia greca che sarebbero stati al centro della sua attenzione per oltre un decennio.
Insieme a Dante e Shakespeare, Omero rappresenta uno dei maggiori capisaldi della pittura preraffaellita, come in
Ulysses and the Sirens (fig. 1) e Circe offering the Cup to Odysseus (fig. 2) del 1891. Quest’ultimo - tratto dall’Odissea - raffigura una femme fatale estremamente attraente (soprattutto se paragonata alle donne-uccello della tela precedente), ma non per questo meno letale. Figlia di Elio, dio del sole nonché ninfa marina, Circe uccide il proprio marito per prendere possesso dell’isola da lui governata e costringere gli uomini di Odisseo a bere una pozione che li trasformerà in animali. Odisseo incontra Circe per forzarla a sciogliere l’incantesimo e renderla la sua amante. Questo incontro fu fonte di grande ispirazione per molti artisti del XIX secolo, poiché una donna viene immortalata all’apice della propria seduzione e della propria sconfitta.
Ulisse, al contrario della raffigurazione classica, viene rivestito da Waterhouse di spoglie mortali. Molti critici hanno contestato l’apparente calma, tradita dalla disperata richiesta di aiuto sussurrata ai propri uomini e visibile sulla tela solo ad uno sguardo attento. Eppure, così come per Circe, queste tele non vogliono rappresentare semplicemente il singolo episodio, ma uomini mitologici attanagliati dalla passione e donne che sono state trasformate o – peggio – che conoscono l’arte del trasformare.
Fig. 2

In virtù di questo, l’anno successivo è la volta di Circe Invidiosa (fig. 3), pesantemente attaccato dal critico George Moore:
“Un esempio eccellente di pittura francese. Il dipinto segue un piano geometrico e la modella non è altro che un mero meccanismo al suo interno. Nelle mani di un fiammingo di un olandese, il pennello avrebbe spaziato dal colpo più deciso a quello più lieve con innata grazia. Qui, invece, tutto è squadrato e pesante. La gamma dei colori, il vestito blu e l’acqua verde : che teatralità inutile! Quanto è pedante questo dipinto con ambizioni romantiche”.
Le parole di Moore risultano affrettate, in quanto la tela di Circe Invidiosa svela la complessità della pennellata di Waterhouse: dipinta su più strati, alcuni sgretolatisi nel tempo, che donano al dipinto l’effetto evanescente tipico delle sue opere.
Fig. 3La Circe rappresentata, in questo caso, è tratta dalle
Metamorfosi di Ovidio: il tritone Glauco ama la ninfa Scilla ed implora Circe affinché l’amore sia ricambiato. Poiché Circe vuole Glauco per sé, avvelena le acque in cui Scilla si sta bagnando, trasformandola in un mostro che divora i marinai. Anche in questo caso, ciò che davvero interessa al pittore è la personalità della protagonista e la sua malevolenza nell’agire, piuttosto che il contesto mitologico.
Tuttavia, l’amore del XIX secolo per il panteismo, riporta Waterhouse su un sentiero prettamente preraffaellita e – nel 1894 – si dedica ad una nuova versione di
The Lady of Shalott (fig. 4), tratta dai versi di Tennyson:

« La tela volò fuori e fluttuò spiegata
Lo specchio si crepò da lato a lato;
"La maledizione è giunta su di me", urlò
La Dama di Shalott »

La finestra su cui si affaccia la signora di Shalott non le offre né libertà né attenzioni, una volta commesso l’errore di osservarvi il mondo circostante coi propri occhi. Waterhouse massimizza l’effetto claustrofobico della stanza riempiendola di elemento geometrici, simili a quelli utilizzati da Hunt. La figura verticale della protagonista vestita di bianco è l’unica in contrasto con l’oscurità dominante della tela.
Ciò che più colpisce di questa versione definitiva è lo sguardo della Dama che fissa lo spettatore in modo nevrotico. Ovviamente ci troviamo al cospetto della stessa modella di
Circe Invidiosa anche se – in questo caso - è una donna che ha perso totalmente le sue facoltà mentali. Per quanto abbia scelto liberamente di guardare, la donna è visibilmente ferita dalle proprie azioni, e l’intensità di questo sguardo è totalmente assente in tutti i bozzetti preliminari.

Fig. 4

A quasi dieci anni di distanza, Waterhouse conclude il suo ciclo mitologico con Nymphs Finding the Head of Horfeus (fig. 5). Il simbolismo da sempre trae ispirazione da questo dio cantore della verità e per questo odiato ed invidiato da molti. Allontanato dai greci per aver decantato le lodi della propria moglie con troppo fulgore, Orfeo viene fatto a pezzi dalle menadi dopo averle rifiutate ed il suo capo viene gettato in un fiume dove, seppur decapitato, continua a cantare, a rappresentare la bellezza immortale dell’arte. Scoperto da due ninfe pietose viene da esse seppellito.
L’episodio, spesso evitato dai
pittori classici, in questo caso, acquista un elemento contemplativo che si mescola all’orrore. La testa è l’elemento chiave ma lo spettatore nota prima le ninfe e viene introdotto al dipinto dal gesto compassionevole della ragazza sulla destra. Dopodiché l’occhio scende verso il basso e – ad un primo sguardo – è difficile distinguere il capo senza vita dalla flora circostante. L’artista gioca con lo spettatore costringendolo a focalizzare l’attenzione sui personaggi e sull’usignolo in alto a sinistra che riprende la canzone lasciata interrotta da Orfeo, in quell’atmosfera più onirica che reale tanto cara a Waterhouse.

 

Didascalia delle immagini di John William Waterhouse
Fig. 1, Ulysses and the Sirens, 1891, olio su tela
Fig. 2,
Circe offering the Cup to Odysseus, 1891, olio su tela
Fig. 3,
Circe Invidiosa, 1892, olio su tela
Fig. 4,
The Lady of Shalott, 1894, olio su tela

Bibliogafia

Anthony Hobson, John William Waterhouse, Phaidon
Aubrey Noakes, John William Waterhouse, Chauces Press

Sitografia

Sito dedicato al pittore
www.johnwilliamwaterhouse.com

 

(Questo articolo, pubblicato il 15 luglio del 2008 nella precedente edizione della rivista Fogli e Parole d'Arte, al momento della ristampa nella nuova edizione era stato letto da 2476 lettori)



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