Testuali parole

L'opera svelata

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Fig. 1
La Casa della Gioventù è una delle realizzazioni più interessanti dell’architettura moderna a Roma, opera emblematica di Luigi Moretti, uno dei protagonisti più controversi, complessi e difficili dell’architettura italiana, che si sta riscoprendo e studiando attraverso una serie di iniziative che coinvolgono più istituti e stanno dando vita a molteplici eventi.

Uno di questi è la presentazione di un ulteriore avanzamento nel progetto di restauro della Casa della GIL e la presentazione di inediti documenti morettiani.
Gli interventi di restauro hanno l’intento di ripristinare la forma spaziale originaria di questa architettura, che nel tempo si è perduta a causa di interventi edilizi operati per sfruttare ogni spazio dell’edificio, modificandone la forma e la distribuzione interna, creando separazioni tra le parti, con il risultato di rendere poco leggibile l’opera.

Il restauro, in questo caso specifico, assume un valore particolare, legato all’architettura e alle sue funzioni, al linguaggio dell’architetto e al periodo storico e tecnologico in cui l’opera si colloca.
Il restauro, dunque, percorre la strada dell’autenticità, della conoscenza profonda dell’architettura, restituendo alla realtà la forma, l’immagine e la tecnologia, in un tutt’uno che è l’opera.

L’edificio della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) ha subito molti cambiamenti che ne hanno modificato la distribuzione degli spazi interni. Numerosi sono stati anche i passaggi di proprietà e i frazionamenti: dopo il secondo conflitto mondiale è passato al Vaticano, che ne ha concesso una parte all’Opera Don Orione e un’altra a due enti di formazione, che si sono ripartiti i piani. Attualmente, oltre agli enti di formazione, sono presenti le sale sportive del i Municipio e la sala cinematografica Troisi, su via Girolamo Induno, più alcune strutture della Regione Lazio.

I progetti di restauro che interessano la ex GIL si differenziano da quelli che hanno coinvolto il patrimonio moderno con finalità spesso distanti e poco sostenibili per queste architetture che hanno necessità di attente operazioni filologiche.
Gli interventi hanno in primo luogo cercato di rendere fruibile e adeguata alle norme la struttura nel massimo rispetto della lettura spaziale, con un attento esercizio calligrafico.

Soffermarsi sui temi del restauro è importante in quanto ci permette di leggere in maniera chiara i riferimenti progettuali impiegati, i modelli cui Moretti ha certamente guardato in campo internazionale. L'opera che si sta svelando ci conferma quanto Moretti fosse attento a ciò che stava accadendo in Europa, senza tralasciare la tradizione classica, che qui viene interpretata, come nella luce irradiata dall'alto e nella torre, evocativa delle torri medievali disseminate nella campagna romana.

Fig. 2E' possibile pensare, per alcuni riferimenti, al progetto della scuola del Bauhaus di Walter Gropius, di pochi anni precedente. All'interno della scuola di Gropius le attività sono in continuità una con l'altra, i volumi tendono a essere trasparenti e in armonico bilanciamento tra loro. Qui Moretti aggiunge linee organiche, che identificano i luoghi per le attività a corpo libero, privi delle ferrofinestra che, invece, nel corpo vicino diventano strutture della facciata.

Sono certamente molti i "modelli" a cui Moretti ha attinto per realizzare questa opera architettonica, e questo è un tema da studiare e su cui concentrare le prossime ricerche sul campo.

Lo stesso autore descrive in questo modo l'opera: «costruzione ove convergono i più coraggiosi impegni di organizzazione spaziale. E' un'architettura che respira nelle sequenze dei volumi interni tutti legati ed originariamente senza interruzioni tra loro dall'ingresso all'estremo di fabbrica, l'aria dei ginnasi antichi, la loro felicità e la giovanile atmosfera. La struttura modernissima dell'edificio non attutisce questa consonanza ideale, che l'unità spaziale dalla palestra con il teatro, con la piscina e con la biblioteca e con le alberature dei viali circostanti afferma palesemente. La soluzione però caratteristica di questo edificio per tanti altri nessi interessanti, è quella delle palestre all'aperto sovrapposte che l'architetto realizzò per moltiplicare la ristrettissima area a disposizione per le esercitazioni ginnastiche dei giovani. Sono di fatto tre amplissime terrazze, veri campi da gioco, che si susseguono in altezza, aperte e libere, nude di ogni aggettivo che non sia strettamente costruttivo [...]» (Curricula, elenco e progetti, in Archivio Centrale dello Stato).

Moretti, attraverso l’utilizzo di collegamenti verticali, ha definito gli accessi agli spazi della GIL, progettando i percorsi in base alla funzione: l’ampia rampa elicoidale, che permette anche la corsa, conduce agli spazi della scuola - nell’ultimo corpo del complesso -; la scala per la Sala d’Onore, quasi specchiata in quella per le palestre, invita alla salita - nel corpo parallelo alla scuola, progettato come totalmente trasparente e leggero -; la scala a chiocciola, a ogni piano, serve gli uffici - nel volume della torre e in quello centrale -.

Fig. 3L’architettura è unita all’arte. Qui erano presenti opere di artisti quali Mario Mafai (un affresco destinato al salone d’onore, che si sta cercando di recuperare in parte), Mario Barbieri (degli altorilievi oggi perduti), Orfeo Tamburi (una pittura murale, perduta anch’essa) e Achille Capizzano (dei graffiti coperti).

Le fotografie d’epoca e i disegni ci restituiscono un modo di progettare moderno, una composizione in cui la luce scolpisce, evidenzia, taglia con le sue lame, dove l’aria è l’elemento impalpabile che appartiene alla costruzione, vi passa dentro, la incornicia, la valorizza con la leggerezza. È in tale maniera che Luigi Moretti, con questo gioiello d’architettura, rielabora e interpreta gli elementi classici dell’architettura romana, portandoli all’interno di un nuovo linguaggio moderno, ancora attuale, che trova continuità nella contemporaneità. Tale continuità è riconoscibile nelle ricerche fotografiche dei giovani allievi dell'Università J. Cabot, qui guidati dal prof. Amato. Le fotografie ci mostrano come la luce sia un elemento compositivo fondamentale, che modula, grazie alle proiezioni delle ombre delle finestre in ferro, nuovi elementi spaziali, che possiamo interpretare come diverse possibilità di progetto o di allestimento interno. Le ombre 'sporcano' le superfici; le persone che le percorrono, invece, dimensionano gli ambienti ci restituiscono l’opera come laboratorio continuo sulla forma dello spazio e sul rapporto tra uomo e architettura.

 

Intervista all'Architetto Luigi Prisco, Regione Lazio, Assessorato Cultura Arte e Sport.

Quali sono i programmi culturali che interesseranno la GIL nel prossimo futuro?

A mio avviso è necessario creare un doppio binario. Il primo è quello di organizzare un'attività permanente, da collocare qui alla GIL. Questa dovrà essere un'operazione di teorizzazione della documentazione storica su Moretti e sulla GIL, chiaramente una ricerca iniziale ma poi con l'estensione a tutto il patrimonio moderno, allargando al patrimonio di Roma e poi da Roma verso un confronto con l'Europa, questo rapporto con l'Europa penso che sia irrinunciabile.

Voglio poi ricordare che abbiamo fatto una Legge Regionale Speciale sulle Città di Fondazione (LR 27/01). Tale legge vuole essere un supporto operativo coerente con un tipo di attività di questo tipo perché dà la possibilità di fare ricerca, di far afferire dei progetti che riguardano sempre il periodo storico dell'architettura moderna, e quel delicato momento di passaggio che sono i fermenti della modernità. Voglio ricordare, tra i molti temi, le Città di fondazione, l'architettura moderna e tutto quel motore importantissimo che poi darà l'esplosione, ad una fase architettonica e artistica molto importante, e che ha un effetto di trascinamento anche con la seconda parte del Secolo. Tutto questo attraverso il filo architettonico e culturale e il coinvolgimento della società del Novecento.

Ci piacerebbe che la Regione Lazio avesse una voce sul moderno e, dato che esistono una serie importante di contributi e di conoscenze sviluppate negli ultimi vent'anni, che ci fosse un polo di aggregazione e di accentramento di tutte queste iniziative, in modo che le giovani generazioni possano comprendere quella fase così importante che è il motore del cambiamento. Naturalmente con uno spirito di osservazione disincantato, scevro da ogni condizionamento.

In sostanza i filoni sono due: uno è di studio permanente, di ricerca e di conservazione del grande tema storico con i documenti e le interrelazioni con l'Archivio Centrale dello Stato, l'Archivio dell'Istituto Luce, le Teche Rai i quali sono elementi fondamentali per la comprensione del Novecento. Questo è il ruolo permanente con una sua staticità e vuole essere un riferimento continuo per i giovani che possono trovare in questo luogo un centro ricerche.

Fig. 4Dall'altra parte una concezione più moderna e meno statica della cultura, con un senso di aggregazione culturale e giovanile e non; pensiamo a un osservatorio, a un punto di riflessione su tutto ciò che è cultura moderna e contemporanea per cui tutto ciò che è contemporaneità. Prova a immaginare un ruolo attivo e un centro sempre presente per la collettività; forse un appuntamento fisso ogni settimana come quello dell'IN/arch: un punto di incontro e discussione che può essere un momento di visibilità dei problemi della contemporaneità e di collegamento con le forze della società civile, questo sarebbe preziosissimo!

Stiamo cercando di fare queste in via sperimentale in una città come Roma, proiettata nel suo passato, ma con temi moderni e contemporanei che premono, è questo un obiettivo di fondamentale importanza.

Vuoi accennarci alle novità emerse dal restauro?

Le novità hanno coinvolto il dettaglio dell'opera morettiana. Questa è una tematica meno conosciuta rispetto al grande tema che deriva dalla documentazione storica e caro gli addetti ai lavori. L'opera si conosce dai disegni, dalle fotografie, però il dettaglio è un elemento con una sua forma materica, non sempre documentato. Quasi sempre i dettagli sono elementi che vanno scoperti con una verifica tattile, con una conoscenza diretta. Un esempio può essere l'infisso. Qui abbiamo la fortuna di avere tutti gli infissi originali, il fatto di aprirlo manualmente - di conoscerlo attraverso l'uso - è un dato di arricchimento enorme; come vedere una bacchetta cava del periodo dell'autarchia: leggera, di alluminio, con un forte risparmio di materiale metallico... Tutto questo lo puoi conoscere solo in un cantiere di restauro.

Un altro elemento è il sottosquadro alla base dei pilastri, in un punto in cui la solidità dovrebbe prevedere quasi una sporgenza, invece Moretti lo arretra di un centimetro e questa è una grande novità.

Altre scoperte sono l'apparato decorativo di Mafai. Riscoprire dai saggi la fragile consistenza della tempera muraria, i colori naturali che non si conoscevano perché le fotografie erano infatti sempre in bianco e nero.

E poi la spazialità che si conosceva dalle fotografie d'epoca, ma che ora si è confermata attraverso un'operazione, non di conoscenza virtuale, ma di ricostituzione della brandiana unità potenziale dell'opera. Tutto questo diventa un elemento di verifica e di conoscenza straordinaria.

In mostra vi è un taccuino di disegni inediti di Luigi Moretti, vuoi raccontarci gli elementi salienti di questa tua importante scoperta?

Tutto è riconducibile all'obiettivo che abbiamo dato al progetto GIL. Vi è il desiderio di creare un coinvolgimento generale intorno alla figura di Luigi Moretti, di parlare di lui, di far comprendere il cantiere. Questo luogo di esposizione, la GIL, ha favorito questa scoperta unita a una serie di contributi di realtà esterne, sia di associazioni sia di studiosi, che hanno voluto offrire alcuni materiali.

Il taccuino appartiene al Fondo Capizzano, un artista molto vicino a Moretti, autore delle decorazioni del teatro oggi cinema della stessa GIL.

Del taccuino me ne parlò l'associazione Novecento e subito abbiamo cercato di procurarcelo, così che è diventato un tesoro restituito alla collettività. Il taccuino, infatti, è stato presentato per un desiderio di comunicarlo all'esterno e l'occasione di apertura di questa opera al pubblico ci è sembrata giusta.

Sul taccuino compaiono opere realizzate databili successivamente alla GIL come Sabaudia.

Ne emerge un Moretti che, nonostante la giovane età, ha già la sua maturità; egli continua ad appuntare progetti e idee, con un esercizio calligrafico e su dimensioni ridottissime padroneggiando mentalmente ogni dettaglio e proporzione.

Vi sono rappresentati anche altri suoi progetti, disegni immaginari con una sua declinazione di elementi stilistici tipici del classicismo. E' un elemento da studiare come anche lo è la tecnica di disegno.

 

Didascalie alle immagini (fotografie di Emma Tagliacollo)
Fig. 1. Ritratto dell'autore all'interno della mostra.
Fig. 2. Alcuni disegni di progetto.
Fig. 3. Il taccuino di Luigi Moretti.
Fig. 4. Fotografia di Serafino Amato da F. Storelli e L. Prisco (a cura di), Luigi Moretti e la Casa della GIL a Trastevere, Palombi, Roma 2010.

Scheda tecnica
Lo spazio ritrovato. Luigi Moretti e la Casa della GIL a Trastevere; Moretti a Roma.
Un itinerario attraverso le opere esistenti: ex GIL a Trastevere, Largo Ascianghi 5, organizzato da Regione Lazio, Università dell'Arkansas con la collaborazione della Fodazione CE.S.A.R. Le mostre sono visitabili nei pomeriggi dei giorni feriali con ingresso gratuito.
Nuovi studi sull'opera:
- F. Storelli e L. Prisco (a cura di), Luigi Moretti e la Casa della GIL a Trastevere, Palombi, Roma 2010.