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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Il Neues Museum di Berlino

 

La sua storia fino al restauro di David Chipperfield, 1997 – 2009

Conferenza di D. Chipperfield presso la Columbia University, 2012
video incorporato da YouTube

 

Contesto storico e costruzione.

Il Neues Museum1, progettato dall’architetto Friedrich August Stüler, allievo del più famoso Karl Friedrich Schinkel (di formazione neoclassica, ma aperto allo spirito romantico e a sua volta diretto scolaro dei due Gilly), fa parte del più ampio disegno, realizzato tra il 1824 e il 1930, inizialmente concepito dal re prussiano Federico Guglielmo III, portato avanti dal suo successore Federico Guglielmo IV - succeduto al padre nel 1840 - e conclusosi con la costruzione del Pergamonmuseum (1910 – 1930), per l'Isola dei Musei (Museumsinsel), sul fiume Sprea, nel cuore della vecchia Berlino Est. L’isola, costellata, appunto, di musei d’arte e archeologici2, avrebbe dovuto promuovere, in conformità all’idea del Re che deve aver cura della polis, l’attenzione e l’interesse del popolo verso l’antichità classica (un obiettivo che fa ricordare ciò che Ralph Flenley ha scritto di Federico Guglielmo IV: “ […] amante dell’arte e dotato di una facondia della quale si compiaceva”3). Nel 1999, questo complesso museale è stato inserito nella lista dei beni culturali dell’UNESCO (World Heritage List).

Fig. 1

Il Neues Museum viene costruito su commissione di Federico Guglielmo IV tra il 1841 e il 1859, per ospitare sia la collezione egizia e del vicino oriente, sia le stampe, i disegni e gli oggetti della Kunstkammer del palazzo reale4. Un passaggio sopraelevato lungo 24.5 metri e largo 6.9 metri sulla attuale Bodestrasse, completato nel 1851, lo collega, come un “cordone ombelicale”5 all’Altes Museum di Schinkel, di cui doveva essere un’estensione, ospitando le collezioni che esso non poteva, per ragioni di spazio, contenere. Ha una veste classicista, ma propone una novità: è il primo museo d'Europa a tre piani. Sopra un portico con colonne doriche, Stüler adotta la classica sovrapposizione degli ordini: il piano nobile presenta quello ionico, l’ultimo piano quello corinzio. Anche la pianta rettangolare (105x40 metri, con il lato lungo sull’asse nord-sud), come il prospetto, è tripartita: un corpo centrale più alto, contenente la monumentale scala di accesso, divide due ali simmetriche più lunghe, organizzate attorno alle proprie corti interne (la corte “egizia” a nord e quella “greca” a sud). Le estremità nord e sud della facciata orientale sono completate da due padiglioni a cupola, le cui cornici sono supportate ognuna da cinque cariatidi. Viene in mente un’indicazione di Schinkel: l’architetto deve pensare la facciata del proprio edificio non tanto come una maschera al medesimo applicata indipendentemente dalla sua struttura, ma come un qualcosa da questa stessa struttura necessariamente dedotta; “[Der Architekt muss] eine Fassade enworfen die dem Ganzen nicht bloss angemessen, sondern aus ihm notwendig hergeleitet war”.

Fig. 2

Eccoci all’interno: s’impongono alla vista, al piano terra, un soffitto a volta retto da colonne proto-doriche e un pavimento palladiano; al piano nobile, colonne ioniche in marmo e pavimenti a mosaico. Tra le gallerie lunghe, alcune presentano un soffitto a volta sorretto da archi in ghisa, riempiti con figure in filigrana e ornamenti in zinco e ottone. All’ultimo piano, i pavimenti sono di legno e gli snelli supporti in ghisa sono rivestiti decorativamente in zinco pressofuso. Le decorazioni interne sono opera dei pittori berlinesi più importanti del tardo periodo classicista. Per la prima volta, nella costruzione di un edificio monumentale prussiano, si utilizzano nuove tecniche di costruzione industriali (per la preparazione del sito e la produzione degli elementi in ferro, che sono prefabbricati) accanto a quelle tradizionali (l'edificio è massiccio e presenta parti strutturali in legno). Altra novità per Berlino consistette nell’utilizzazione di un motore a vapore per inserire i profondi pali di fondazione nel terreno soffice e spugnoso del sito. Il ruolo strutturale degli elementi in ferro a cui si accennava è volutamente espresso mediante la loro separazione dalle strutture in muratura. Osserviamo tuttavia che il ferro viene ricoperto da ghisa o zinco in rilievo o da rivestimenti in ottone.

Fig. 3

 

Il piano terra ospita le antichità egizie e nordiche; il piano nobile i calchi in gesso di statue greche e romane e antichità bizantine, romaniche, gotiche e rinascimentali; l’ultimo piano la collezione di disegni, miniature, stampe d’artista e modelli di edifici medievali (oggetti che daranno vita al Museo delle Stampe e dei Disegni). Ancora una volta vengono in mente le parole del maestro Schinkel: l’architetto deve ricavare il carattere del proprio edificio dalla sua struttura interna e dalla sua funzione; “Der denkender Architekt solle den Carakter seines Gebäudes aus seinem Innerem und seiner Bestimmung entwikeln”.

Fig. 4

 

Fig. 6

 

I danni della Seconda Guerra Mondiale e i sessant’anni successivi.

Le bombe a esplosione della seconda guerra mondiale causano severi danni all'edificio e alla collezione in esso contenuta. Nella notte tra il 23 e il 24 novembre del 1943 il corpo contenente la scala principale viene sventrato dai bombardamenti alleati e i suoi affreschi distrutti dal calore sprigionatosi dall’incendio dei tralicci di legno che reggevano il soffitto e dall’acqua utilizzata per spegnere il fuoco. Il 3 febbraio del 1945 altre parti del museo vengono distrutte (come il passaggio che lo collegava all’Altes Museum) o gravemente danneggiate. L’intera isola dei musei appare come un desolante insieme di rovine.

Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

Dopo la seconda guerra mondiale, le parti ancora utilizzabili del Neues Museum, su cui si era posto un tetto di emergenza, vengono usate come magazzino degli altri musei dell'isola. Nel 1985 il Politisches Büro del partito socialista e, poco dopo, il consiglio dei ministri della Deutsche Demokratische Republik adottano una risoluzione per la ricostruzione dell’Isola dei Musei, che include quella del Neues Museum. Tra il 1986 e il 1989 molte parti vengono abbattute (alcune delle demolizioni si sarebbero in realtà potute evitare), altre brutalmente incrostate con cemento e acciaio durante i lavori per la messa in sicurezza dell’edificio e, per la prima volta, si proteggono con un tetto provvisorio l’ala sud ovest e il corpo centrale. Tra il 1989 e il 1994 si effettuano i lavori per il consolidamento delle fondamenta, inserendo nel terreno 2.500 pali (il terreno poco stabile verrà “congelato” con biossido di azoto durante il restauro di David Chipperfield). Il 15 giugno del 1992, l’autorità federale per la costruzione indice un concorso per 18 studi di architettura nazionali e internazionali. Nel marzo del 1994 la giuria presieduta da Max Bächer conferisce il primo premio al milanese Giorgio Grassi. La proposta vincente non convince però del tutto i futuri occupanti del museo e si chiede perciò all’architetto di apportare alcune modifiche6. Non si giungerà mai a un accordo7 , onde nel maggio del 1997 viene chiesto al secondo classificato, David Chipperfield e al quarto, Frank O. Ghery, di modificare e ripresentare i loro piani. Nel dicembre dello stesso anno viene infine affidato allo studio londinese il compito di dare nuova vita all’architettura, da così tanto tempo ridotta a rovina, del Neues Museum.

 

Il restauro a cura di David Chipperfield.

Nel 1998 iniziano gli studi preliminari e nel 20038 i veri e propri lavori di restauro e di rifunzionalizzazione a cura dell'architetto britannico David Chippefield (in collaborazione con il connazionale Julian Harrap, esperto in restauro9), che si guadagnerà, con questo lavoro, il premio Mies van der Rohe nel 201110. Anche con questo restauro si tocca il tema del peso della storia a Berlino e la continua oscillazione tra le opposte opzioni di memoria o di oblio. I temi del restauro e della ricostruzione accendono sempre grandi dibattiti, ma è nella Germania riunificata, dopo il 1989, che le discussioni toccano l’apice. Il Neues Museum, fortunatamente, sfugge almeno all’inconcludente dibattito che si sviluppa sugli edifici politicamente connotati; si pensi al Palast der Republik o al Grossbelastungkörper, sempre a Berlino, alla Königsplatz di Monaco, al Reichsparteitagsgelände a Norimberga o all’edificio amministrativo dell’azienda Topf & Söhne a Erfurt11. Riportare l’edificio alle condizioni originarie avrebbe voluto dire cancellarne la storia, dai bombardamenti della seconda guerra mondiale ai cambiamenti apportati negli anni ’20-’30, cambiamenti che avevano reso il museo più “neutrale” per mezzo di pannelli e controsoffittature, posti a copertura degli affreschi e dei decorati soffitti (tutti elementi che erano stati peraltro rimossi negli anni ’80 durante i lavori di puntellamento). La visione di Chipperfield non è stata quella di fare un memoriale alla decostruzione e nemmeno quella di creare una riproduzione storica, ma di proteggere e dare un senso a una rovina sopravvissuta non solo alla guerra, ma anche all'erosione dei sessant'anni successivi. Questa opzione ha consentito di creare un nuovo edificio che né celebra né nasconde la storia, ma la include. 

Fig. 11

Fig. 12

 

Fig. 13

 

Fig. 14

Aderendo al concetto di restauro deciso dalla Carta di Venezia del 196412, Chippefield ha attentamente incorporato nel suo design ogni singola parte dell'edificio, considerando i diversi stati di conservazione e mantenendo la struttura originaria. Le parti mancanti sono state riparate e talvolta si sono dovute aggiungere parti nuove. Il progetto restituisce il contesto in modo da rendere leggibile la struttura e la sequenza degli spazi. È stata necessaria la ricostruzione dell'angolo sud-est, con la stanza della cupola del sud, dell’abside della corte greca e del volume a L che ridefinisce l'angolo nord-ovest, con la corte egizia. Pure lo scalone centrale è stato ricostruito. Per l’esecuzione di tutti questi volumi si sono usati mattoni riciclati, integrando le parti conservate.

L'ala a nord-ovest è stata completamente ricostruita con un involucro esterno di mattoni recuperati, il cui colore è stato selezionato per relazionarsi con gli elementi sopravvissuti. Il ritmo della finestratura riprende quello originale, ma con un design di assoluta sobrietà, contenuto all’essenziale schema dei pieni e dei vuoti (le finestre sono prive di cornice e al centro non è inserito il putto di pietra come in quelle originarie). I corsi di mattoni sporgenti riprendono i cornicioni originali. Le parti sopravvissute sono state pulite e soprattutto sono state rimosse le precedenti brutali riparazioni. Il trattamento delle superfici esterne dei muri rappresenta la decisione di fermare il tempo: permette al rovinoso aspetto dell'edificio di essere presentato, ma allo stesso tempo ferma il processo di declino e quindi la vita dell'edificio come rovina. Si può fare un parallelo tra questo restauro e quello di Hans Döllgast dell’Alte Pinakothek di Monaco, un altro museo danneggiato dalla guerra, risalente al 1836. Anche in questo caso, l’approccio è stato quello di ristabilire lo scheletro esterno dell'edificio, lasciando però ben visibili le parti ricostruite. Ciò, però, è andato di pari passo con una radicale riorganizzazione dell’interno, che non è avvenuta invece per il Neues Museum. Grazie al ripristino e al completamento del colonnato neoclassico – che echeggia quello dell’Altes Museum –, per lo più ben conservato, sul lato orientale e meridionale del Neues Museum, la precedente situazione urbanistica è stata riportata allo stato in cui era prima della guerra.

Chipperfield ha scelto di lavorare sul particolare e sull’essenziale, decidendo il da farsi stanza per stanza, in base alle condizioni reali. Per affrontare il restauro sono stati preparati tre documenti: The Conservation Guidelines, Concepts e Strategies. Essi presentavano studi dettagliati di tutti gli elementi strutturali e disegni in Photoshop delle superfici di ciascuna stanza. Si è scelto di procedere così per rispettare il diverso trattamento originale del XIX secolo e le differenti condizioni di conservazione dopo la guerra. Alcuni interni, infatti, hanno pallidissimi ricordi della decorazione originale, altri la presentano quasi intatta.

Fig. 15

Fig. 16

Fig. 17

Fig. 18

Dal momento che gli interni decorati della Glyptothek e dell’Alte Pinakothek di Monaco sono andati completamente distrutti durante la seconda guerra mondiale, quelli del Neues Museum rimangono uno dei pochissimi esempi di interni di un museo di quel periodo in Germania. Ciò che rimane di quel tempo lo si vede in squarci di colori e della finitura originale, le pareti rimaste nude sono state tinte e sfumate usando boiacca e vernice, dove mancavano mattoni si sono riutilizzati quelli storici locali. I pavimenti palladiani e quelli a mosaico sono stati riparati per essere di nuovo utilizzabili. Le capriate in ferro battuto, sostegni dei soffitti dell’ala nord, sono state rafforzate e le leggere cupole in terracotta dell’ala sud-ovest sono state ricreate. Elementi mancanti o non più utilizzabili come colonne, capitelli e modanature sono stati rimpiazzati con nuovi elementi prefabbricati in graniglia di marmo sassone levigato, lucidato, fiammato o bocciardato coerentemente con il proprio ruolo tettonico.

Entrambe le corti sono state scavate fino al nuovo piano interrato, permettendo, nella corte egizia, una vista anche dall’alto sull’esposizione di sarcofagi13. La corte egizia, a nord, illuminata da luce zenitale, è riempita da una struttura di pilastri in cemento armato di 50x50 cm, supportante una galleria mezzanino e un nuovo tetto di vetro traslucido e acciaio (questo tetto, assieme a quello, molto simile, della corte greca, ha contribuito a stabilizzare l’intera struttura). Nella corte greca, a sud, come sopra accennato, è stata ricostruita l’abside; il fregio posto al livello del secondo piano, che rappresenta la fuga da Pompei, lungo 65 metri e alto 1.7, di gesso originariamente ricoperto da vernice di piombo che lo faceva sembrare di marmo, è stato riparato là dove si era sicuri delle forme, mentre le parti mancanti non sono state ricostruite.

Fig. 19

Fig. 20

Fig. 21

Fig. 22

Fig. 23

Fig. 24

Lo scalone principale è stato completamente ricostruito. Se prima aveva una certa trasparenza grazie all’elegante balaustra, ora è un elemento unico e massivo, in calcestruzzo prefabbricato bianco, con aggregati di pietra selezionati accuratamente, in contrasto con i muri grezzi, in mattoni rossastri e mattonelle di terracotta, rimasti privi della decorazione originale. Le pedate dei gradini e i corrimano sono lucidati, mentre il resto della struttura presenta una finitura ruvida. Ora la scala è l’elemento principale dell’entrata, mentre una volta protagonista era la serie di affreschi di Wilhelm von Kaulbach, andata completamente bruciata, che accompagnava il visitatore lungo le scale con una visione panoramica di tutta la storia umana, riassunta in sei pannelli lunghi 7.5 metri ciascuno e incorniciati da decorazioni a monocromo. Il racconto partiva dalla caduta della torre di Babele e terminava con una scena sulla Riforma protestante, ritraendo un gruppo di persone attorno a Lutero che regge la sua Bibbia. In cima alle scale non c’è più il portico con le cariatidi, ispirato all’Eretteo, che costituiva l’entrata alle gallerie più piccole dell’ultimo piano. Esso era irrecuperabile, certo, ma sulla correttezza della decisione di non evocare nemmeno questo pezzo molto iconico si potrebbe con fondamento discutere. Ricordiamo comunque che in un disegno del 2003 Chipperfield aveva previsto un portico con sei colonne cilindriche, poi eliminato perché non sarebbe stato coerente con gli altri interventi, piuttosto astratti. La nuova scala, che Jonathan Keates ha definito la “firma” di Chipperfield sul Neues Museum14, rende in qualche modo tributo alle proporzioni di Stüler, grandiose ma semplici, che nel museo convivevano con l’opulenza guglielmina.

In generale, le qualità delle parti preservate sono state accentuate e le parti nuove riflettono la perdita di quelle originali, senza imitarle; e così le forme di Chipperfield dialogano con il classicismo di Stüler. Il lavoro attuato sulle rovine del Neues Museum risponde, dice Flavio Albanese, “alle regole auree del buon museo, che dovrebbe sempre evitare di diventare opera d'arte in sé, subordinando all'esigenza di mostrarsi quella, molto più pertinente, di mostrare”15. Le collezioni d’arte esposte, l’architettura di Stüler, le tracce della distruzione e le parti contemporanee16 riescono a convivere ricordando sempre al visitatore il divenire della storia.

Il museo ha riaperto nell’ottobre 200917, esponendo le collezioni del museo egizio e del museo della preistoria e della storia antica. Si è stati così in grado di riproporre la visione museografica dell’Ottocento, secondo la quale oggetti di una determinata epoca vanno esposti in una sala decorata secondo lo stile dello stesso periodo.

Fig. 25

Fig. 26

Fig. 27

Fig. 28

Non sono mancate le critiche di chi, da un lato, avrebbe voluto un restauro totale, che sarebbe stato possibile solo glissando sul passato, e di chi, dal lato opposto, avrebbe preferito la rimozione di tutte le decorazioni danneggiate per un effetto museale più neutro. Queste discussioni non hanno turbato i berlinesi, accorsi con entusiasmo a visitare il loro museo, al quale riconoscono un importante ruolo di memoriale. Al museo è stato pure conferito, nel 2010, un RIBA European Award. 

Si può dunque ben dire che il restauro qui considerato, superate le polemiche sulla vicenda del concorso18, si inserisce brillantemente in quel processo berlinese che ha portato alla “creazione di una nuova città, eterogenea ma unica, in cui la drammaticità della storia ha potuto trovare grande rispetto e inaspettati punti di dialogo con l’inarrestabile forza della modernità e con l’impulso di comunicare quelle emozioni che il popolo tedesco esprime senza mai dimenticare se stesso e senza mettere da parte le sue aspettative per il futuro”19.

 

 

Bibliografia

- AA.VV., David Chipperfield Architectural Works 1990-2002, Barcellona: Ediciones Polígrafa, 2003;

- AA.VV., Neues Museum Berlin. David Chipperfield Architects in collaboration with Julian Harrap, Colonia: Verlag der Buchhandladung Walther König, 2009;

- AA.VV., Neues Museum. Friederike von Rauch – David Chipperfield, Osfildern: Hatje Cantz Verlag, 2009;

- F. Irace, David Chipperfield, Milano: Mondadori Electa, 2011;

- G. Leoni (a cura di), David Chipperfield, Milano: Federico Motta Editore, 2005;

- R. Nys (a cura di), Questioni di forma, trad. di S. Salpietro, Milano: Mondadori Electa, 2010;

- J. Ziesemer, M. Newton, The Neues Museum Berlin: Conserving, Restoring, Rebuilding Within the World Heritage, Leipzig: E.A. Seemann Verlag, 2009. 

- F. Albanese e D. Sudjic, “Neues Museum, Berlin”, Domus, n. 926, giugno 2009, p. 12-21;

- N. Braghieri, “Nel corso del tempo”, Casabella, n.778, giugno 2009, p. 70-94;

- M. Corradi, “Il Neues Museum tra integrazione e testimonianza storica”, IoArchitetto, n.28, ottobre 2009, p.22

- E. Franzola, “La formula testrale”, Ottagono, n.249, aprile 2012, p. 126-133

- F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 88-99;

- R. Moore e A. Balfour, “Neues Museum”, The Architectural Review, n.1347, maggio 2009, p. 82-91;

- S. Stephens, “David Chipperfield Architects with Julian Harrap brings Berlin’s Neues Museum to life”, Architectural Record, marzo 2010;

- Architecture and Urbanism, n. 480, ottobre 2009, p.38-53.

 

Didascalie delle immagini

  1. Planimetria Museumsinsel. AA.VV., Neues Museum Berlin. David Chipperfield Architects in collaboration with Julian Harrap, 2009, p.267.

  2. Foto aerea antecendente al 2002. www.trippersgang.com

  3. Stato originario: Pianta piano terra e primo piano. www.wikipedia.com

  4. Disegno del prospetto est di Henry Albert Payne, ca. 1850. www.wikipedia.com

  5. Stato originario: Foto Prospetto Ovest. Architekturmuseum der Technischen Universität Berlin in der Universitätsbibliothek. www.berlin.de

  6. Stato originario: Scala centrale. AA.VV., Neues Museum Berlin, 2009, p. 174.

  7. Stato dopo il 1945: Vista nord-ovest. www.propertyweek.com

  8. Stato dopo il 1945: Scala centale. AA.VV., Neues Museum Berlin, 2009, p.33.

  9. Stato dopo il 1945: Vista sud-est. www.arcspace.com

  10. Stato dopo il 1945: Corte egizia. AA.VV., Neues Museum Berlin, 2009, p.50.

  11. Stato dopo il 2005: Pianta piano terra. F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 98.

  12. Stato dopo il 2005: Pianta piano primo. F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 95.

  13. Stato dopo il 2005: Pianta piano secondo. F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 96.

  14. Stato dopo il 2005: Pianta piano terzo. F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 99.

  15. Stato dopo il 2005: Prospetto est. F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 95.

  16. Stato dopo il 2005: Prospetto ovest. F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 96.

  17. Stato dopo il 2005: Sezione HH. F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 97.

  18. Stato dopo il 2005: Sezione AA. F. Irace, “Il restauro del Neues Museum di David Chipperfield”, Lotus, 2010, n.144, p. 99.

  19. Stato dopo il 2005: Prospetto est. www.gogermany.about.com

  20. Stato dopo il 2005: Prospetto ovest. www.berlin.cityseekr.com

  21. Stato dopo il 2005: Scala centrale. www.tectonicablog.com

  22. Stato dopo il 2005: Cortile egizio. www.schoneswochenende.blogspot.com

  23. Stato dopo il 2005: Cortile egizio. AA.VV., Neues Museum Berlin. David Chipperfield Architects in collaboration with Julian Harrap, 2009, p.217.

  24. Stato dopo il 2005: Cortile greco. AA.VV., Neues Museum Berlin. David Chipperfield Architects in collaboration with Julian Harrap, 2009, p.39.

  25. Stato dopo il 2005: Stanza della mitologia. Foto di Ottavia Messori.

  26. Stato dopo il 2005: Stanza della cupola piatta. Foto di Ottavia Messori.

  27. Stato dopo il 2005: Stanza delle Niobidi. AA.VV., Neues Museum Berlin, 2009, p.165.

  28. Stato dopo il 2005: Cupola del Sud.Foto di Ottavia Messori.

 

Note con rimando automatico al testo

1 Oggi appartenente alla Stiftung Preussischer Kulturbesitz, Fondazione Culturale Prussiana, ente pubblico dipendente dal Ministero della Cultura, finanziato per il 75% dallo Stato e per il 25% da tutti i Länder.

2 Il complesso della Museumsinsel, una specie di Acropoli del XIX secolo, comprende cinque edifici principali: oltre al Neues Museum, l’Altes Museum di Schinkel (che fu il primo ad essere costrutio, nel 1830), l’Alte Nationalgalerie, progettata da Stüler e realizzata, dopo la morte di quest’ultimo, da Carl Busse, il Bodemuseum di Ernst von Ihne e il Pergamonmuseum di Alfred Messel e Ludwig Hoffmann. Sull’isola si trovano anche la cattedrale di Berlino e il Lustgarten, il giardino di piacere dello Stadtschloß (palazzo), demolito nel 1950 poiché troppo gravemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

3 R. Flenley, Storia della Germania, traduzione dall’inglese di Argia Micchettoni, V ediz., Milano: Garzanti, 1972, p.235.

4“[…] Nel nuovo Museo vennero (…) locate le collezioni egizie di oggetti d’arte e antichità di Passalacqua e Minutoli, come pure le preziose raccolte fatte in Egitto durante la grande spedizione diretta dall’esimio Lepsius. I gabinetti cotanto ricchi di Wolf, del consoleWagener e del conte Raczynski formano tante esposizioni permanenti[…]” (G. Boccardo – a cura di -, Nuova Enciclopedia Italiana, vol. III, Torino: Utet, 1887, Voce Berlino, p.732).

5J. Rykwert, “The Museum Rejuvenated”, in AA.VV., Neues Museum Berlin. David Chipperfield Architects in collaboration with Julian Harrap, 2009, p.25.

6 Il progetto prevedeva di restaurare il museo, per ripristinarlo, ove possibile, nel suo stato originario e di completare le parti mancanti con volumi che potessero apparire coevi alla sua stessa nascita. Le facciate di queste parti di completamento, così come la superficie interna del grande vano scala, sarebbero state mantenute al rustico, con muratura di mattoni a vista. Si voleva quindi dare un’immagine “incompiuta” dell’edificio antico, omettendone gli elementi decorativi e conservando di essi la sola impronta in negativo. Questo avrebbe permesso di mantenere memoria della distruzione subita dall’edificio. Il vano scala avrebbe svolto nel nuovo museo la funzione di museo dell’edificio stesso: interamente svuotato, aperto sul piano interrato e rivestito con una nuova muratura di mattoni a vista, sarebbe stato destinato ad antiquarium degli elementi decorativi superstiti del vano scala stesso (frammenti architettonici, calchi, cartoni dei cicli di affreschi andati perduti) e di altre sale, qualora i frammenti di queste ultime non potessero trovar posto nel luogo originario. I cortili interni, coperti da un tetto in vetro e ripristinati il più possibile nello status quo ante bellum, sarebbero stati destinati a esposizioni speciali e ad antiquarium dei reperti dell’edificio di Stüler riferiti alla Grecia e all’Egitto. Dal punto di vista distributivo, il Neues Museum era destinato a contenere parte del museo egizio ai piani terra e interrato e tutto il museo della preistoria e della storia antica ai piani primo e secondo. L’entrata era prevista, come in origine, dal Kolonnadenhof. Per l’accesso ai piani superiori era prevista una nuova scala circolare nella torre sud-est. I percorsi espositivi, disposti a C intorno alle due corti, sarebbero stati collegati fra loro, ai diversi piani, da ballatoi organizzati, a tutte le altezze, lungo i muri perimetrali del vano scala. Grassi aveva inoltre progettato un nuovo corpo di due piani, estensione del museo, sul Kupfergraben, anch’esso realizzato in mattoni e privo di elementi decorativi, a ricordo della scelta utilitaria dei vecchi edifici schinkeliani.

7 Le osservazioni rivolte al progetto di concorso da parte dalla Stiftung Preußischer Kulturbesitz, in accordo con la Bundesbaudirektion, riguardarono principalmente la richiesta di un maggior sviluppo delle superfici utili nel corpo aggiunto al Neues Museum, di un cambiamento dei suoi collegamenti con il museo stesso e, infine, evidenziarono la necessità, asserita come inderogabile, di un collegamento fuori terra con l’Altes Museum nel sito di quello costruito da Stüler (tale collegamento non verrà, però, mai costruito).

8 Nello stesso anno, nel mese di maggio, venivano inaugurati a Berlino i nuovi spazi espositivi del Deutsches Historisches Museum, progettati dall’architetto cino-americano Ieoh Ming Pei, testimonianze eloquenti di quel processo di rinnovamento che ha posto la capitale tedesca al centro dell’Europa.

9Hanno inoltre collaborato al progetto l’Ingenieurgruppe Bauen, che si è occupato della parte strutturale, lo studio di architettura del paesaggio Levin Monsigny Landschaftsarchitekten, Kardorff Ingenieure Lichtplanung per l’illuminazione e l’architetto Michele de Lucchi per l’accurato design degli allestimenti (per i quali fu bandito un concorso separato da quello del restauro).

10Mohsen Mostafavi, presidente della giuria, ha affermato: “La ricostruzione del Neues Museum è un risultato eccezionale. Poche volte un architetto e il committente sono riusciti a intraprendere un lavoro di tale importanza storica e complessità; soprattutto un lavoro che comporta sia la conservazione di un vecchio edificio che la costruzione di uno nuovo. Il progetto solleva e affronta diverse questioni di ordine estetico, etico e tecnico. E’ una dimostrazione esemplare di ciò che la collaborazione può realizzare nel contesto della pratica architettonica europea di oggi”.

11 Uno dei primi ad occuparsi di questi monumenti “scomodi” è, in Germania, Norbert Huse, nel suo libro Unbequeme Baudenkmale del 1997. In Italia, Bruno Zevi affronta il patrimonio costruito del fascismo, tentando di liberare le icone del razionalismo da un peso politico-morale.

12La carta è stata definita durante il Secondo Congresso Internazionale di Architetti e Tecnici dei monumenti tenutosi a Venezia dal 25 al 31 Maggio 1964. Terminata la ricostruzione post-bellica, ci si interrogava, in quegli anni, sul destino del patrimonio architettonico mondiale danneggiato durante la guerra. La carta, approvata partendo dalla proposta formulata da Roberto Pane e Pietro Gazzola, comprende sedici articoli, che elaborano fondamenti teorici e approcci metodologici per il restauro considerati validi ancor oggi. Volendo salvaguardare le opere come testimonianze storiche, la carta afferma, all’articolo 9,  che il restauro deve fermarsi là dove inizia l’ipotesi, chiudendo così la porta al restauro stilistico alla Viollet-le-Duc.

13Siccome era importante collegare il Neues Museumagli edifi cicircostanti, i vari piani interrati, tranne quello dell’Alte Nationalgalerie, sono stati aperti per creare un nuovo percorso sotterraneo, denominato Promenade archeologica.

14 J. Keates, “The Art of Survival” in AA.VV., Neues Museum Berlin. David Chipperfield Architects in collaboration with Julian Harrap, 2009, p.54.

15F. Albanese, “Neues Museum, Berlin”, Domus, n. 926, giugno 2009, p. 13.

16 Le vetrine e i piedistalli sono stati disegnati da Michele de Lucchi, che, come ricordato nella nota 9, ha curato gli allestimenti.

17È il quarto museo della Museumsinsel ad essere restaurato: tra il 1951 e il 1966 è stato restaurato l’Altes Museum, tra il 1998 e il 2001 l’Alte Nationalgalerie e tra il 2000 e il 2006 il Bodemuseum. Sono ora in corso i lavori a un nuovo edificio di entrata all’Isola dei Musei, la James Simmons Gallery, sempre a cura di Chipperfield.

18www.laterizio.it/costruire/ ove è citato un articolo di Martin Kieren su Casabella n.657. (Cfr. sopra note 5 e 6.)

19 E. Baia ed E. Giacobino, Le capitali dell’architettura contemporanea. Berlino. 1991-1997, Milano: Hachette – Il Sole 24 Ore, 2012, p. 11 s.

 

 

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