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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Lo stile di oggi

Quale sia lo stile artistico di oggi è una legittima curiosità e per soddisfarla molti si rivolgono ai cosiddetti esperti, tra cui a volte i docenti di storia dell'arte. La mia risposta, da oltre un ventennio, è costante: “Lo stile di oggi rappresenta la fase manierista della modernità e viene chiamato Post-modern; la modernità sarebbe lo stile della civiltà industriale e funzionalista di buona parte del Novecento e dell'Ottocento”. Nel rispondere, so bene di usare termini non univoci, ma di solito la risposta viene accettata lo stesso. Non so dire se sia convincente.

A ben guardare, nessuno sa davvero cosa voglia dire moderno, a parte il senso comune e letterale di "recente" che leggiamo sui dizionari, e quindi è difficile spiegare cosa si intenda per post-moderno. Mi viene sempre in mente, non a caso, l'attribuzione quasi ridicola del termine post-impressionismo ad artisti come Gauguin e Cézanne, che vengono appunto dopo l'impressionismo e che a parte quello non hanno nient'altro in comune.

I significati della parola "moderno" sono tanti e spesso molto diversi, e le opinioni in merito sono ovviamente ancora più diverse.

Un quadro di Turner

Mettiamo subito in campo i significati storici: nell'ambito della storia politica si parla di tre evi, quello antico, quello medio e quello moderno che dal 1492 giunge al 1815 per poi assumere il nome provvisorio di contemporaneo. In settori specifici, i letterati parlano tuttavia di poesia moderna dal Decadentismo in avanti, mentre gli storici dell'arte parlano di arte moderna dalla metà dell'Ottocento circa; gli storici dell'architettura – che dovrebbero essere compresi tra gli storici dell'arte, ma spesso non lo sono per oscuri motivi – parlano di architettura moderna solo dal 1920 in avanti, e se ci riferiamo alla musica il termine moderno è usato nel modo più disinvolto. Artisti e architetti poi usano un termine assolutamente mal scelto per definire globalmente le tendenze Art Nouveau, Modernismo; del resto gli anglofoni chiamano quel periodo Modern Style e si mettono ancora più nei guai di noi.

Si legge sulle enciclopedie allora che Klimt è un pittore modernista, Le Corbusier un architetto del Movimento Moderno, l'Impressionismo il primo gruppo di pittura moderna, ma anche che il Rinascimento apre l'età moderna; si confida pertanto che chi legge non si metta a fare dei controlli temporali.

La merda d'artista di Piero Manzoni

Veniamo ora al vero problema: se moderno vuol dire recente, di oggi, cosa vuol dire allora contemporaneo? L'esistenza stessa di un'idea post-moderna indica che la modernità è stata oltrepassata, mentre la contemporaneità è per definizione ancor più recente della modernità e non si direbbe che possa essere oltrepassata, a meno di non viaggiare nel tempo. A questo punto la soluzione comoda e logica è che la parola moderno deve essere storicizzata, perdere la connotazione di "recente" e assumere l'unica denotazione di "relativo al XIX e XX secolo"; all'evo moderno troveremo un altro nome. Una soluzione diversa, attualmente non comoda ma buona peProgetto per il Chicago Tribune, di Adolf Loosr i posteri, potrebbe essere di trovare un nome del tutto nuovo per "relativo al XIX e XX secolo" e riprendere a usare moderno nel senso letterale. Se quest'ultima soluzione è – come detto - futuribile, la prima soluzione sembra invece nel complesso accettabile: tra l'altro è già stata adottata da vari Musei di arte moderna, che hanno deciso di limitare le acquisizioni a opere datate tra XIX secolo e fine del XX secolo, lasciando quelle successive ai Musei di Arte Contemporanea (che un bel giorno dovranno per forza cambiare nome, oppure vendere tutte le opere acquisite, oppure far cambiare senso anche alla parola contemporaneo).

 

Dal punto di vista storico-politico non è difficile accomunare Ottocento e Novecento, mantenendo peraltro una distinzione temporale: si va dal ventennio circa che comprende le Rivoluzioni americana e francese, fino alla Prima Guerra Mondiale, e si prosegue dal 1918 al 1989, con lo scontro tra totalitarismi e democrazie e con la finale affermazione del modello americano. In letteratura e in filosofia il discorso è temporalmente simile, In ambito scientifico la modernità trova poi la sua più precisa definizione: l'Ottocento va dalla prima alla seconda rivoluzione industriale, cioè dalle applicazioni industriali della macchina a vapore alla lampadina elettrica, e poi il Novecento dagli aeroplani alle astronavi, dalla relatività al cuore artificiale.

Nel nostro terreno, l'arte, forse individuare il moderno è altrettanto facile (anche grazie ad approssimazioni come quelle che ho fatto per gli altri ambiti culturali): la strada aperta dal realismo ottocentesco dei romantici Delacroix, Turner e Friedrich, ancor più che degli impressionisti, troverà i suoi traguardi complementari nella soggettività radicale di Van Gogh e nello strutturismo architettonico di Eiffel. La seconda fase, novecentesca, si apre naturalmente con Matisse e Duchamp, con Behrens e Loos, per arrivare poi da un lato alla merda in scatola di Manzoni e dall'altro al purismo assoluto delle scatole metalliche di Donald Judd.

Se queste cose sono quindi moderne, cosa si intende per post-moderno, dopo il moderno, oltre il moderno? Il superamento della modernità equivale a cancellarla, a rivederla o a rielaborarla? Nell'interpretazione che preferisco, è l'ultima ipotesi quella corretta: rielaborare significa usare simili materiali secondo regole diverse e con fini diversi, ma senza uscire completamente da una maniera, da una soluzione data. Quando i primi architetti post-modern, come Bob Venturi e Philip Johnson, progettarono alla Las Vegas, si servivano di strutture e decorazioni complesse, rifiutando la noiosa serialità tipo-Bauhaus e scegliendo con razionalità di essere irrazionali e decorativi.

A suo tempo, Andrea Palladio progettò case di campagna come se fossero templi pagani e Giulio Romano dipingeva pareti contigue come se fossero un'unica parete, divertendosi a effigiare divinità improbabili e creature terrene caricaturali; il gusto di stupire, di rompere gli schemi e di usare il cattivo gusto in modo ironico e leggero, sono tipici dei manierismi di allora e di oggi. Quando Zaha Hadid progetta un museo come se fosse un aeroporto, non sta per nulla combattendo il post-modern (come credono in molti, lei compresa), ma è divenuta l'interprete palladiana di una nuova complessità, che contamina ed è vicinissima all'espressionismo di inizio Novecento. Il gusto Las Vegas è oggi imperante nelle palazzine di periferia, nella decorazione dei negozi, nel cinema di Matrix e di Harry Potter, nei romanzi di Eco e di Pynchon, nei lustrini di Dolce e Gabbana, e i coniglietti d'acciaio formato gigante di Koons non sono affatto diversi dalle coperture ondulate di Gehry, con la differenza che sicuramente Koons se ne accorge e probabilmente Gehry no.


Opere di Jeff Koons


Un edificio di Frank Gehry

Chiamiamolo manierismo, virtuosismo, decorativismo, formalismo, tutti modi di declinare lo stesso senso, nell'attesa di una svolta che forse non è molto lontana - se ne possono intravedere alcuni sintomi -, e che potrebbe infine, nello spirito di un tempo politicamente nuovo e digitalmente privo di passato, riportare a terra la concezione artistica, riportarla nel suo ambito concreto di strumento necessario eppue inutile, basilare eppure marginale nella vita degli uomini.

 

 

 

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