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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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30 anni fa, il Muro

 

Nel 2019 la Germania celebra trent'anni dalla caduta del Muro di Berlino e dall'inizio della riunificazione. Giornali, televisione, blog e piazze della capitale tedesca sono letteralmente invasi da immagini, filmati e voci del 9 novembre 1989. Forse per la migliore rotondità del numero 30, forse per la coincidenza con la fine dei lavori all'Humboldt Forum, forse per ragioni politiche che vogliono ricordare ai nuovi nostalgici la vita grama nella Germania comunista, di fatto le celebrazioni attuali sono più sentite e grandiose di quelle del 25mo anniversario.


Il Muro a Kreuzberg

 

Per me invece sono 35 anni dalla prima visita in questa che oggi sento come la mia città. Nel luglio del 1984 Berlino era a ancora divisa in due dal muro e dalla storia. Il viaggio in treno era lento e lungo, dopo l'Austria e il cambio a Monaco si attraversava la Baviera federale per poi entrare nell'Est, nella famigerata Germania comunista, la DeDeEr nella dizione tedesca. Si passava senza fermarsi dentro stazioni sorvegliate dalla polizia, e dai finestrini il treno mostrava un paesaggio verde quasi bucolico, reso malinconico dall'assenza di movimento, di persone, di automobili, e dalla presenza opposta di un persistente grigiore nelle case, nelle strade, nell'atmosfera stessa. A Berlino si scendeva dal treno allo Zoo, la Zoologischer-Garten-Bahnhof, e tutto nella città appariva sin da principio sorprendente e in qualche modo strano. Per chi conosceva la Germania brillante e ordinata di Monaco, di Francoforte, di Colonia, l'aspetto di Berlino Ovest era singolare, una metropoli a volte sporca, trasandata, popolata da un notevole numero di homeless e di punk, che si accompagnavano nei mezzi pubblici a giovani studenti e a distinti signori e signore in completo. C'erano pochissimi turisti, anche perché le principali attrazioni culturali, come gli splendidi musei archeologici, erano finite a Est. C'era invece una vita sotterranea intensa, grandi teatri, numerosissimi cinema, e locali dove ascoltare e fare musica. La presenza di David Bowie e Iggy Pop negli anni Settanta era già diventata mitica. Ma Berlino Ovest era una città solitaria, immersa in se stessa, lontana dal resto del mondo, lontana persino dalla stessa Germania, e in questo senso doppiamente sorella di Berlino Est. Il settore orientale era raggiungibile da Ovest solo via terra - a piedi o in auto - attraverso il celebre Check-Point-Charlie, o sottoterra - soltanto a piedi quindi - dalla fermata della metropolitana di Friedrichstrasse, l'unica accessibile per gli occidentali. Si poteva stare di là per un giorno, cosa che nel 1984 feci per visitare il Pergamon Museum e dare un'occhiata a quel mondo bizzarro che era il mondo del socialismo reale.

Il centro storico di Berlino si chiama Mitte e la sovrapposizione tra quello che ricordo di allora e il Mitte odierno è incredibilmente difficile, come una sfasatura insanabile tra due realtà. A Berlino Ovest di contro non c'era un centro storico e neppure un vero centro topografico di riferimento. Lo si era individuato funzionalmente dagli anni Cinquanta nella stazione ferroviaria e metropolitana del Giardino Zoologico; intorno allo Zoo si concentrò quindi la presenza commerciale del capitalismo tedesco e internazionale, con un rapido estendersi di grandi negozi, uffici direzionali, alberghi, ristoranti. L'asse stradale larghissimo e lunghissimo del Kurfürstendamm, detto il Ku'Damm, si pose come simbolo dell'Occidente, la vetrina della società dei consumi da opporre alla sobrietà/miseria socialista.

Oggi la zona dello Zoo è stata pulita a fondo, ricostruita e ampliata; sono stati costruiti due grattacieli, uno dei quali ospita il Waldorf-Astoria, mentre i negozi del Ku'Damm e della Tauenzienstrasse sono diventati ancora più lussuosi e il KaDeWe (enorme e sfolgotante struttura commerciale) nella Wittenbergplatz ogni sabato si popola di migliaia di clienti. La stazione sotterranea di Friedrichstrasse è diventata un museo, con pochi visitatori peraltro, mentre l'incrocio del Check-Point-Charlie è travolto da masse di turisti che ostacolano il traffico e cercano di immaginare che cosa volesse dire avere una dogana armata in mezzo alla strada.

 

Il Muro a Kreuzberg

 

L'area di Potsdamer Platz nel 1995

Tra il 1961 e il 1989 il muro, die Mauer, era stato una presenza visibile e intensa, una parte del panorama. Non lontano dalla distrutta stazione di Potsdamerplatz la bassa parete di cemento attraversava enormi distese vuote, spesso fangose, la domenica occupate dai banchi dei mercati delle pulci. In alcune zone di Kreuzberg, coperto di scritte e disegni il muro zigzagava tra case e strade. In quelle vie bizzarre sono passato in bicicletta nel 1984, ma oggi non sono più in grado di ricordare come fosse quel mondo, le cose sono cambiate a velocità inimmaginabile.

Va ricordato che Berlino non è una città antica, fu fondata nel XIII secolo unendo alcuni villaggi, si sviluppò come capitale prussiana dal XVIII secolo, quindi in epoca barocca, e si rivelò come centro politico e culturale europeo solo nel XIX secolo, in pieno neo-classicismo. L'unificazione tedesca, ben più complessa di quella italiana, trasformò il regno di Prussia nell'Impero e la sua capitale in una delle città più grandi e importanti del mondo. L'ulteriore unificazione delle sette municipalità che ancora nel 1920 formavano il territorio amministrativo della città, diede vita alla Große Berlin (grande Berlino), capitale questa volta di una repubblica socialdemocratica, che fu detta di Weimar in onore della sede dell'assemblea costituente. Nelle piante topografiche di quel tempo si osserva la imponente quantità di spazi liberi verdi, connessi con la non intensa distribuzione delle residenza (che pure raggiungeva i quattro milioni di abitanti); tra le due guerre si verificò anche l'evoluzione straordinaria di nuovi insediamenti popolari, le Siedlungen (letteralmente, le colonie), alcune delle quali sono state dichiarate patrimonio dell'umanità dall'Unesco.

Se si passa all'osservazione delle foto aeree dell'immediato dopoguerra, la metropoli è irriconoscibile, intere aree sono scomparse, le linee ferroviarie e le stazioni demolite, e le macerie sono dappertutto: ci vorranno cinque anni di lavoro per eliminarle. Le piante degli anni Cinquanta mostrano il confine dei settori e il progressivo mutarsi delle aree centrali, perché il quartiere storico di San Nicola, il Duomo, lo Schloss ovvero il Palazzo imperiale (che spesso traduciamo impropriamente come il Castello), i Musei che danno nome alla straordinaria Museuminsel, l'infinita Alexanderplatz, gran parte dell'Unter den Linden, l'Università, il Gendarmenmarkt con le chiese gemelle, insomma tutte le aree e i monumenti storici più rappresentativi erano a quel tempo in mano sovietica, erano dentro Berlino Est. I danni subiti dagli edifici simbolo dell'Impero prussiano o del potere nazista fornirono spesso l'alibi ai ricostruttori socialisti per la demolizione totale, come fu il caso in particolare dello Schloss e della nuova e colossale Cancelleria di Hitler, rasi al suolo più dalle ruspe che dalle bombe. Altri grandi edifici come il Reichstadt, il Neues Museum, il Martin-Gropius-Bau e vari ministeri collocati vicino al muro, furono risparmiati ma lasciati mutilati e in condizioni precarie, se non abbandonati. Il disprezzo comunista verso il centro città borghese e capitalista si manifestò nella costruzione di colossali stecche residenziali, modellate secondo le teorie di Le Corbusier, tanto ad Alexanderplatz quanto in sobborghi distanti decine di chilometri, come Marzahn, letteralmente costellata di enormi unità abitative.

Oggi di grandioso restano gli edifici quasi neoclassici della Stalin-Allee (in seguito Karl-Marx-Allee) restaurati e tirati a lucido dopo anni di incuria, e la torre della televisione, visibile da qualunque angolo della città, inquietante presenza un tempo, ora meta di turisti armati di fotocamera per il grande panorama della metropoli dall'alto. I musei dell'isola sono stati letteralmente rifatti e rimessi a nuovo, nel caso del Neues Museum ricostruiti daccapo, e sono invasi da visitatori stranieri.

La storia dello Schloss di Berlino è una metafora della storia recente della Germania. Il palazzo degli Hohenzollern, principi e poi imperatori di Prussia, aveva origini medievali ma la sua struttura definitiva fu realizzata in epoca tardobarocca. Impropriamente tradotto in italiano come Castello di Berlino, lo Schloss sino al 1918 fu il Palazzo della famiglia reale, poi - durante gli anni della Repubblica di Weimar e anche nel periodo nazista - rimase come testimonianza del passato, trasformato in un museo. La demolizione fu ordinata nel 1950, ma negli anni Settanta si decise di ricostruire in quel luogo un'architettura simbolica e potente, il Palast der Republik, destinato ad assemblee e conferenze internazionali nel nome della Repubblica Democratica Tedesca. Il nuovo Palazzo occupava grosso modo la metà del posto dell'antica residenza reale e proponeva in tutta la sua mediocrità l'International Style del secondo dopoguerra.

 

Lo Schloss in una cartolina d'epoca

Il Palast der Republik

Demolizione del Palazzo della Repubblica

Rendering del nuovo Humboldt Forum

Dopo la riunificazione, e dopo lunghe discussioni, il governo della nuova Germania riunita decise di demolire il Palast der Republik, prendendo come spunto la presenza massiccia di amianto nelle sue infrastrutture. La demolizione fu lunga e spettacolare. Per qualche anno la città vide quindi nella sua storica isola centrale, di fronte ai Musei e di fronte al Duomo, una vasta area vuota, trattata a prato, in fondo elegante e simbolica quanto un'architettura nuova. Poteva essere, magari con qualche abbellimento ben calibrato, una soluzione definitiva, ma la città e i suoi cittadini più tradizionalisti hanno fortemente cercato strade diverse. Infine, a seguito di concorso, il progetto dell'architetto Franco Stella è stato messo in esecuzione nel 2012 e nel 2019 è quasi concluso. Come per la vicina grande Università, il senato di Berlino ha scelto di intitolare ai fratelli von Humboldt, Alexander (grande naturalista ed esploratore) e Wilhelm (illustre pedagogo e filosofo) il nuovo Schloss, trasformato nella struttura museale-culturale dell'Humboldt Forum.

Dov'era il Muro? chiedono oggi i turisti. È una nuova sorta di attrazione, quella dei resti di un vecchio errore-orrore, paragonabile a quella di tanti che in Germania visitano i lager nazisti. Ma la nuova vocazione turistica della vecchia grigia sonnolenta Berlino risponde a queste necessità e costruisce siti, musei, e monumenti per ricordare il Muro e per ricordare il Nazismo. Lo ha fatto con due architetture straordinarie come il Monumento agli ebrei assassinati di Peter Eisenman e il Museo ebraico di Daniel Libeskind, e con la notevole idea di evidenziare un tratto dell'antica divisione lungo la Bernauer Strasse.

 


 Il Muro sulla Bernauerstrasse, negli anni Ottanta e oggi

Di certo, una città vive anche di questo, della sua storia e dei suoi ricordi, ma Berlino è proiettata in avanti come poche altre città occidentali e queste soste, questi momenti di pausa, fanno parte di una salutare riflessione prima di procedere ancora oltre, nella dimensione di una capitale-simbolo della nostra identità europea tra Ovest e Est.

 

 

N.B. 
Per alcuni approfondimenti, rimando ai miei articoli, non  del tutto invecchiati, sulla nuova Berlino nel mio sito:
Sei passeggiate nella nuova capitale tedesca

e per le Siedlung del primo dopoguerra, a questa analisi dell'opera di Bruno Taut sulla rivista Azioni Parallele:
Le capanne dello zio Taut

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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