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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

La Gioconda al centro della Terra

 

Esiste una traccia della Monna Lisa di Leonardo nel romanzo di Giulio Verne “Viaggio al centro della Terra”?

Fig. 1

Di tanto in tanto è bello assaporare il piacere di rileggere romanzi di avventure che a suo tempo accesero la fantasia di noi ragazzi. Tra questi un posto in prima fila spetta alle opere visionarie dello scrittore francese Jules Gabriel Verne, italianizzato in Giulio Verne, concepite per la maggior parte nella seconda metà dell’800. Storie intriganti, premonitrici di un futuro tecnologico che sotto molti aspetti si realizzerà davvero, nel XX secolo. [Fig. 1]

Come non ricordare “Dalla terra alla Luna”, “Attorno alla Luna”, “Ventimila leghe sotto i mari”, “L’isola misteriosa”, “Il giro del mondo in ottanta giorni”, “Viaggio al centro della Terra” e così via dicendo? Insomma… tutto un mondo di narrazioni fantastiche che ci hanno fatto buona compagnia ma soprattutto… sognare. [Figg. 2, 3]

Fig. 2  Fig. 3

Eviteremo di soffermarci su certi aspetti controversi legati alla vita dell’illustre personaggio: la dibattuta questione di una sua presunta appartenenza alla massoneria, il misterioso attentato subito da parte del nipote. Questioni interessanti che però non rientrano nel nostro target. Solo poche parole per ricordare il successo editoriale avuto dalla collana Viaggi straordinari (pubblicata nel periodo che va dal 1863 al 1905 con aggiunte postume curate dal figlio Michel), racconti che sancirono da un lato la fama di Jules Verne come scrittore e al contempo, la nascita di un nuovo genere letterario che verrà chiamato “fantascientifico”. Una fusione vincente tra scienza e finzione che nel romanzo “Parigi nel XXsecolo”, toccherà aspetti tecnici e sociologici così premonitori e paradossali che l’editore Hetzel ne sconsigliò vivamente a Verne la pubblicazione. [Figg. 4, 5]

Fig. 4  Fig. 5

Un noto aforisma di Verne cita così: “Qualunque cosa un uomo può immaginare, altri uomini possono rendere reale”.

Come non avvertire in questa fervida riflessione aperta al futuro e all’ingegno umano, palesi affinità con la condotta progettuale di Leonardo da Vinci? L’accostamento non rappresenta una novità: è stato sfiorato più volte. Tre o quattro secoli di storia e scoperte scientifiche separano questi lungimiranti innovatori d’avanguardia ma a parte ciò, è indubbio che siamo al cospetto di due oracoli della tecnologia. Uomini che nei rispettivi ambiti di competenza hanno saputo precorrere i tempi, ideando situazioni e invenzioni a dir poco audaci, avveniristiche. [Figg. 6, 7]

Fig. 6 

Fig. 7

Nel caso di Leonardo, degni di nota i suoi studi sugli ingegni meccanici ispirati al volo o viceversa, a portare l’uomo sotto la superficie dell’acqua. Idee che ritroveremo applicate anche in Verne, seppur rielaborate nelle finalità e nella sostanza grazie ai progressi fatti dalla scienza. [Figg. 8, 9]

Fig. 8  Fig. 9

Fatta questa breve premessa, consapevoli di affrontare un argomento che trae spunto da un romanzo di avventure, ci soffermeremo su un aspetto introdotto da Verne nei capitoli terzo, quarto e quinto del suo romanzo “Viaggio al centro della Terra” (prima edizione originale, anno 1864). [Fig. 10]

Fig. 10 

Stando alla storia narrata, tutto ruota attorno alla decodifica di un’antica iscrizione in caratteri runici, scritta su carta pergamena da un noto alchimista islandese del ‘500 di nome Arne Saknussemm. Miracolosamente scampato ai roghi del Sant’Uffizio, il prezioso documento viene casualmente rinvenuto dallo scienziato Otto Lidenbrock (rinomato professore di mineralogia) all’interno di un prezioso libro vecchio più di settecento anni. Volume da lui stesso acquistato presso la bottega di un libraio ebreo dal nome latineggiante, certo Hevelius. Il manoscritto, in realtà un vero e proprio crittogramma, va necessariamente decifrato. Impaziente di carpirne i contenuti, l’insigne professore si mette subito all’opera e alla fine riuscirà nell’impresa, aiutato dal nipote Axel. Non staremo a dilungarci sulle fasi che hanno portato alla decrittazione del messaggio segreto. Basti sapere che si parte da un’intuizione di Otto. Questi ritiene che il testo osservato sia stato concepito in latino, lingua nota alle persone più erudite vissute ai tempi di Saknussemm. Per dare maggior credito all’ipotesi, Otto espone al nipote un ragionamento semplice, basato sul rapporto proporzionale esistente le tra vocali e le consonanti presenti nel crittogramma: 132 lettere in tutto, suddivise in 79 consonanti e 53 vocali. Il professore precisa che la stessa proporzione potrebbe essere estesa ad altre “lingue meridionali” tra cui l’italiano, il francese, lo spagnolo e l’ebraico. Il proseguo della storia rivela che la chiave di lettura del manoscritto non stava solo nella scoperta del tipo di lingua adottata ovvero il latino, ma anche nello “scrivere le parole verticalmente invece di tracciarle orizzontalmente” procedendo poi con la lettura del testo all’indietro, da destra verso sinistra. Riflettendo sulla cosa, anche Leonardo da Vinci era solito redigere testi procedendo da destra verso sinistra (sistema di scrittura speculare), per lui una prassi normale essendo mancino. Non solo, l’artista si era a sua volta dilettato nello scrivere singole parole alla rovescia, come risulta da un suo promemoria: «Trova ingil [=Ligny] e dilli che tu l’aspetti amorra [=a Roma] e che tu andrai con seco ilopanna [=a Napoli].». Leonardo firmava dunque le sue opere in maniera cifrata? “Non risulta” suggerisce il leonardista Vezzosi, “tuttavia i Nodi vinciani…” 1

Tornando al libro di Verne, il perspicace Axel non elabora alcun nesso con le cose leonardesche. Trattandosi di questioni linguistiche, si limita a rimarcare con l’appellativo “dolce lingua” (o “musicalissima” come altri dicono) il latinismo adottato da Virgilio. Il poeta inglese John Dryden (n.1631-m.1700) non mancò a sua volta di lodare la musicalità della lingua italiana (di derivazione diretta dal latino seppure nel tempo influenzata da altri idiomi) che, grazie al cospicuo numero di vocali usate, risulta a suo dire “morbida, dolce e armoniosa… come fosse stata davvero inventata per la poesia e la musica”. [Fig. 11]

Fig. 11

Axel non ha pensato ai numeri 79 e 53 in termini matematici, al fatto che entrambi siano numeri primi o che il loro rapporto proporzionale risulti 1,49, numero “assai vicino” a 1,50 (la differenza è di appena un centesimo) proprio del rapporto di 3/2. Nella scala musicale costruita secondo lo schema pitagorico, il rapporto di 3 a 2 corrisponde all’intervallo musicale di “quinta giusta” che origina un’armonia di note “gradevoli all’ascolto”. A parte questo, in matematica la definizione “assai vicino” non corrisponde al termine “perfettamente coincidente” per cui… Il presente distinguo include l’armonia degli accordi musicali che come noto, non ammettono sconfinamenti dissonanti di tono, neanche di lieve entità.

Cita Leonardo: La proporzione non solamente nelli numeri e misure fia ritrovata, ma etiam nelli suoni, pesi, tempi e siti, et qualunque potenzia si sia. (F. 49 r, Ms K, 1503-1505)

Chiusa la breve divagazione, una volta decifrato, il manoscritto era ormai in grado di indicare ai protagonisti la strada giusta per raggiungere il centro della Terra: lo rivela il testo del crittogramma scritto in lingua latina e tradotto in chiaro:

In Sneffels Yoculis craterem kem delibat umbra Scartaris Julii intra calendas descende, audas viator, et terrestre centrum attinges. kod feci. Arne Saknussem.

("Nel cratere Yökull dello Snæffels che l'ombra dello Scartaris tocca alle calende di luglio, scendi, coraggioso viaggiatore, e raggiungerai il centro della terra. Ciò che feci. Arne Saknussemm").

Sorvolando sull’indovinata scelta da parte di Verne di dare spazio all’idea del testo cifrato con l’avvincente storia che ne deriva, altro elemento di curiosità resta legato al numero di consonanti e vocali presenti nel messaggio decrittato con il già citato rapporto proporzionale. Trattandosi di un romanzo di fantasia, non possiamo pretendere di approdare a risposte appaganti sull’origine o la presenza nel testo dei numeri 79 e 53. Dal punto di vista matematico tutto torna se ci fermiamo al numero di lettere presenti nel crittogramma ma poi? Proponiamo al riguardo alcune domande partendo dal concetto fatto passare da Verne per voce del professor Otto. Estendere il rapporto proporzionale (seppur accompagnato dalla voce “all’incirca”) presente tra i numeri 79 e 53 ad altre “lingue meridionali” è da ritenersi un’affermazione attendibile? Sussistono validi elementi probatori a supporto di tale deduzione? L’ipotesi è stata formulata sulla scia di qualche opinione udita o fonte documentale consultata? Si tratta di una scelta intuitiva da ricondurre alla fantasia dello scrittore? Pensando a tutto questo, ogni idea formulata rischia di assumere ai nostri occhi peculiarità puramente speculative. L’arcano, se di questo si tratta, probabilmente non verrà mai risolto. In caso contrario, sarebbe interessante risalire alle indagini linguistiche o di metodo messe in atto da Verne per approdare a una simile valutazione. Considerando i molteplici interessi coltivati dallo scrittore verso il mondo della scienza, niente vieta di dare uno sguardo in quella direzione. Sappiamo che in quello scorcio di secolo la divulgazione scientifica aveva fatto rilevanti progressi. In ambito chimico si stava lavorando alla formulazione della “tavola periodica degli elementi” da posizionare di volta in volta in base all’ordine rispettivo di valenza. All’oro (Au), elemento già noto all’epoca di Mendeleev (1834-1907) ritenuto l’ideatore della suddetta tavola periodica, fu assegnato il numero atomico 79. Ritroviamo il nome del prezioso metallo di transizione nel titolo del romanzo di Verne “Il vulcano d’oro”, pubblicato postumo. All’elemento chimico dello Iodio (I), scoperto nel 1811, spettò il numero atomico 53. Verne non mancò di citare questo importante sale minerale nel racconto “Ventimila leghe sotto i mari” quando il Nautilus riemerge dagli abissi per ricambiare l’aria interna: “…d’improvviso, fui rinfrescato da una corrente d’aria salina pura e profumata. Era davvero aria marina, vivificante e carica di iodio!”.

Ma quante altre fantasiose ipotesi legate ai due numeri potrebbero porsi all’attenzione? Decine? Centinaia? Qualche dubbio però resta e così, si ritorna...

Si dà il caso che i numeri 79 e 53 vadano anche a coincidere con quelli che definiscono le misure perimetrali della tavola della Gioconda, seppur privati dei decimali posti dopo la virgola. Un accostamento a prima vista illogico, considerando la diversa natura dei soggetti messi a confronto: numeri riferiti a lettere da un lato e misure espresse in centimetri dall’altro. E’ forse errato sospettare di un fugace cenno trasversale lanciato da Verne al mondo leonardesco, conosciuto durante gli studi giovanili e la frequentazione dei circoli letterari di Parigi? Si pongono altre due domande: in quali termini erano note all’epoca le misure della Monna Lisa? Si sapeva già della piccola differenza dimensionale esistente tra la superficie dipinta e la tavola sottostante? Probabilmente le misure di quest’ultima, verso la metà del XIX secolo, non erano poi così precise al millimetro come oggi noi le conosciamo. La differenza, stando alle moderne misurazioni, ammonta a quattro millimetri in altezza e in larghezza, ammesso e non concesso che i bordi esterni della tavola siano stati e siano tuttora perfettamente regolari. Precisiamo il concetto. Nell’articolo “Leonardo e la Gioconda: un rebus matematico2 si riferisce che un team di tecnici esperti appartenenti al National Research Council of Canada (NRC), nel lontano autunno dell’anno 2004, su richiesta del Louvre, effettuò approfondite indagini e misurazioni di precisione sulla Gioconda utilizzando un dispositivo scanner 3D. Nel corso degli accertamenti fu appurato che la tavola in questione misurava esattamente 79,4 cm. X 53,4 cm. 3 I valori rilevati furono pubblicati nel libro “Au coeur de la Joconde” (Gallimard, 2006), edito dal Museo del Louvre.

Riteniamo che tra i lettori di “Viaggio al centro della Terra” ben pochi abbiano avuto l’opportunità o forse l’interesse, di affrontare nel merito la questione legata alle misure della tavola sulla quale Leonardo dipinse la sua celebre Monna Lisa (ricordiamo che le misure del dipinto sono 77 cm. X 53 cm.). Il motivo? Si tratta di un aspetto puramente tecnico, di secondaria importanza. Forse per questo quasi mai riportato nei libri d’arte destinati al grande pubblico. [Fig. 12]

Fig. 12

L’influenza intellettuale esercitata da Leonardo da Vinci su Giulio Verne, da noi avvertita come una lontana eco emanata dai numeri 79 e 53 citati nel romanzo, non sembrava comunque poggiare su solide basi. Occorreva trovare qualche indizio attendibile, come minimo, dimostrare che Verne nel corso della sua formazione culturale si fosse davvero “ispirato” alle cose leonardesche o più precisamente, al dipinto della Gioconda. Mancava insomma una traccia concreta a sostegno del presunto “incontro ravvicinato” tra lo scrittore e il celebre quadro. Le aspettative non sono andate del tutto deluse. Giulio Verne, poco più che ventenne, aveva scritto una storia drammatica in versi su un inattendibile amore nato tra Leonardo da Vinci e Monna Lisa. L’idea iniziale era di adattarla a commedia teatrale in un atto, per altro mai messa in scena fatta eccezione per alcune recenti esperienze teatrali. Si racconta che il testo restò a lungo chiuso in un cassetto, circa venti anni, mancando di una convincente parte finale a chiusura della storia. L’inedito scritto, risalente al 1852 e titolato Monna Lisa (ou Léonard de Vinci ou La Joconde), fu letto pubblicamente dallo stesso Verne in occasione dell’incontro generale tenutosi all’Accademia di Amiens in data 22 maggio 1874. In attesa di ulteriori prove, dobbiamo accontentarci di questa prima, flebile testimonianza.

Serge Bramly nel libro “Leonardo da Vinci, artista, scienziato, filosofo” (ed. Mondadori) manifesta questa opinione: “In Leonardo c’è sempre molto di Jules Verne.”. Riteniamo che il pensiero valga anche scambiando i soggetti in causa. Ed è con questa riflessione che chiudiamo il nostro confronto a distanza tra Verne e Leonardo. Un paragone che niente toglie alla grandezza di Leonardo, universalmente noto come eccellente artista e scienziato d’avanguardia i cui studi, a modo loro, hanno davvero sfidato i tempi aprendo nuovi orizzonti, favorendo la nascita di quello che un giorno verrà indicato come “immaginario tecnologico post illuminista”, naturale approdo per i progetti narrativi di Jules Verne. [Fig. 13]

 

 Fig. 13

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1 – Jules Gabriel Verne, scrittore francese. (n.1828–m.1905).

Fig. 2 – Jules Gabriel Verne. Romanzo di fantascienza “Dalla Terra alla Luna” (Prima pubblicazione anno 1877). Illustrazione.

Fig. 3 – Jules Gabriel Verne. Romanzo di fantascienza “Padrone del mondo”. (Prima pubblicazione anno1904). Illustrazione.

Fig. 4 – Jules Gabriel Verne. Copertina della raccolta “Viaggi Straordinari”, ed. Hetzel. (Serie di romanzi pubblicati tra il 1863 e il 1905).

Fig. 5 – Jules Gabriel Verne. Copertina del romanzo di fantascienza “Parigi nel XX secolo”. (Prima pubblicazione anno1994).

Fig. 6 – Leonardo da Vinci. “Sottomarino”. Modello realizzato dal Museo Ideale Leonardo da Vinci. Vinci (FI).

Fig. 7 – Jules Gabriel Verne. Romanzo “Ventimila leghe sotto i mari”. (Prima pubblicazione anno1870). “Nautilus”. Illustrazione.

Fig. 8 – Leonardo da Vinci. Il “Palombaro” di Leonardo. Ricostruzione del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano.

Fig. 9 – Jules Gabriel Verne. “Ventimila leghe sotto i mari”. Locandina del film omonimo di Walt Disney.

Fig. 10 – Jules Gabriel Verne. Copertina del romanzo di fantascienza “Viaggio al centro della Terra”. (Prima pubblicazione anno 1864).

Fig. 11 – John Dryden. Poeta, drammaturgo, critico letterario inglese (n.1631 – m.1700).

Fig. 12 – Leonardo da Vinci. La Gioconda” (fronte e retro). Louvre, Parigi.

Fig. 13 – Leonardo da Vinci. Uomo prono che aziona una macchina volante, Ms. B. f. 79 r, c, 1487.

 

Note con rimando automatico al testo 

1 A. Vezzosi, A. Sabato, Leonardo mito e verità, riscoperte, attualità e nodi della conoscenza, ed. Grafiche Gelli S.r.l., 2006, p. 155.

2 Vedi rivista on line Fogli e Parole d’Arte (link: https://www.foglidarte.it/il-rinascimento-oggi/490-gioconda-rebusmatematico.html)

3 Blais, F., Taylor, J., Cournoyer, L., Picard, M., Borgeat, L., Godin, G., Beraldin, J.-A., Rioux, M., Lahanier, C., Mottin, B. More than a Poplar Plank: the Shape and Subtle Colors of the Masterpiece Mona Lisa by Leonardo, published at The IS&T/SPIE’s Annual Symposium on Electronic Imaging. Videometrics IX 9E1103. January 29-30, 2007. San Jose, California, USA. NRC 48799-National Research Council of Canada“.
The physical dimensions of the poplar panel are 79.4 cm x 53.4 cm, at a 3D sampling resolution of 60 μm (0.06 mm): this corresponds to an image of 12800 × 8800 pixels or the equivalent of a 113 million pixels camera. By comparison, current high-end consumer market digital cameras are limited to 14 million pixels. The complete 3D model of the Mona Lisa consists of 330 million 3D polygons, the basic geometrical primitive used by 3D graphic processor boards for rendering. By comparison, most current 3D models are limited to only a few million polygons.

 

 

 

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