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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

L'impressionismo e "L'Opera" di Zola

 

Per conoscere meglio l'impressionismo (e non solo) ci sono due libri, La via dell'impressionismo di L. Venturi e La storia dell'impressionismo di J. Rewald.

Lo studioso americano ricostruisce l'epoca storica, le vicende di cronaca, dai documenti, dalle lettere degli artisti, dalle testimonianze dei loro discendenti, dunque attraverso la voce dei protagonisti. I capitoli hanno come titolo l'arco dei pochi anni trattati volta volta. Si ripercorrono gli avvenimenti senza isolare i pittori in monografie.

Il racconto induce il lettore a varie considerazioni-riflessioni: il movimento è costituito da un gruppo, sono giovani della stessa età, trentenni nati intorno al 1840; si condividono i luoghi, lungo la Senna da Parigi fino alla foce, sulla Manica, sull'Oise, ecc.; si cerca la luminosità e una tavolozza più chiara; i pittori ricevono critiche dagli stessi artisti, oltre che dal pubblico, e non solo dai pompier ma daglistessi amici; sono piuttosto importanti gli incontri e le discussioni negli studi di rue de Batignolles, al Cafè Gerbois, alla Nouvelle Athènes; alcuni di loro lavorano fianco a fianco con quadri delle stesse dimensioni; rilevante è pure il ruolo svolto da galleristi critici-mecenati, P. Durand-Ruel e A.Vollard.

Dopo aver rivissuto quel clima storico e culturale si può felicemente completare l'immersione nel periodo e nelle stesse tematiche con la lettura del romanzo di É. Zola, L'Oeuvre.

Per il rapporto arte letteratura sono interessanti anche Il capolavoro sconosciuto di H. de Balzac e La luna e sei soldi di S. Maugham (molto liberamente ispirato alla vita di Gauguin).

 

Zola in un ritratto di Manet del 1868 e in una fotografia di alcuni anni dopo

 

L'opera è un romanzo meno noto di Zola che ha per protagonista un pittore incompreso e alla fine incapace di raggiungere lo scopo della vita: rinnovare la pittura. Zola si richiama a Manet (per la tecnica innovatrice) e quasi sicuramente a Cézanne: artisti che conosceva bene. Del resto è stato ritratto da tutti e due i pittori, a testimonianza di tale conoscenza e frequentazione. In particolare è famosa e significativa l’opera di Manet che ritrae uno Zola giovane di ventotto anni. Egli ammirava Manet. Scrive con entusiasmo di lui quando ancora l’artista non era riconosciuto per il suo valore.

Di Cézanne era stato compagno di collegio e insieme avevano condiviso i sogni della gioventù. Diversi per carattere ma uniti dall’intelligenza, dalla voglia di conseguire il “successo” con un’arte nuova, nell’arte e nella letteratura, che svecchiasse convenzioni e banalità. Lo scrittore proveniva da una famiglia abbiente precipitata nell’indigenza dalla morte del padre. La povertà, sia pure relativa, è una scuola di vita. Può aver contribuito al bisogno di verità in lui ineguagliato che confluiva con perfetta aderenza nel Naturalismo. Eppure non mancano momenti sentimentali e di profonda commozione poetica ancora prossimi al romanticismo da cui del resto partiva la sua formazione, con Hugo e anche Chateaubriand.

La lettura de L’Opera conferma tale ceppo mai del tutto dimenticato e rinnegato con momenti di toccante liricità.

L’Opera segna la rottura della vecchia amicizia con Cézanne, che risponde con uno sbrigativo biglietto di ringraziamento all’invio del libro che l’autore inquadrava nello studio del ciclo dei Rougon-Macquart, quasi a trarre dall’imbarazzo tutti e due per quello che di personale doveva trovarvisi.

Che cosa avrà offeso Cézanne? Qualcosa di intimo confessato in amicizia? O piuttosto il fallimento artistico del protagonista? Nel libro la figura del letterato ha la parte migliore. Anche se Zola non manca, tramite tale figura, di rivelare l'“inferno” della creazione artistica, con una nota autobiografica.

Zola fu a fianco degli impressionisti per spirito polemico, per amicizia o per convinzione? Sicuramente ammirava Manet e detestava la pittura di facile consenso degli accademici, stanca e insincera, ormai “mestiere” senza slanci ideali. Dagli impressionisti, che apprezzava, si aspettava un capolavoro che portasse a compimento tutte le novità introdotte.

Si può ipotizzare che il disappunto di Cézanne trovi ragione nella scelta dello scrittore di un pittore fallito, al di là dei giudizi della giuria dei Salon. Zola descrive spietatamente i metodi di lavoro delle giurie fatti di compromessi, motivazioni inconfessabili o confessabili ma comunque extra-artistiche e come un talento fosse trascurato in pieno accordo col pubblico, detestabile, ignorante e ottuso.

Il pittore di Zola assomiglia a un giocatore preda della sua mania, assoluta e soggiogatrice. L’arte innalza ma può essere un demone che corrompe e brucia altri amori, oltre a porre difficoltà, non solo di scelte artistiche, a chi ha bisogno di riconoscimento per campare e si trova perciò in condizione di debolezza.

Zola insiste e indulge quasi sul lento e atroce declino dell’uomo con numerose pagine, senza dubbio realistiche, poiché per quanto rapida possa essere la china della disperazione è sempre annosa. Il lettore assiste turbato allo scivolare nella catastrofe. Ogni disgrazia, ogni “turpitudine” che può accadere, fatalmente accadrà, inevitabilmente. Sono forse le pagine che pagano un tributo pesante al documento di realtà. Esasperano il necessario contrasto con la ricchezza che l’uomo ha sperperato: l’amore devoto di una fanciulla “caduta dal cielo”, un dono splendente e immeritato.

Le passeggiate dei due innamorati per le strade di Parigi, lungo la Senna, sono la cifra della dolcezza dell’amore che sboccia, la passione vergine, la promessa di una felicità senza pari finché l’abitudine e una rivale, la pittura, non distruggono ciò che più si è desiderato.

Il profumo delle violette del mercato accompagna le lunghe passeggiate al tramonto tra le vecchie pietre di Parigi, a isolarsi in mezzo alla confusione della vita cittadina. È con un mazzo di rose che la ragazza ringrazia il pittore per essere stata accolta e ospitata in una notte di pioggia. I lilla odorano la prima volta che si sono amati. La rosa della casa di campagna è il rimpianto di una possibile felicità.

È proprio l’abbandono della casa di campagna che segna la fine: la donna torna indietro nelle stanze vuote, nel giardino deserto, può solo piangere di nascosto e la rosa che coglie sfiorirà presto.

Neppure lei è un angelo e anche solo un dettaglio del viso basta a testimoniarlo, non potrebbe essere diversamente, ma la carne si fa spirito nello sguardo di chi è innamorato, almeno fino a che il cattivo demone non deturpa quell’amore sublime. Fino a abbrutire il corpo della donna a modello, nel tentativo di raggiungere un assoluto destinato a sconfinare nella follia.

A quale pubblico avrebbe voluto, o dovuto, piacere, il pittore? Zola descrive la folla esecrabile, grottesca, il fluttuare della calca nelle sale del Salon, detestabile mistura di perbenismo, invidia, cattivo gusto e l'idiozia di un pubblico che si recava alla mostra per sghignazzare. Migliaia di quadri stipati alle pareti, appesi senza criterio con accostamenti perniciosi o assurdi o troppo in alto (era questa la lamentela più ricorrente). Le novità, quando ci sono, sono annacquate e rese accettabili da squallidi mezzucci.

Crolla anche l'amicizia: il gruppo degli artisti non è più compatto, cova rancori reciproci che esplodono in violente discussioni.

Zola stesso, attraverso il personaggio dello scrittore, si sente insoddisfatto del proprio lavoro, ne sente le manchevolezze, aspira a un capolavoro. Ma c'è per lui una convinzione, un punto fermo: senza rinnegare il romanticismo, la strada non può che essere quella della natura e della verità. È una dichiarazione di poetica che ritroviamo negli scritti sull'arte che ha una parola chiave: verità. È aderenza alla natura attraverso la soggettività dell'artista che non è un imitatore nel rispetto delle regole del disegno, a cui dovrà venir meno, per esprimere se stesso.

Zola sembra anche esprimere l'insoddisfazione per la consapevolezza di una crisi della propria epoca, di quel fine secolo.

Il racconto è un lungo presagio che termina in un cimitero dove tutto finisce.

È lì che si recano Il pittore affermato, ma sul viale del tramonto, un personaggio secondario, e il letterato in dubbio, nel luogo dove sono sepolte anche le illusioni, le fatiche e il corpo di quella “passione inutile” che è l'uomo, un luogo dove la persona tormentata trova pace.

Non a caso il soggetto dell'ultima opera del pittore è un funerale, quando invece aveva raggiunto la fama con un matrimonio o una festa, la noce au village.

Eppure è il luogo da dove si può solo ripartire: sono le parole con le quali il libro si chiude, esse assumono la vita come un impegno a cui non si può venir meno. Zola, con le parole del personaggio- scrittore, dice: torniamo a lavorare.

Zola in modo spietato e senza pregiudizi descrive le miserie, la degradazione morale, i vizi degli uomini e delle donne, a qualsiasi classe sociale appartengano, conosce e rappresenta tutti gli ambienti sociali e lavorativi.

L’uomo cattivo è, nel senso etimologico, prigioniero della sua natura personale oltre a quella della specie, della sua “animalità” pur mediata e condizionata dalla Storia. L’ereditarietà (“ossessione” dello scrittore) è una condanna. Può apparire troppo esclusiva, troppo deterministica e meccanica, ma è un’intuizione formidabile di quanto la malvagità sia legata alla schiavitù della condizione umana e delle sue patologie. Non si perde la libertà dell’uomo, non si perdono le passioni, gli ideali, i sogni, ma si chiarisce quanto per essi si debba lottare e contro cosa si debba lottare, né dunque nella consapevolezza e grazie alla consapevolezza, si perde la necessità di un riscatto. Ma non c’è un’altra possibilità che non sia la Verità.

L’idea scientista o iper-positivista non limita la grandezza delle opere che superano una poetica che potrebbe risultare arida e che invece riducono a utile stimolo. È ciò avviene per la conoscenza dell'animo umano e dei più vari e diversi ambienti sociali nella sublimazione della letteratura e dell'arte.

Zola non è un osservatore compassato e indifferente della Realtà, né è compiaciuto dei suoi aspetti più tragici o triviali, è mosso dalla commiserazione per i derelitti, dalla pietà per le vittime della vita, dallo sdegno del moralista per le iniquità e le ingiustizie. È un uomo libero che mette in pericolo la propria esistenza, col caso Dreyfus, per una battaglia di civiltà.

 

 

 

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