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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Il restauro del Vermeer e quel Cupido invadente

 

Dal 10 settembre al 2 gennaio 2022 alla Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda sarà esposto – dopo il restauro del 2018 – il noto dipinto di Johannes Vermeer (1632-1675) “Donna che legge una lettera davanti alla finestra” del 1657-59.

Il restauro ha portato alla luce il quadro di un Cupido appeso nella parete frontale, presenza che in realtà era conosciuta fin dal 1979, ma allora gli studiosi attribuirono la sua copertura a un pentimento dell’artista.

Le indagini del 2018 avrebbero rivelato che la dipintura sopra il quadro risalga al sec. XVIII, quindi posteriore alla morte di Vermeer.

Il dipinto di Vermeer conservato alla Gemäldegalerie di Dresda (Germania),
prima e dopo l’intervento di restauro, sostanzialmente una pulitura.

L’argomentazione che segue tenderà a sollevare dei ragionevoli dubbi sull’ipotesi della ridipintura postuma a Vermeer.

 

Datazione della ridipintura

Tutti gli articoli che ho letto riferiscono di una ridipintura eseguita genericamente nel corso del sec. XVIII, oppure si parla di qualche decennio dopo la morte di Vermeer, avvenuta nel 1675, quindi saremmo verso la fine del '600. Qui si afferma: La risposta è sul muro ocra che si trova alle spalle della fanciulla, un muro che i test dell’Accademia delle Belle Arti di Dresda e del Rijksmuseum di Amsterdam hanno scoperto come realizzato 20-30 anni dopo il compimento dell’opera (https://it.blastingnews.com/cultura-spettacoli/2019/05/cupido-ricompare-sulla-misteriosa-donna-che-legge-di-johannes-vermeer-002918129.html). Se questa notizia, come si pensa, è riconducibile ai fautori del restauro, poiché l’opera è datata 1657, significa che la ridipintura è stata eseguita tra il 1677 e il 1687 circa, quindi a ridosso della morte di Vermeer. Sappiamo che la diagnostica attuale non permette di stabilire con esattezza annuale la data, quindi tale datazione deve intendersi approssimativa, e con uno scarto minimo per difetto (–3/5 anni) rientreremmo in una fascia temporale borderline, che include quella in cui Vermeer era ancora vivo.

Quindi definirei la datazione un “indizio fluttuante” che accantonerei, non certo una prova. E lo stesso Stephan Koja (direttore della Gemäldegalerie di Dresda che ospita il dipinto) punta su un altro aspetto del restauro per supportare la sua tesi, come vedremo di seguito.

 

La prova scientifica

In una intervista del 2019 rilasciata da Stephan Koja a Michael Köhler, il direttore ebbe a dire: In precedenza si credeva che Vermeer avesse alterato il dipinto. I test di laboratorio hanno ora dimostrato che la ridipintura non proveniva dal pittore stesso, ma dalla mano di qualcun altro.Abbiamo utilizzato tutti i metodi di analisi moderni (…), e siamo stati in grado di determinare che questa parte sovraverniciata ha un pigmento più denso sullo sfondo", afferma Koja. "Per essere assolutamente sicuri, abbiamo prelevato piccoli campioni di colore. Alla fine, uno strato di sporco sullo strato originale di vernice ha fornito le informazioni.” (https://www.deutschlandfunk.de/).

Se ho ben capito, Stephan Koja ci sta dicendo: dato che lo strato di pittura che ha coperto il Cupido è costituito da un pigmento più denso di quello utilizzato da Vermeer in origine per il muro, ciò vuol dire che è stato steso da un altro pittore.

La premessa del suo ragionamento è corretta, ma la conclusione che ne trae mi pare opinabile, poiché quella indagine prova solamente che il pigmento usato per la copertura è diverso da quello utilizzato in precedenza da Vermeer, e niente altro. Infatti, potrebbe essere stato lo stesso Vermeer che, a distanza di decenni, abbia deciso di coprire il Cupido con un pigmento più concentrato, dato che la funzione del pigmento era quella di “coprire” e non più necessariamente quella di “dipingere”.

 

Perché il Cupido è stato “oscurato”?

È ancora Stephan Koja che parla: Supponiamo che qualcuno volesse trasformare il quadro in un Rembrandt nel XVIII secolo - Vermeer non era un nome familiare, il pittore non era conosciuto. Ma Rembrandt era un grande nome, indicando così il movente per lui più probabile del ricorso alla ridipintura postuma del quadro. (https://www.deutschlandfunk.de/).

In effetti in quel periodo non era raro manomettere un’opera al fine di attribuirla a un pittore più quotato per aumentarne il valore commerciale, e Rembrandt era sicuramente il candidato più idoneo allo scopo. Tuttavia, appare quanto mai ingenuo per la riuscita dell’impresa, che bastasse occultare un solo elemento del dipinto lasciando inalterato tutto il resto; inoltre, anche il più sprovveduto dei potenziali acquirenti avrebbe preteso la firma del falso pittore, elemento questo non rilevato né prima né dopo il restauro dell’opera.

Dopo aver confutato le conclusioni dei restauratori, vorrei ora presentare al lettore una possibile narrazione alternativa.

 

 

Il contenuto dell'opera

Così si è espressa la restauratrice senior Uta Neidhardt, che ha guidato il restauro: È stata l’esperienza più sensazionale della mia carriera (…) La sua apparizione (del Cupido n.d.a) induce a reinterpretare il capolavoro di Dresda. In primo luogo ci dice che con ogni probabilità la Ragazza che legge una lettera sta leggendo una lettera d’amore (…). Con il ritrovamento di Cupido sullo sfondo, diventa evidente l’effettiva intenzione del pittore di Delft”; spiega il direttore della Gemäldegalerie Alte Meister Stephan Koja: “Al di là del contesto amoroso, è un’affermazione fondamentale della lealtà e della sincerità, che sono l’essenza del vero amore”. (https://www.arte.it/)

Sono rimasto sorpreso dalle dichiarazioni di Uta Neidhardt, la quale afferma che, grazie al disvelamento del Cupido, adesso sappiamo che la ragazza sta leggendo una lettera d’amore. Forse che prima del restauro pensavamo che leggesse la lista della spesa, o un atto giudiziario?

La lettera d’amore era un soggetto frequente nell’arte fiamminga del Seicento, e lo stesso Vermeer ha dipinto più volte tale tema, seppure con delle varianti: “Donna in blu che legge una lettera” 1662-1665, “La fantesca che porge una lettera” 1666, “La Lettera d'amore” 1669-70, “Donna che scrive una lettera alla presenza di una fantesca, 1670, quindi siamo già a 5 quadri sui 35/40 totali attribuiti a Vermeer.

Perciò nessun dubbio sul contenuto amoroso della lettera, semmai è più problematico comprendere “quale” categoria amorosa abbia voluto raffigurare l’artista.

A un primo sguardo il soggetto più ovvio sembra essere l’amore virtuoso, casto e sincero, suggerito dal Cupido che calpesta la maschera della menzogna e dell’ipocrisia. Ma, se oltre al Cupido, osserviamo tutto il resto, a mio parere affiora un tema più intrigante: quello del tradimento amoroso. O, se vogliamo essere più indulgenti verso la protagonista, quello dell’amore passionale.

Prima di procedere oltre, osserviamo due dipinti di Vermeer: “La Lattaia” del 1658-60 e “Donna con brocca d’acqua” del 1664-65.

Notiamo il sistema luminoso tipico dello stile maturo di Vermeer, con la sorgente di luce posta in alto a sinistra, la quale rilascia un nitore diffuso e un quieto senso di pace domestica. Le due donne eseguono gesti quotidiani, e si mostrano a noi spettatori con la naturalezza di chi vive la propria semplice esistenza guidata dalla consapevolezza di chi compie il proprio dovere morale e materiale. Le due donne, umili o agiate, madri e mogli, non hanno nulla da nasconderci.

Nel dipinto della “lettera”, invece, vi è un maggiore contrasto luminoso e, nonostante la finestra sia aperta, la penombra avvolge l’ambiente e anche la donna concentrata nella lettura. La scena non si offre più allo sguardo diretto dello spettatore, perché prima di focalizzarsi sulla giovane deve superare l’ostacolo visivo della tenda e poi quello del tavolo, gli espedienti spaziali con cui Vermeer ci introduce all’interno. La signora legge la lettera in un locale appartato della sua casa, ma a causa alla sua concitazione “dimentica” di spiegare il sipario della tenda verde, che l’avrebbe isolata dai nostri sguardi indiscreti.

Sopra il tavolo, coperto da un pesante drappo malamente arruffato, giace un piatto inclinato con della frutta che vi è fuoriuscita. Sono elementi dissonanti dall’abituale quiete, mostrano disordine, agitazione, quasi fossero stati travolti dalla donna nella corsa precipitosa di andare a leggersi la lettera. La natura morta, da sempre simbolo di vanitas, allude alla passione amorosa, una vampata sentimentale tanto travolgente quanto effimera, e la mela rimanda al peccato originale di Eva.

A questo punto non possiamo non pensare che la lettera sia messaggera di un amore clandestino e che la donna, forse, sia maritata. Il suo riflesso nel vetro potrebbe rappresentare la doppia relazione che intrattiene: quella pubblica, accanto al suo sposo impostole da un matrimonio combinato, e quella segreta con l’uomo di cui è perdutamente innamorata. Qualcuno ha intravisto brillare due lacrime nel viso della giovane, potrebbero essere causate dalle tumultuose palpitazioni che le trasmettono le parole dell’amante. Oppure lacrime di dolore, se si trattasse di una missiva in cui l’amante le annuncia la decisione di troncare la relazione. Se condividiamo quest’ultimo scenario, è immaginabile un ammonimento dell’artista che ci mette in guardia dai tormenti causati dalla passione amorosa condotta in spregio alle convenzioni sociali. Convenzioni rappresentate, appunto, dal dipinto di Cupido.

 

Perchè il Cupido è stato “oscurato”? /2

È ricorrente nelle opere di Vermeer l’inclusione di un dipinto nell’ambiente con funzione semantica e, nel caso della “Donna in piedi alla spinetta”, ritroviamo ancora il dipinto del Cupido, documentato come proprietà della famiglia Vermeer. Ma quel rettangolo posto dietro le donne è anche un elemento compositivo che incide sul bilanciamento complessivo dell’opera, equilibrio che risulta sempre impeccabile nei suoi lavori. E che concorre a trasmettere quel senso di pacato ordine che tanto ci incanta.

Tuttavia, se facciamo una comparazione del nostro dipinto con altri simili, non possiamo non notare che il Cupido risulta distonico all’equilibrio d’insieme, poiché troppo grande e sproporzionato in rapporto alla donna e agli altri elementi della scena. Se poi aggiungiamo anche la tenda e il tavolo, la composizione si appesantisce e perde quell’ariosità tipica del suo linguaggio.

 

Le prime due immagini evidenziano il rapporto proporzionale tra figura e quadro,
la terza mostra il rapporto tra i pieni e i vuoti.

 

Ricordiamo che la “Lettera” è del 1657, quando Vermeer aveva solo 25 anni, e segna il nuovo interesse di Jan per la pittura di genere, rispetto a quella precedente storico-religiosa. Questa è unanimemente identificata come la prima opera che mostra lo stile tipico per cui il grande pittore di Delft è conosciuto nel mondo. Perciò non si può escludere che egli l’abbia modificata in tarda età, alleggerendola da quel Cupido troppo invasivo, per rimettere la composizione in sintonia con la sua produzione più matura.

Un altro possibile movente dell’oscuramento del Cupido per mano di Vermeer, potrebbe essere dovuto al fatto che egli ritenesse il Cupido un elemento troppo didascalico, e che quindi la sua scomparsa avrebbe conferito mistero ed enigmaticità al soggetto.

L’idea di rendere il contenuto di un’opera più ermetico, elevava l’artista agli occhi degli specialisti e lo poneva sopra la cerchia dei colleghi più mestieranti e retorici, qualora egli concepisse soluzioni estetiche originali non adottate dagli altri.

Un ripensamento del genere lo abbiamo con Leonardo, quando nel dipinto finale della “Sant’Anna” del Louvre, eliminò la mano che indicava il cielo (la volontà divina), presente invece nel cartone preparatorio, poiché quel gesto raffigurato pedissequamente dagli altri artisti, gli dovette apparire eccessivamente divulgativo. 



Mi rendo conto che da fruitori d’arte d’oggi, tendiamo a privilegiare una visione “modernista” dell’opera di Vermeer, fattore che, non faccio fatica ad ammetterlo, condiziona la nostra imparzialità.

Sull’altro versante, però, anche gli artefici del restauro, secondo me, hanno portato a supporto non prove ma elementi risicati, condizionati forse dal desiderio – anche inconscio – di diventare protagonisti di uno scoop mondiale.

È probabile che non sapremo mai come siano andate realmente le cose, perciò spetta a ciascun lettore farsi un’idea sull’una o sull’altra ipotesi. O, magari, immaginare un terzo, inedito scenario.

 

 

 

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