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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Tra arte e regalità

Panoramica sul rapporto tra il re e l'arte nel Vicino Oriente Antico

(vedi anche il file PDF con l'apparato iconografico)

Stele avvoltoi, lato storico

In questo sguardo sulla Mesopotamia vedremo come il concetto di regalità si sia evoluto in un arco di tempo molto ampio, che va dal III millennio a.C. fino alla distruzione di Ninive nel 612 a.C. Un'evoluzione che vede il sovrano prima come strettamente collegato alla divinità, e alla fine quasi emancipato rispetto agli dèi.

 

Il periodo Proto-dinastico (2900-2350 a.C.)

Se il processo di urbanizzazione si ebbe con il precedente periodo, la cosiddetta fase della “rivoluzione urbana” (3500-3000 a.C.), fu con il proto-dinastico (abbreviato in PD) che si ebbe la presenza di una cospicua documentazione scritta, sebbene a carattere amministrativo. Il periodo PD è suddiviso in tre fasi: proto-dinastico I (PD I; 2900-2750 a.C.) che presenta una parentesi recessiva rispetto alla rivoluzione urbana; il proto-dinastico II (PD II; 2750-2600 a.C.) e il proto-dinastico III (PD III; 2600-2350 a.C.) in cui si assiste ad un omogeneo sviluppo, documentato, non solo da testi amministrativi ma anche di carattere storico-politico. Durante queste ultime due fasi una serie di città-Stato, in competizione tra loro, cercarono di assicurarsi il sistema della rete di canali. Tra queste ricordiamo Uruk ed Ur a sud, Lagash a est e Kish a nord. Internamente, invece, in questo periodo si assiste all'enucleazione del palazzo come centro direzionale (primato operativo) mentre il tempio mantiene la sua priorità cultuale (primato ideologico). Ognuna di queste città aveva una propria dinastia locale, la cui titolatura cambiava a seconda del luogo: en (gran sacerdote), nella cui persona si ha un collegamento stretto tra potere regio e tempio; ensi (fattore del dio), in cui il dinasta è interpretato come delegato del dio; lugal (re), che sottolinea la scissione tra i due poteri.

La produzione artistica.
Le statuette votive di questo periodo, lasciate dai fedeli nei santuari, rappresentano la più antica plastica mesopotamica. L'uniformità tematica e stilistica di queste statue si spiega con una produzione in serie: non presentano particolari iconografici che possano far distinguere il re proto-dinastico dai loro sudditi. È solo nel PD III che questa fase si interruppe, quando nella statuaria troviamo i primi segnali esteriori di differenziazione. Le statue di oranti del periodo rappresentano i fedeli in preghiera o in raccoglimento; il materiale usato, pietra calcarea, era scadente così come modesto era il livello artistico di esecuzione. Solo negli ultimi anni del proto-dinastico tardo scomparvero le statue votive dei sudditi nei templi, e ora l'unico interlocutore con la divinità è il re (pagg. 3-4 del file allegato).

Oltre alla statuaria troviamo nel PD III, per la prima volta, l'uso della stele per celebrare le gesta del sovrano. Si tratta di una tipologia monumentale diretta, che mirava a presentare al dio le gesta del re e quindi ad ottenere il suo benvolere. Uno degli esempi più belli e importanti di questa produzione è certamente la Stele degli avvoltoi di Eannatum (2450 a.C.). Eannatum era l'ensi di Lagash e, per festeggiare la vittoria sulla città di Umma per il controllo di un ricco territorio, fece erigere questa stele (fig. 1; pag. 5 dell'allegato). La stele presenta rilievi su entrambe le facce ed ogni lato è diviso in registri sovrapposti. Convenzionalmente si parla di un “lato storico” ed un “lato mitico”. Nel “lato storico” i quattro registri presentano, dal basso all'alto, secondo il verso di lettura, le seguenti scene: battaglia con un re di Kish (?); celebrazione e sacrificio mentre Ningirsu (dio patrono di Lagash) assiste alla celebrazione della vittoria; l'ensi guida dei soldati che lo seguono dietro il suo carro; il compatto esercito di Eannatum si trova dietro al re e sotto il volo di avvoltoi che con i loro artigli tengono parti smembrate dei corpi nemici. Il “lato mitico”, invece, presenta su due registri il dio Ningirsu che tiene una rete in cui sono intrappolati i prigionieri, uno di questi è colpito sulla testa dalla mazza che il dio tiene con l'altra mano. Ningirsu è seguito da sua madre Ninhursag, anche se il frammento non è facilmente identificabile. Nel secondo registro, inferiore, un carro con il re ha difronte nuovamente la dea madre del dio tutelare di Lagash. I due lati presentano ovviamente un significato particolare dato, non solo dai soggetti rappresentati, ma anche dalla composizione della scena stessa. Se nel “lato storico” troviamo un movimento spaziale e temporale che è specifico di un evento bellico, nel “lato mitico” il dio è in posizione dominante, ma in posa statica. La contrapposizione è tra due elementi all'apparenza iconograficamente opposti, regalità e sacralità, viceversa strettamente connessi. Eannatum e Ningirsu sono collegati dal principio della vittoria, l'uno affronta la sfera terrena, l'altro quella divina. Quindi come Ningirsu opera nel proprio regno, così Eannatum agisce nel suo.

Questo cambiamento di concezione della regalità è piuttosto evidente nel PD III rispetto al PD I; abbiamo un'inversione di rotta, precedentemente il re era collegato al dio come devoto, come un fedele ora si tratta di una ascesa, da parte del re, rispetto ai suoi sudditi: esso si interpone tra dio ed umanità.

 

Periodo Accadico (2350-2200 a.C.)

Intorno al XXIV sec. a.C. le città sumere furono assoggettate da Sargon di Akkad, che cercò di dominare un vastissimo territorio (dal Golfo Persico al Mediterraneo). Il nuovo regno aveva un forte accentramento amministrativo ed economico nelle mani del sovrano, capo anche di un esteso esercito. La visione della regalità cambiò quindi da cultuale/amministrativa ad eroico/guerresca. Il re è forte e benvoluto ed appoggiato dal dio Enlil. La figura stessa di Enlil, dio del cielo, comparata a quella dei sovrani accadici non è un caso. Il dio controlla ciò che è molto ampio così come il re controlla un esteso territorio.

La produzione artistica.
Testa di Sargon di AkkadUno degli esempi più interessanti della statuaria regale accadica è senz'altro la Testa di Sargon di Akkad (fig. 2; pag. 7 del file), risalente al 2350-2279 a.C. Realizzata in rame, la struttura ossea è evidenziata da un modellato più duro in contrasto con le parti molli e carnose di guance e labbra. Priva degli intarsi delle cavità oculari, altri danneggiamenti riguardano le orecchie tagliate, la barba spezzata, il naso la cui punta è stata martellata e gli occhi entrambi rovinati (corrosione e trapanatura). La deturpazione della statua regale di Sargon non è accidentale, infatti, la distruzione di simulacri regali comporta una distinzione tra damnatio memoriae (cancellazione di ogni rimando al re per motivi politici interni) e il danneggiamento quale atto straniero per umiliare un re sconfitto; atti, ad ogni modo, considerati di cattivo auspicio. Alcuni studiosi hanno ipotizzato la distruzione della statua ad opera dei Medi (650-550 a.C.) o dei Caldei (625-539 a.C.).

Altra opera raffigurante Sargon di Akkad, è la Stele di Sargon di Akkad (fig. 3) in cui il re è rappresentato con vesti sumeriche (abito a linguette e tipica acconciatura a chignon) e dove, per la prima volta, si introdusse un nuovo simbolo regale per sottolineare il ruolo del re, il parasole. Ancora di epoca accadica è la famosa Stele di Naram-Sin (2250 a.C.), eretta dal nipote e terzo successore di Sargon. Primo re a proclamarsi divino, la stele fu scolpita per celebrare la vittoria sui Lullabiti e dedicata a Shamash (dio solare della guerra e della giustizia). Nella composizione del rilievo si avverte uno schema geometrico capeggiato dalle due figure di Naram-Sin e la montagna (simboleggiante Shamash) che sono paragonate fra loro sullo stesso piano. Il re sale verso la montagna quindi verso la divinizzazione. L'intera scena è graduata da piani obliqui verso l'alto con una drammaticità e potenza scenica che si attenua mentre l'azione ascende perdendo d'intensità per descrivere, invece, la solennità e la potenza divina del re (pag. 8). La stele a lunetta presenta gli avvenimenti successivi alla battaglia; l'ambiente montano, sottolineato dalle pietre e dai vari arbusti, presenta cadaveri calpestati, mentre in alto, ai piedi della montagna e di dimensioni minori, i superstiti chiedono pietà al re, mentre un terzo precipita dal percorso scosceso.

Stele di Sargon di AkkadIn questo periodo l'uso della diorite è più che frequente, divenuta pietra regale per eccellenza. Questo materiale assunse così una triplice valenza simbolica, connessa alle sue caratteristiche: il fatto che fosse difficilmente accessibile, in quanto piuttosto raro, permise di glorificare il re, l'unico che fosse riuscito ad impadronirsene; la durezza e la qualità invece dimostrava, da parte del re, di aver la padronanza sulla natura e di riuscire a controllarla.

Si è spesso accennato al rapporto re-natura. Questo aspetto è fortemente caratterizzante la cultura mesopotamica, in particolare dal PD II in poi. Infatti, la relazione tra queste due entità è dovuta all'equazione “selvaggio” uguale “nemico”: il nemico viene da un territorio estraneo alla sfera di controllo del re, così come una bestia selvaggia, trovandosi in un ambiente disabitato, è assimilata zoomorficamente al nemico.

 

Seconda dinastia di Lagash (2260-2110 a.C.)

L'impero accadico cadde sotto la pressione dei Gutei (2200 a.C.). Nel frattempo la Bassa Mesopotamia era dominata da diverse dinastie: Uruk (IV dinastia), Ur (II dinastia) e Lagash (II dinastia). Quest'ultima ebbe massimo splendore con Gudea. La statuaria di questo sovrano (2144-2124 a.C.) assunse connotazioni particolari, infatti, le statue, con lunghe iscrizioni, evocavano virtù del sovrano concesse dagli dèi; la statua doveva perciò mostrare al dio le opere del re e l'entrata nel tempio era, per i sudditi, segno di gradimento del dio per le opere politiche del sovrano. Le diverse statue di Gudea mostrano il re stante, in atto di preghiera, oppure seduto, portante dei doni. Sono simulacri solidi ed enormi che non dovevano rappresentare il re ma il suo valore (pag. 10).

 

Terza dinastia di Ur (2112-2004 a.C.)

Col tempo Lagash perse potere. Fu con la terza dinastia di Ur (Ur III) che il territorio neo-sumerico tornò a nuovo splendore. Con Ur-Nammu, primo dinasta, la sovranità occupò un ampio spazio che andava da Sumer ad Akkad. Questo ampio territorio causò però il crollo delle autonomie cittadine e il disfacimento delle dinastie locali, che vennero sostituite da governatori di nomina regia. I re divennero perciò divini, “proprietari” di un territorio che apparteneva al dio, una sorta di comodato d'uso. Il re garantiva pace e giustizia autonomamente, mentre gli dèi stabilivano il destino del sovrano e di conseguenza dell'impero.

La produzione artistica.
L'opera più conosciuta del primo sovrano di Ur III è la Stele di Ur-Nammu (2100 a.C.), con due lati inerenti alle doti edificatrici del re: uno con la costruzione del tempio e l'altro con la sua inaugurazione (pag. 12). Sul lato anteriore, al centro della lunetta, campeggiano grandi simboli astrali mentre ai lati due geni alati tengono delle brocche da cui sgorga l'acqua purificatrice. Ai piedi del registro centinato troviamo due divinità in trono simmetricamente opposte a destra e sinistra. Davanti ad ogni divinità (Enlil, dio del cielo e Ninlil, dea dell'aria) si trova ripetuto due volte il re. La divinità a destra, Enlil, tiene tra le braccia il figlio di Ur-Nammu, Shulgi. Nel registro sottostante, meglio conservato, l'aspetto che si vuole sottolineare del re è quello di “costruttore”: è ripetuta la scena simmetricamente presente nella lunetta ma, questa volta, il dio seduto a destra porge al re un'asta e una corda arrotolata, strumenti di misura del costruttore; Ur-Nammu diventa quindi l'unico vivente che ha autorità di costruire santuari. Nel terzo registro il concetto di re-costruttore è mostrato nell'atto pratico, infatti troviamo, con una lettura da destra a sinistra, Ur-Nammu che presenzia alla costruzione di un santuario, mentre i lavoratori sottostanti trasportano cesti sulla testa contenenti i materiali. Sull'altro lato della stele, il registro centinato è pressoché perduto, mentre nel registro sottostante è possibile osservare dei riti epatoscopici: la festa dell'inaugurazione inizia. A questa scena segue la lustrazione delle statue con musici e festanti.

Di Ur-Nammu si vollero quindi celebrare le attività edilizie e le qualità di buon amministratore.


(per l'indicazione delle pagine, si veda
il file PDF con l'apparato iconografico)

 

Periodo paleobabilonese (1800-1600 a.C.)

Il crollo del potere di Ur III permise la nascita delle forze di poteri provinciali di Isin, Larsa e Babilonia, che cercarono di porsi come dirette discendenti dei dinasti di Ur III.

La produzione artistica.
Di questo periodo l'opera certamente più famosa è il Codice di Hammurabi (1760 a.C.; pag. 14). Importante testimonianza sia artistica che giuridica indica proprio la nuova ideologia regale: il re era “giusto” e unico depositario dell'autorità giudiziaria e dell'ordine. Hammurabi è rappresentato in raccoglimento religioso davanti a Shamash, dio della giustizia e della guerra. Il codice individua, poi, tre “classi sociali”: awilum (libero), mushkenum (semi-libero) e wardum (schiavo). Il re era visto quindi come “buon pastore, giusto e retto”. Per meglio comprendere l'opera bisogna precisare alcune peculiarità dell'organizzazione socio-politica stabilite da Hammurabi. Il sovrano si preoccupò di rafforzare la posizione dominante dello Stato, controllando il commercio e amministrando la giustizia esercitata ora da giudici di nomina regia. Parallelamente alle difficoltà economiche si sviluppò una diversificazione della struttura sociale: l'indipendenza economica dei privilegiati (scribi e sacerdoti, mercanti e amministratori) e l'asservimento dei gruppi meno abbienti.

Molti dati sulla statuaria regale e divina paleo-babilonese sono forniti dalla lista dei “nomi di anno”, liste in cui compaiono i nomi dei re che hanno regnato in quel determinato periodo. Queste fonti forniscono altre informazioni: il soggetto dell'immagine, il tipo di materiale utilizzato e il santuario in cui l'opera era introdotta.

I committenti di queste opere sono dignitari del re per esprimergli lode. I grandi santuari di Larsa e Ur continuano ad essere luoghi prediletti. Esempio è la Statua di Nur-Adad che suo figlio Siniddinam (1785-1778 a.C.) fece erigere con un'iscrizione concepita come lettera al dio solare Shamash. Nell'iscrizione il sovrano si rivolge alla statua come a un essere vivente e parlante che deve intercedere con il dio a suo favore.

I sovrani della prima dinastia di Babilonia impiegarono, nelle “liste d'anno”, appellativi particolari che descrivono precise iconografie statuarie, come ad esempio “il re della giustizia”.

La presenza di statue nei santuari di Babilonia aveva duplice funzione: era rivolta agli dèi, come garante e testimone del buon governo del re e, indirettamente, era rivolta ai sudditi in quanto garante del buon rapporto re-dio poiché essa si trovava nella sua casa.

 

Come si è visto le imprese del re come trionfatore sul caos e restauratore dell'ordine furono oggetto dei monumenti introdotti nei maggiori santuari sumerici e accadici dal 2900 al 1600 a.C. La tipologia predominante era senza dubbio la stele, la cui funzione era di presentare all'attenzione del dio le doti regali.

Questa panoramica sul rapporto tra regalità e arte termina con la fase dell'impero neo-assiro, un salto di oltre seicento anni (1600-932 a.C.) in cui, nella storia del Vicino Oriente si susseguirono, nell'ordine: la dominazione mitannica (1550-1360 a.C.), il periodo medio-assiro (1360-1050 a.C.) e il periodo cassita (1600-1150), per arrivare ad un'era, quella neoassira, di grande importanza e di cambiamento per l'elaborazione della “regalità”.

 

Impero neo-assiro (934-612 a.C.)

Se dal III millennio a.C. il genere monumentale per eccellenza con cui il re presentava la propria opera agli dèi era la stele, questa tendenza cambierà solo nel periodo medio-assiro con Tiglat-pileser I (1114-1076), con l'uso del palazzo per celebrare i trionfi.

Il legame re-dio resta marcato in epoca neo-assira: secondo un testo pervenutoci l'incoronazione prevedeva la purificazione rituale e fisica del re da parte di Ishtar (dea guerriera e della prosperità) e di Assur (dio solare e patrono di Assur). Prima dei re neo-assiri, quindi, il palazzo non ebbe decorazioni che celebrassero il sovrano, ma tematiche relative al buon governo dell'amministrazione.

Stele del banchetto

È con Assurnasirpal II (884-859 a.C.; pag. 16) che questa tendenza si fece più evidente.

Il Palazzo Nord-Ovest di Assurnasirpal II a Ninive (pagg. 17-18) era composto da tre grandi aree: una grande corte pubblica (babanu) che era divisa dall'area privata (bitanu) dalla grande “Sala del Trono B”. Nella Stele del banchetto (fig. 4) il re approfondisce esclusivamente la grande opera fondamentale del palazzo, menzionando invece le sue decorazioni di pitture invetriate. L'assenza di queste invetriature fa presupporre che il progetto decorativo avesse subito cambiamenti sostanziali.

La grande Sala del trono aveva decorazioni su due registri separati dalla “Iscrizione Standard”, posta in posizione centrale. Nella Sala del trono troviamo due soggetti principali: “albero sacro con re, numi e Assur” e “imprese belliche e venatorie del re”.

Nella lastra B23, che rappresenta la cosiddetta scena dell'albero sacro (o del doppio re), si ha un movimento speculare e centralizzante che va dal genio, al re e poi verso l'albero centrale. Questa scena si trovava esattamente dietro il trono regale, aveva quindi una forte connotazione sacrale, connessa alla purificazione stessa del sovrano. Una identica scena si trovava, sempre nella Sala B, in un'altra lastra (numero 13) posta però dinnanzi all'entrata centrale del sistema di accesso alla sala, questa seconda lastra permetteva di indirizzare il visitatore verso il trono e quindi verso il re.

La parete sud della sala presentava scene di guerra e caccia a vari animali, queste erano organizzate secondo il principio di azione (registro superiore) e di conseguenza (registro inferiore). Le scene di guerra, invece, erano raggruppate in ordine geografico, infatti, le campagne svoltesi a nord decoravano il registro superiore; le altre quello inferiore. Questa concezione mostra così le pareti come limiti dell'impero e contemporaneamente la Sala B come centro nevralgico dell'universo neo-assiro. Se nella Sala del trono B si aveva soggetto epico-narrativo, nell'ala est del bitanu e nella “Sala C” si avevano decorazioni mitico-simboliche (come scene di purificazione del re o delle armi regali). Ciò che fungeva da congiunzione tra i due ambiti decorativi (epico-narrativo e mitico-simbolico) è racchiuso nella titolatura finale dell'Iscrizione Standard, in cui è possibile individuare i soggetti principali di tutto il programma figurativo del Palazzo di Assurnasirpal II:

Assurnasirpal è / principe premuroso (corrispondente al re rappresentato seduto o stante) / fedele ai grandi dèi (il re tra l'albero sacro e Assur) / unico e il solo (il re mentre abbatte le belve) / conquistatore di città (il sovrano presentato come vittorioso sui nemici)”.

Successore di Assurnasirpal II fu Salmanassar III (859-824 a.C.), che, nel suo nuovo palazzo di Nimrud, Forte Salmanassar, rinunciò ai rilievi parietali.

 

A Sargon II (722-705 a.C.) si deve il progetto della nuova capitale assira, Dur-Sharrukin (inaugurata nel 706 a.C.). Nella città alta si trovava il Palazzo reale (pag. 19), i templi principali e gli apparati amministrativi. Privilegio fu lasciato al Tempio di Nabu, indipendente e collegato direttamente con un ponte all'area palatina.

La composizione planimetrica del palazzo si componeva di tre fasce: l'area intorno alla Corte XV (avente ruolo di graduare il passaggio esterno-interno); la successione lineare babanu (Corte VIII)/Sala del trono VII/Corte VI (funzione di rappresentanza); il corpo aggettante (funzione di rappresentanza privata).

Nella decorazione sargonide si rinunciò al soggetto mitico-simbolico. Le figure dei dignitari e tributari sono ad altezza piena, mentre l'uso della bipartizione fu lasciato ai soggetti epico-narrativi. Tributi e prigionieri condotti o supplicanti furono presenti in alcune sale del corpo aggettante. Nelle lastre bipartite, nella zona centrale, erano riportati i Fasti. Nel corridoio 10 comparivano sui due lati i cortei di ufficiali assiri e tributari (pag. 20).

Con Sargon II si celebrò la guerra come strumento di unificazione, in quanto condotta saggiamente e grazie al contributo dei soldati ma anche dei dignitari e dell'intero apparato amministrativo (ciò è visibile nelle dimensioni maggiori dei rilievi del corridoio 10, ambiente di notevole importanza).

Con la morte in guerra di Sargon II (secondo la concezione mesopotamica un gravissimo segno di sventura), suo figlio Sennacherib (704-681 a.C.) spostò la capitale a Ninive, trattandola però come se fosse una nuova fondazione. Apparve quindi come un dominatore e un rinnovatore; della sua nuova reggia, il Palazzo Sud-Ovest, si conosce solo il settore centrale e posteriore, in cui si assiste alla monumentalizzazione degli spazi. Le principali innovazioni ninivite riguardano la soppressione di soggetti quali tributi, cacce e simposi e massimo sviluppo alla narrazione figurativa delle imprese belliche e di edificazione. Le decorazioni, inoltre, presentano un alto impiego delle lastre e la soppressione delle iscrizioni. Per ogni stanza è rappresentato un episodio bellico diverso. Sennacherib si presentò quindi non più come eroe sacrale o principe del buon governo, bensì come signore del mondo cosmico (pag. 21).

 

Infine, ad Assurbanipal (668-631 a.C.), ultimo grande sovrano neo-assiro, si deve la costruzione del suo Palazzo Nord ninivita (pag. 22), dove si sperimentò una fusione delle tematiche tradizionali. Per quanto riguarda la decorazione, limitò i soggetti principali a scene belliche e venatorie. Introdusse poi scene di vita di corte, come il banchetto con la sua sposa e i servitori presenti. I due registri sono separati da un listello liscio e a loro volta suddivisi tra fasce sovrapposte di figure, che si interrompono nel caso in cui la scena dispieghi maggior spazio.

La celebrazione di un evento principale è sul registro superiore, mentre scene secondarie ma connesse all'evento sono nel registro sottostante.

Il tema della caccia è rappresentato sin dalla preparazione fino al rientro con le prede. Quello che colpisce delle rappresentazioni venatorie è il crudo realismo con cui venne rappresentata l'uccisione dei leoni. Ogni scena è immersa in uno spazio vuoto e in gruppetti di personaggi.

 In conclusione, l'immagine del sovrano neo-assiro cambiò durante gli anni: con Assurnasirpal II abbiamo un re “vicario” del dio Assur, titolare di una regalità sacra; Sargon II si presenta invece come signore di un impero potente e con strutture ben consolidate, mentre Sennacherib e Assurbanipal si palesano signori del mondo cosmico che distrugge e annienta il nemico ribelle e domina la natura.

 


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