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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Cattiverie a Domicilio, di Thea Sharrock

 

 

 

 

Cattiverie a Domicilio

 

Titolo originale: Wicked Little Letters

 

 

Regia: Thea Sharrock

 

 

 

Cast: Olivia Colman, Jessie Buckley, Anjana Vasan, Timothy Spall, Alisha Weir, Hugh Skinner

 

Distribuzione: BIM/Lucky Red

 

Forse il titolo italiano di Wicked Little Letters (Cattiverie a domicilio) sembrerà piuttosto generico, e la traduzione letterale “piccole lettere malvagie” sarebbe stata magari più consona, dato che la storia narrata per immagini da Thea Sharrock (Io prima di te, L’unico e insuperabile Ivan) è imperniata proprio su una serie di osceni “pizzini” recapitati via posta alla maggior parte degli abitanti di Littlehampton, un paesino poco distante da Portsmouth, sulla costa meridionale dell’Inghilterra, la cui tranquilla monotonia viene così improvvisamente turbata.

 

 

Si tratta di una gradevolissima commedia agro-dolce, derivata da un fatto realmente accaduto, ambientata nel primo dopoguerra (1922), ai tempi delle Suffragette, le attiviste del movimento di emancipazione femminile che in Gran Bretagna - e anche nel resto del mondo occidentale - portavano avanti la lotta per l’ottenimento del diritto di voto alle donne. Naturalmente, in questa piccola comunità gli echi di tali rivendicazioni giungevano piuttosto smorzati attraverso i giornali, e le pagine di cronaca erano sovente occupate da vicende locali, come quella di cui si occupa il film in esame.

Edith Swan (Olivia Colman, premio Oscar per La favorita) è una donna del posto che ha superato la quarantina e trascina la sua esistenza in un contesto familiare puritano e ossessivo, condizionata da un padre autoritario (Timothy Spall) che le ha impartito un’educazione rigidissima, e mandato a monte il matrimonio, isolandola da amicizie e conoscenze a lui poco gradite. Come quella della vicina, Rose Gooding (Jessie Buckley), una giovane ed esuberante immigrata irlandese che vive con una bambina, frutto di un rapporto conclusosi negativamente, e con un uomo di colore, gentile e premuroso.

Allorché Edith e altri suoi concittadini iniziano a ricevere missive anonime piene di insulti, scabrosità, e pesanti riferimenti a peculiarità fisiche e alla sfera sessuale, i sospetti ricadono subito su Rose, donna libera e vitale, che sfida apertamente ogni convenzione, e che in breve tempo diventerà il bersaglio preferito delle invidie dei perbenisti. Lo scandalo, alimentato ad arte dai componenti della famiglia Swan, i quali mettono sotto pressione le forze di polizia locale, diventerà un caso nazionale, e Rose verrà imprigionata prima ancora dello svolgimento del processo a suo carico, che potrebbe procurargli svariati mesi di detenzione e di lavori forzati, nonché la perdita della custodia dell’amata figlioletta.


Fortunatamente, però, un eterogeneo gruppetto di donne, capitanate da Gladys Moss (Anjana Vasan), caparbia agente di polizia di origini asiatiche, inizierà a indagare privatamente sul crimine, sospettando che Rose Gooding sia innocente, e che le cose probabilmente potrebbero non essere come sembrano. Agli spettatori che affolleranno le sale a partire dal prossimo 18 aprile il gusto di assistere alla soluzione di questo caso bizzarro e intrigante, non avaro di situazioni comiche, accentuate da ingiurie fantasiose ed epiteti scabrosi e divertenti: “Cara Edith, lurida vecchia stronza, non sei altro che una piattola succhiafave e una grandissima troia”.

Insomma, un secolo prima dei meschini leoni da tastiera e degli odiatori seriali, o haters che dir si voglia, l’acredine verbale contro il prossimo si diffondeva per vie postali, e non solo in quelle britanniche, come ben sappiamo. Ma l’attualità di questa vicenda, abilmente sceneggiata da Jonny Sweet si esprime anche, e soprattutto, su temi quali l’intolleranza razziale e il maschilismo; così, difatti, Edward Swan esprime i propri pregiudizi di genere: “Una donna poliziotto? Uh guarda, un asino che vola!”.

 

Cattiverie a domicilio è una realizzazione corale con un’indubbia vocazione femminile, sorretta da una regia equilibrata nei tempi e nei modi, da ottime interpretazioni e da un’affiatata coppia di protagoniste, Olivia Colman e Jessie Buckley, già insieme nel film di Maggie Gyllenhaal, La figlia oscura (2021), tratto dal romanzo di Elena Ferrante. Riscatto femminile, dunque, ma nel contempo, il sottotesto viene ben alimentato dalla satira pungente nei confronti del perbenismo e dell’ipocrisia di stampo religioso della provincia inglese, più volte messa alla berlina dal personaggio di Rose, che così apostrofa l’antagonista, la bigotta e conservatrice Edith: “Hey! Vecchia stupida cessa, viscida e imbrogliona! Io non scrivo lettere, te lo dico in faccia”.

 

 

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