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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Top Girls di Caryl Churchill, per la regia di Monica Nappo

  

Andato in scena al teatro Vascello di Roma, Top Girls della grande drammaturga inglese Caryl Churcill, oltre a essere uno spettacolo di indubbio spessore registico nonché attoriale, è anche una preziosa rarità per il pubblico nostrano. Nonostante sia una delle voci più eminenti del teatro della seconda metà del secolo scorso, la Churchill è stata molto trascurata in Italia. La sua opera è passata nel nostro paese in circuiti d’avanguardia, presso il Teatro 1 di Milano (che ora è chiuso) e presso la compagnia Bluemotion di Giorgina Pi o il collettivo Angelo Mai di Roma.

Mettere in scena Top Girls, prodotto, non a caso, dalla Fondazione Teatro Due di Parma è anche una scelta politica. La Churchill critica ferocemente la politica conservatrice della Thatcher, sbeffeggia il capitalismo imperante e si batte aspramente contro le disparità e le discriminazioni di classe e di genere. E’ una femminista che critica le donne in carriera che per ottenere il potere si ispirano di fatto a modelli maschili, rinunciando alla loro femminilità. Insomma, è una drammaturga scomoda.

La regista Monica Nappo si è avvalsa della bella traduzione del 1988 di Maggie Rose e ha saputo cogliere ed evidenziare i significati più profondi di un testo caratterizzato da una complessa struttura non lineare, dove il tempo salta in avanti e indietro, partendo da una surreale scena iniziale dove appaiono donne vissute in varie epoche storiche o donne presenti in opere d’arte. Cambiano linguaggi e modalità comunicative che mettono a dura prova le bravissime attrici, quasi tutte impegnate a interpretare due personaggi diversi.



La protagonista della pièce, divisa in tre atti, è Marlene, responsabile di una agenzia di collocamento londinese. Ha rinunciato a molto, ha accettato compromessi, ma quando viene nominata direttore dell’agenzia dove lavora, a scapito di Howard che viene colpito da infarto per essere stato scalzato da una donna, viene colta da un’euforia irrefrenabile che la porta a sognare di festeggiare la sua promozione invitando in un ristorante di lusso le donne del passato che, come lei, si sono ribellate al sistema patriarcale. Sono Lady Bird, scrittrice ed esploratrice scozzese del XIX secolo; Lady Nijio, scrittrice e poetessa del periodo Kamakura, concubina dell’imperatore Go-Fukakusa e in seguito monaca buddista errante; la papessa Giovanna che travestita da uomo raggiunse nel IX secolo il grado ecclesiastico più alto a cui potesse aspirare; Margerita la Pazza, figura centrale di un quadro di Brueghel il Vecchio e personificazione di una donna iraconda e capace di uccidere tutti gli uomini che vuole e, infine, Griselda, personaggio delle storie di Boccaccio e di Chaucer, resa celebre dalla sua obbedienza al marito che la maltrattava.

La scena essenziale di Barbara Bassi mostra un lungo tavolo nero e un lampadario di cristallo che pende dall’alto. I meravigliosi costumi Di Daniela Ciancio, oltre a caratterizzare i singoli personaggi, offrono un’immagine di mirabolante policromia.

Ognuna racconta la sua storia, che spesso non viene seguita dalle altre. Troppo prese da se stesse, non sanno ascoltare e le voci si sovrappongono in molti punti. L’esilarante conversazione a volte risulta disturbante e lancia una sfida alla capacità di concentrazione degli spettatori. Le battute, inoltre, sono cariche di paradossi e di ossimori. Una fantasmagorica girandola linguistica che azzera la comunicazione e che, in fondo in fondo, lascia trapelare la solitudine e l’infelicità di queste donne che per ottenere la loro autonomia, hanno dovuto superare molti ostacoli e, per motivi diversi, si sono trovate a dover rinunciare al bambino che ciascuna ha portato in grembo.

 Le scene che seguono ci riportano alla contemporaneità e ognuna si svolge in graduale prossimità verso il pubblico. La seconda si consuma nella stanza di ufficio dove lavora Marlene insieme alle colleghe Nell e Win. I colloqui con le donne in cerca di lavoro sono brevi e privi di empatia nei confronti di chi desidera cambiare vita. Marlene taglia corto quando intervista Jeanine che cerca un’occupazione qualsiasi che le permetta di viaggiare e di stare accanto al marito. Stesso trattamento per Louise che è giunta a una posizione di stallo. Ha lavorato sodo per molti anni senza mai ottenere una promozione. Il lavoro è il suo unico interesse e per questo vuole tentare strade nuove. Le donne prive di ambizioni non interessano a Marlene e neanche alle sue collaboratrici. Marlene è una conservatrice fredda e per niente solidale con le altre donne. Soprattutto con le donne semplici, quelle appartenenti alla classe sociale medio-bassa che non possono o forse non vogliono mirare in alto. Il carrierismo esasperato di Marlene che la induce a non difendere i diritti sul lavoro delle sue clienti, oltre a mettere in discussione l’essenza stessa del suo femminismo, contribuisce non poco a disumanizzare la sua persona. Il suo ritratto, così ben delineato dalla Churchill, avvicina Top Girls ai nostri tempi, ancor più di altre tematiche.



Quando la giovane nipote Angie la viene a trovare con l’intenzione di rimanere qualche giorno con lei, Marlene appare un po’ contrariata perché il lavoro la assorbe troppo. Eppure è sua figlia, come veniamo a sapere nell’ultima scena che si svolge nella povera casa dove vive sua sorella Joyce, nel paesino d’origine di Marlene. La suddivisione della scena in due parti separate – a destra un divano dove siede Marlene, a sinistra un modesto tavolino sul quale Joyce si appoggia - rende visibile il divario che separa le donne. Una individualista, conservatrice e votata al successo professionale, l’altra delusa e fortemente contraria alla politica thatcheriana. Lo scontro tra le sorelle si fa sempre più aspro e violento e, grazie alla bravura di Sara Putignano nei panni di Marlene e di Valenti Banci nei panni di Joyce, ha il potere di coinvolgere emotivamente gli spettatori. Joyce ha perso un figlio per crescere la nipote ribelle e oppositiva. Vive con poco e non crede che Angie possa un giorno aiutarla a sbarcare il lunario. La considera poco intelligente e Marlene controbatte che per fare i soldi non è necessario essere intelligenti, basta spingere come ha fatto lei. Le battute finali son strazianti. Angie si sveglia e, dirigendosi verso Marlene, la chiama mamma, l’altra controbatte di non essere sua madre e cerca di tranquillizzarla dicendo che forse ha fatto un brutto sogno, ma che ora è sveglia. Ho paura, conclude Angie che teme che la cruda realtà possa distruggere le sue illusioni.

Il testo non è affatto didascalico e pone domande piuttosto che dare risposte che possano indicare una via d’uscita alle problematiche politiche e sociali che la Churchill analizza con tanta precisione. Alcuni sostengono che lo spettacolo non sia attuale perché la situazione delle donne è migliorata rispetto al 1942, quando la commedia fu scritta. Questo può anche essere vero soprattutto per quel che riguarda il rapporto tra potere e femminilità. Ma tanti problemi rimangono ancora irrisolti in questa nostra società fortemente conservatrice.

 

 

Scheda tecnica

Top Girls, di Caryl Churchill, traduzione di Maggie Rose.

Con Corinna Andreutti, Valentina Banci, Cristina Cattellari, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Martina De Santis, Simona De Sarno, Monica Nappo, Sara Putignano.

Costumi: Daniela Ciancio. Scene: Barbara Bessi. Luci: Luca Bronzo. Assistente alla regia: Elvira Berarducci. Regia di Monica Nappo. Produzione Fondazione Teatro Due, Parma.
Foto di A. Morgillo concesse dall’Ufficio Stampa nella persona di Cristina D’Aguanno.

Visto al Teatro Vascello di Roma il 23 febbraio 2024.

 

 

 

 

 

 

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