Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4409651

Abbiamo 257 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Miti d’acqua, di e con Sista Bramini

 

 

Non credo sia un caso che Sista Bramini, fondatrice del progetto O Thiasos Teatro Natura, ritorni al Teatro La Basilica di Roma per inscenare Miti d’acqua. E’ molto probabile che alcuni spettatori lo abbiano già visto errando nel cuore di foreste e di radure. Ma lo spazio vuoto del teatro romano, con un arco sul fondo scena, fa pensare a una grotta o, meglio ancora, a un tempio dove l’attrice compie un rito arcaico, in compagnia di Camilla Dell’Agnola che canta, pizzica e suona la viola. Le musiche sono state composte da lei e costituiscono un elemento fondante della performance insieme ai meravigliosi canti popolari che accompagnano la narrazione.

Emerge dall’arco, sapientemente illuminato da Matteo Giglio, la violista mentre intona un canto popolare indiano che accompagna i timidi movimenti di danza di Sista Bramini, mentre si avvicina alla sua sedia. Esperta narratrice, capace di trasmettere forti emozioni attraverso una gestualità semplice e diretta, gli occhi illuminati da un senso di meraviglia e da un entusiasmo che traspaiono anche nell’uso della voce, la Bramini lascia percepire in profondità il senso del mito e dell’anima del paesaggio che non c’è, ma che si lascia immaginare. Le due sacerdotesse di un rito che celebra la spiritualità della natura, sono scalze e struccate, indossano abiti scuri, al massimo grigi, come per neutralizzare la loro presenza fisica e dar risalto ai suoni che dialogano con le parole che, a loro volta, esaltano la lucentezza e la freschezza di acque che trasformano e che purificano.

I miti che riprendono vita sulla scena sono liberamente tratti, ancora una volta, da Le Metamorfosi di Ovidio. Sono i miti equorei di Aretusa, Ermafrodito e Atteone.

Prima di entrare nel vivo della narrazione, si spiega il senso del Genius Loci, l’anima della natura. Gli antichi sapevano ascoltare i luoghi naturali e lo facevano anche per viverci in armonia. I riti e i miti sono generati da scoperte importanti sul Genius Loci di fonti, laghi, fiumi, boschi, foreste e selve. Oggi siamo stati brutalmente allontanati dalla natura e dalla realtà. Molti ignorano i miti che sono parte fondante della nostra cultura. Quel che non bisogna perdere è il desiderio di ascoltarli, anche perché lanciano spunti di riflessione al mondo contemporaneo,

Il mito di Aretusa viene raccontato a Cerere, la dea della natura, che per prima si accorse della presenza della fonte sacra nella piccola isola di Ortigia. La dea era alla disperata ricerca di sua figlia Proserpina e fu proprio la ninfa a dirle di averla vista nello Stige, triste ma regina del mondo buio. Viene subito in mente il mito di Proserpina, il mito fondante dell’alternarsi delle stagioni. Ma non c’è tempo per narrarlo. Cerere, ripresasi dalla notizia sconvolgente, è pronta ad ascoltare la storia della fuga di Aretusa dalle brame del fiume Alfeo. Una storia tormentata, variegata e che lascia con il fiato sospeso. Una storia che affascina gli ascoltatori per le rapide immagini della fuga della ninfa dal fiume che prese forme umane per inseguirla e per quelle della trasformazione della ninfa in acqua. Subitanea metamorfosi che le permise di raggiungere la Sicilia dalla regione greca dell’Acaia. Allitterazioni, ripetizioni, silenzi si intrecciano ai temi musicali legati alle singole fasi del racconto, creando una ipnotica miscellanea di suoni e parole che permette agli spettatori di percepire le sensazioni provate dai protagonisti della storia. Le parole lasciano trapelare il terrore, la forte ansia, la fatica fisica provate da Aretusa e, quando Diana fa uno squarcio sulla terra per permettere di salvarsi, si ha l’impressione di condividere il suo disorientamento nell’attraversare grotte e caverne sconosciute, mentre il respiro del mare sotto il quale elle scorre viene evocato dalla musica. Quello di Sista Bramini è un teatro fortemente percettivo anche quando mancano i rumori della natura a darle manforte, Prevale su tutti i possibili significati di questo mito, il chiaro riferimento all’oppressione subita dalle donne umiliate e offese dalla cupidigia di certi uomini, Da sempre e quanto mai adesso. 



Segue il mito di Ermafrodito, figlio di Mercurio e di Venere, che già nel nome racchiude la fusione del maschile con il femminile. Curioso come il padre e bello come la madre, si imbatte in un laghetto rilucente abitato dalla pigra ninfa Salmacide. La naiade arde di desiderio per la divina bellezza dell’efebo. Fa di tutto per toccarlo, stringerlo, baciarlo e il racconto si carica di una sensualità estrema che contrasta con il pudore virgineo del ragazzo. Credendosi non visto, si immerge nel lago dopo essersi tolto gli abiti. Salmacide, che si era nascosta dietro un cespuglio, si tuffa nuda nell’acqua e lotta in tutti i modi per avvinghiarsi alle sue membra e prega gli dei affinché il suo corpo non si stacchi mai da quello del giovane. Gli dei acconsentono e i due si uniscono in un unico corpo. Mercurio e Venere accontentano il figlio biforme versando un veleno nelle acque che trasformi chi ci si bagna in un ermafrodito. Una figura dalla duplice sessualità che può far riflettere sulla questione dell’identità di genere, tema al centro di un ampio dibattito sociale. L’androginia è presente in natura ed è più rara e sofferta negli umani. Ma al di là di fenomeni scientifici e di questioni morali, piace pensare che la compiutezza artistica avvenga accettando l’androginia che alberga un poco in ciascuno di noi. Lo dimostra Virginia Woolf in Gita al faro dove Lily Briscoe riesce a terminare il ritratto di Mrs Ramsay solo quando accetta la parte femminile di sé.

L’ultimo mito è quello del cacciatore Atteone trasformato in cervo da Diana per punire la tracotanza che lo ha spinto a entrare nel suo bosco sacro e a guardarla mentre si tergeva le membra in una fonte. Adirata prese dell’acqua e gliela lanciò sul volto, e poi disse <E ora racconta di avermi vista senza veli, se ci riesci>. Frase chiave del mito che fa sorgere molte domande. Al di là del tema dello specismo che fa sentire gli uomini superiori agli animali e in base al quale si arrogano il diritto di ucciderli, il mito apre la questione della verità, che i Greci chiamavano la< disvelata>.

Aggredito dai suoi stessi cani, Atteone comprende il male che ha procurato alle sue prede. Ma guardando Diana senza veli quale verità ha compreso? Le risposte che chiudono il racconto non sono altro che ulteriori domande.

Il rito teatrale ci riguarda e quando si spengono le luci, viene voglia di esserne partecipi un’altra volta. Indimenticabile.

 

Scheda tecnica

Miti d’acqua da Le Metamorfosi di Ovidio, narrato da Sista Bramini. Musica per viola scritta e interpretata da Camilla Dell’Agnola. Luci di Matteo Giglio. Regia di Sista Bramini.
Foto di Cristina Vuolo.

Visto al Teatro La Basilica di Roma il 18 febbraio 2023.

 

 

 

 

 

 

 

 

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie